Quando è applicabile la causa di non punibilità di cui all’art. 648-ter.1, c. 4, c.p.: un chiarimento da parte della Cassazione

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(Ricorso rigettato)

(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 648-ter.1, c. 4, c.p.)

Il fatto

Il Tribunale di Brescia, in sede di riesame, confermava il provvedimento con il quale il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva applicato ad G.A. la misura cautelare degli arresti domiciliari in ordine al reato di autoriciclaggio commesso a mezzo dell’investimento in attività imprenditoriali e speculative, costituente parte dei profitti della truffa continuata consumata dall’indagato, avvocato, in danno di T.L., reato che gli aveva procurato un ingente profitto.

Volume

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso questo provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata per violazione di legge e vizio motivazionale. La difesa, in particolare, adduceva quanto segue: a) il Tribunale, da un lato, aveva illegittimamente escluso la sussistenza nel caso di specie della causa di non punibilità prevista dall’art. 648 ter.1 c.p., comma 4, in relazione alla mera utilizzazione ed al godimento personale dei beni provento del delitto presupposto posto che
il ricorrente aveva utilizzato il denaro provento della truffa, in modo trasparente, per avviare un’attività di ristorazione all’estero, effettuando bonifici su conti correnti agevolmente individuabili, subito dopo avere incassato le somme, come riconosciuto anche nell’ordinanza impugnata, dall’altro, aveva erroneamente interpretato la suddetta norma ritenendo che la destinazione del denaro ad un’attività economica non rientrasse nell’utilizzo personale; b) l’ordinanza non aveva valutato la doglianza relativa all’applicabilità del disposto dell’art. 275 c.p.p., comma 2-bis, che preclude l’applicazione di una misura di tipo custodiale qualora il giudice ritenga che con la condanna possa essere concesso il beneficio della sospensione condizionale atteso che il Tribunale non aveva adeguatamente motivato la sussistenza del pericolo di recidiva in quanto non erano state ben valutate la personalità dell’indagato, la concretezza ed attualità del pericolo nonché l’epoca dei fatti, commessi peraltro in luoghi distanti da quello della sua residenza; c) l’epoca ed il luogo di commissione del reato avevano rilievo anche ai fini della valutazione sulla adeguatezza e proporzionalità della misura in atto sulle quali l’ordinanza impugnata era priva di motivazione.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva stimato inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

Si osservava prima di tutto che, per quanto riguardava clausola di esclusione della punibilità prevista dall’art. 648 ter.1 c.p., comma 4, se era vero che Il Tribunale aveva ricondotto tutti i versamenti alla “funzione di investimento presso l’impresa sopra menzionata” e quindi a quelle “attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative” richiamate dall’art. 648 ter.1 c.p., comma 1, e dunque non vi era dubbio che si trattassero di attività imprenditoriali, era però altrettanto vero che occorreva valutare se quell’attività potesse essere ricondotta alla “mera utilizzazione o al godimento personale” come sostenuto dalla difesa.

Orbene, ad avviso della Corte, la risposta era senz’altro negativa considerato che nel ricorso – diversamente dalla richiesta di riesame – non si contestava più specificamente l’idoneità ingannatoria dei trasferimenti di denaro, sulla quale vi era stata ampia motivazione del Tribunale mentre, a fronte di ciò, secondo quanto affermato in sede nomofilattica, la non punibilità trova una sua logica e coerente spiegazione nel divieto del ne bis in idem sostanziale (punizione di due volte per lo stesso fatto) ma solo e solamente a condizione che l’agente si limiti al mero utilizzo o godimento dei beni provento del delitto presupposto senza che ponga in essere alcuna attività decettiva al fine di ostacolarne l’identificazione quand’anche la suddetta condotta fosse finalizzata ad utilizzare o meglio godere dei suddetti beni e, quindi, la norma è chiara nella sua ratio: limitare la non punibilità ai soli casi in cui i beni proventi del delitto restino cristallizzati – attraverso la mera utilizzazione o il godimento personale – nella disponibilità dell’agente del reato presupposto perché solo in tale modo si può realizzare quell’effetto di “sterilizzazione” che impedisce – pena la sanzione penale – la reimmissione nel legale circuito economico (così, da ultimo, Sez., 2, n. 13795 del 07/03/2019; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 2,

  1. 30399 del 07/06/2018).

