Quando ricorre il reato all’art. 132 del D.lgs. n. 385/1993

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La Corte di Cassazione fornisce specifiche su quando ricorra il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria
Corte di Cassazione -sez. V pen.- sentenza n. 2253 del 14-12-2022  
(Riferimento normativo: D.lgs., 1/09/1993, n. 385, art. 132)

Indice

1. La questione

La Corte di Appello di Messina confermava un giudizio di responsabilità reso in primo grado nei confronti di una persona accusata del reato di esercizio abusivo d’attività finanziaria, svolto in assenza di autorizzazione (art. 132 d.lgs. n. 385/1993), con condanna alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione e al risarcimento del danno in favore della parte civile.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione la difesa dell’imputato che, con un unico motivo di ricorso, deduceva violazione di legge, in relazione all’art. 132 del d.lgs. n. 385/1993, e vizio di motivazione.

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione

La Suprema Corte accoglieva il ricorso proposto alla stregua di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale «commette il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria di cui all’art. 132 d.lgs. del 1 settembre 1993, n. 385, chi pone in essere le condotte di finanziamento, previste dall’art. 106 del medesimo decreto, inserendosi nel libero mercato e sottraendosi ai controlli di legge, purché l’attività, anche se in concreto realizzata per una cerchia ristretta di destinatari, sia rivolta ad un numero potenzialmente illimitato di soggetti e sia svolta professionalmente, ovvero in modo continuativo e non occasionale, non essendo invece necessario il perseguimento di uno scopo di lucro o, comunque, di un obiettivo di economicità» (Sez. 5, 18317 del 16/12/2016; successivamente, Sez. 5, n. 25815 del 27/01/2020), e ciò in ragione del fatto che, come illustrato nelle decisioni riportate, il requisito della pubblicità – trovando la propria ratio nella volontà legislativa di tutelare il corretto funzionamento del mercato, dei risparmiatori e degli investitori – impone che l’attività finanziaria miri a raggiungere una platea potenzialmente illimitata di soggetti.
Orbene, declinando tale criterio ermeneutico rispetto al caso di specie, gli Ermellini ritenevano come la Corte territoriale avesse emesso una sentenza affetta da motivazione illogica in quanto, dopo aver citato expressis verbis decisioni della Cassazione in cui il pubblico è stato inteso «nel senso di soggetti quantitativamente non predeterminati», affermava poi l’irrilevanza del fatto che l’accusato avesse posto in essere l’attività a lui attribuita solo ed esclusivamente nei confronti della parte civile, sussistendo, anche in tale ipotesi, gli elementi necessari a configurare una concreta attività di intermediazione di cui il ricorrente era tramite.
La sentenza impugnata era, pertanto, annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Messina.

3. Conclusioni

Fermo restando che, come è noto, l’art. 132 del D.lgs. n. 385/1993 prevede che chiunque “svolge, nei confronti del pubblico una o più attività finanziarie previste dall’articolo 106, comma 1, in assenza dell’autorizzazione di cui all’articolo 107 o dell’iscrizione di cui all’articolo 111 ovvero dell’articolo 112, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 2.065 ad euro 10.329, la decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando si può ritenere perfezionato siffatto illecito penale.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un costante orientamento nomofilattico, che commette il reato di esercizio abusivo di attività finanziaria di cui all’art. 132 d.lgs. del 1 settembre 1993, n. 385, chi pone in essere le condotte di finanziamento, previste dall’art. 106 del medesimo decreto, inserendosi nel libero mercato e sottraendosi ai controlli di legge, purché l’attività, anche se in concreto realizzata per una cerchia ristretta di destinatari, sia rivolta ad un numero potenzialmente illimitato di soggetti e sia svolta professionalmente, ovvero in modo continuativo e non occasionale, non essendo invece necessario il perseguimento di uno scopo di lucro o, comunque, di un obiettivo di economicità,
Questo provvedimento, quindi, può essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare la sussistenza, o meno, di codesto delitto.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in tale sentenza, pertanto, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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