Ciò posto, gli ermellini facevano altresì presente come, con adeguata motivazione, il Tribunale avesse effettuato un giudizio prognostico sfavorevole, agli effetti di quanto previsto dall’art. 275 c.p.p., comma 2-bis, in ragione del ritenuto pericolo di recidiva desumibile dalle particolari e specifiche modalità del fatto, oltre che dalla personalità dell’indagato, comunque negativamente valutata nell’ordinanza impugnata in conformità con quanto sostenuto dalla Cassazione in quelle decisioni in cui, per un verso, è stato postulato che l’ultimo periodo dell’art. 274 c.p.p., lett. c), così come modificato dalla L. n. 47 del 2015, impedisce di desumere il pericolo di reiterazione dalla sola gravità del “titolo di reato” astrattamente considerato, ma non già dalla valutazione della gravità del fatto nelle sue concrete manifestazioni in quanto le modalità e le circostanze del fatto restano elementi imprescindibili di valutazione che, investendo l’analisi di comportamenti concreti, servono a comprendere se la condotta illecita sia occasionale o si collochi in un più ampio sistema di vita, ovvero se la stessa sia sintomatica di una incapacità del soggetto di autolimitarsi nella commissione di ulteriori condotte criminose (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017; Sez. 4, n. 18802 del 21/03/2017; Sez. 1, n. 37839 del 02/03/2016; Sez, 1, n. 45659 del 13/11/2015), per altro verso, è stato asserito che il requisito dell’attualità, pur non costituendo una mera ripetizione di quello di concretezza, richiama necessariamente l’esigenza di elevata probabilità di suo verificarsi rispetto tuttavia non già all’occasione del delinquere, ma alla sua occasionalità e, dunque, in questo senso, deve ritenersi che il pericolo non è attuale se la condotta criminosa si appalesa del tutto sporadica ed occasionale mentre sussiste laddove l’illecito possa ripetersi in ragione delle modalità del suo estrinsecarsi, della personalità del soggetto, indipendentemente dalla imminenza di sua verificazione (Sez. 6, 9894/2016).

Tal che se ne faceva conseguire come il requisito dell’attualità del periculum libertatis potesse individuarsi a prescindere dalla positiva ricognizione di effettive ed immediate opportunità di ricadute a portata di mano dell’inquisito essendo necessario e sufficiente formulare un giudizio prognostico che, sulla base dei criteri di cui all’art. 133 c.p., sì riconnetta alla realtà emergente dagli atti del procedimento ed alle valutazioni della persistente pericolosità che è dato trarne dovendosi effettuare una previsione correlata alla situazione esistenziale e socio ambientale in cui verrà a trovarsi l’indagato nell’ipotesi in cui venga meno lo stato di detenzione (così Sez. 2, n. 44946 del 13/09/2016; in senso conforme cfr., ad es., Sez. 5, n. 33004 del 03/05/2017; Sez. 2, n. 11511 del 14/12/2016; Sez. 2, n. 53645 del 08/09/2016; Sez. 2, n. 47891 del 07/09/2016; Sez. 2, n. 18744 del 14/04/2016; Sez. 2, n. 26093 del 31/03/2016).

Da ultimo, si evidenziava come l’ordinanza avesse logicamente motivato anche in ordine all’adeguatezza e proporzionalità della misura in atto mentre l’epoca ed il luogo di commissione dei fatti non erano stimate circostanze idonee a superare detta valutazione, relativa al pericolo di reiterazione di reati “della stessa specie di quello per cui si procede“, atteso che rientrano nella locuzione contenuta nell’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), non solo quelli che offendono il medesimo bene giuridico ma anche le fattispecie criminose che, pur non previste dalla stessa disposizione di legge, presentano “uguaglianza di natura” in relazione al bene tutelato e alle modalità esecutive (Sez. 5, n. 52301 del 14/07/2016, omissis, Rv. 268444).

Conclusioni

La sentenza in oggetto è assai interessante nella parte in cui chiarisce come possa essere applicata la causa di non punibilità di cui all’art. 648-ter.1, c. 4, c.p..

Difatti, in tale decisione, si afferma in buona sostanza che la non punibilità di cui all’art. 648-ter.1, c. 4, c.p. è configurabile solo e solamente a condizione che l’agente si limiti al mero utilizzo o godimento dei beni provento del delitto presupposto senza che ponga in essere alcuna attività decettiva al fine di ostacolarne l’identificazione quand’anche la suddetta condotta fosse finalizzata ad utilizzare o meglio godere dei suddetti beni posto che la sua ratio è quella di limitare la non punibilità ai soli casi in cui i beni proventi del delitto restino cristallizzati – attraverso la mera utilizzazione o il godimento personale – nella disponibilità dell’agente del reato presupposto perché solo in tale modo si può realizzare quell’effetto di “sterilizzazione” che impedisce – pena la sanzione penale – la reimmissione nel legale circuito economico.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, dunque, proprio perché spiega la portata applicativa di questa norma giuridica, non può che essere positivo.

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