Qualora un’amministrazione si sia costituita parte civile in un procedimento penale nei confronti di un dipendente e penda a carico del medesimo un procedimento davanti alla Corte dei conti per gli stessi fatti, legittimamente la medesima amministrazion

Lazzini Sonia 07/12/06
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Merita di essere segnalato il pensiero espresso dal Consiglio di Stato nella decisione numero 5986 del 9 ottobre 2006. in merito al diritto al rimborso delle spese legali ad un dipendente pubblico
 
<La disposizione di cui all’art. 67 del D.P.R. 13 maggio 1987 n. 268*** (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985 – 1987, relativo al comparto del personale degli enti locali), se da un lato è intesa a tenere indenni i soggetti che abbiano agito in nome e per conto, oltre che nell’interesse, dell’Amministrazione, dalle spese legali affrontate per i procedimenti giudiziari strettamente connessi all’espletamento dei loro compiti istituzionali; è, comunque, dettata al fine di consentire all’Amministrazione la tutela della sua posizione, non potendo essa procedere ad esborso di denaro pubblico se non per la cura di un pubblico interesse.
 
Quest’ultimo profilo, del resto, è oggetto di particolare attenzione del legislatore, che si preoccupa si evidenziarlo nella norma suddetta attraverso i due incisi “anche a tutela dei propri diritti ed interessi” e “a condizione che non sussista conflitto di interessi>
 
 
Pertanto:
 
< Nel caso in esame, tuttavia, non sussiste uno dei presupposti essenziali per accedere al beneficio, vale a dire quello della mancanza in concreto di conflitto d’interesse tra il dipendente e l’Amministrazione.
 
Si deve rilevare, infatti, per un verso, che l’Amministrazione nel procedimento penale si è costituita parte civile nei confronti del dipendente e, per altro verso, che, come si evidenzia anche nel provvedimento impugnato, alla data di questo pendeva a carico del ricorrente un procedimento davanti alla Corte dei conti per gli stessi fatti, oggetto dell’indagine penale.
 
Le pretese fatte valere dal Comune nel procedimento penale e nel giudizio contabile, postulano oggettivamente l’esistenza di un conflitto di interessi tra le parti, escludendo nello stesso tempo che la difesa del dipendente possa essere in qualche modo riferita alla tutela di diritti ed interessi dell’Amministrazione. Il rilievo è decisivo e di per sé sufficiente, indipendentemente da ogni valutazione attinente all’esito del procedimento penale ed all’accertamento della responsabilità contabile del dipendente>
 
 
***
l’art. 67 del D.P.R. 13 maggio 1987 n. 268 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985 – 1987, relativo al comparto del personale degli enti locali) sancisce che: “L’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”.
A cura di *************
 
 
REPUBBLICA ITALIANA     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  
Il Consiglio di Stato in   sede giurisdizionale, (Quinta Sezione)         ANNO 2000
 
ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
sul ricorso in appello n. 133 del 2000 proposto dal sig. ***., rappresentato e difeso dagli avv.ti ********* e ******** e presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato in Roma, ******************* n.39,
 
contro
 
il Comune di Camaiore, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. *********’****** ed elettivamente domiciliato in Roma, Via Parigi n. 11, presso lo studio dell’avv. ***********,
 
per la riforma
 
della sentenza n. 659 in data 30 giugno 1999 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Firenze, Sez. II;
 
Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato;
 
Vista la memoria prodotta dall’appellante a sostegno delle sue difese;
 
Visti gli atti tutti della causa;
 
Relatore il cons. ******************;
 
Uditi alla pubblica udienza del 21 giugno 2005 l’avv. ********* e l’avv. ******, su delega dell’avv. D’******;
 
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 
FATTO
 
L’appello in esame è rivolto contro la sentenza n. 659 in data 30 giugno 1999 con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Firenze, Sez. II, ha respinto il ricorso proposto dal sig***. per ottenere l’annullamento della deliberazione 19 agosto 1996 n. 888 della Giunta comunale di Camaiore. Con questo provvedimento il Comune aveva stabilito di non accogliere la richiesta, avanzata dal ricorrente, di rimborso delle spese legali da lui sostenute nel giudizio penale a suo carico per fatti connessi all’espletamento del servizio, in qualità di comandante dei vigili urbani (peculato, art. 314 c.p., e falso, artt. 476 e 482 c.p.), conclusosi in appello con sentenza di assoluzione con formula piena.
 
L’appellante ripropone, sostanzialmente, i motivi di censura già formulati in primo grado e contesta le ragioni sulle quali la sentenza si fonda; chiedendo, in conclusione, che, in riforma di questa, sia accolto il ricorso di primo grado; con ogni conseguente determinazione sulle spese e competenze del doppio grado di giudizio.
 
Per resistere si è costituito in giudizio il Comune di Camaiore, richiamando le difese già svolte in primo grado.
 
La causa è stata trattata all’udienza pubblica del 21 giugno 2005, nella quale, sentiti i difensori presenti, il Collegio si è riservata la decisione.
 
DIRITTO
 
L’appello è infondato.
 
Per una migliore comprensione della controversia, conviene ricordare che l’appellante, a seguito di rinvio a giudizio per reati connessi all’espletamento del servizio, in qualità di comandante dei vigili urbani del Comune resistente, fu riconosciuto colpevole e condannato in primo grado e, poi, assolto con formula piena in appello.
 
Ha chiesto, pertanto, ai sensi dell’art. 67 del D.P.R. 13 maggio 1987 n. 268, il rimborso delle spese legali sostenute nei due gradi di giudizio, che gli è stato negato con la deliberazione impugnata con il ricorso di primo grado.
 
Sostiene il ricorrente che, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R., sussistono nella specie tutti i presupposti previsti dalla norma per la concessione del beneficio in questione.
 
L’assunto è, però, infondato.
 
Dispone l’art. 67 del D.P.R. 13 maggio 1987 n. 268 (Norme risultanti dalla disciplina prevista dall’accordo sindacale, per il triennio 1985 – 1987, relativo al comparto del personale degli enti locali) che: “L’ente, anche a tutela dei propri diritti ed interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento del servizio e all’adempimento dei compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a condizione che non sussista conflitto di interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”.
 
La disposizione, com’è noto, se da un lato è intesa a tenere indenni i soggetti che abbiano agito in nome e per conto, oltre che nell’interesse, dell’Amministrazione, dalle spese legali affrontate per i procedimenti giudiziari strettamente connessi all’espletamento dei loro compiti istituzionali; è, comunque, dettata al fine di consentire all’Amministrazione la tutela della sua posizione, non potendo essa procedere ad esborso di denaro pubblico se non per la cura di un pubblico interesse.
 
Quest’ultimo profilo, del resto, è oggetto di particolare attenzione del legislatore, che si preoccupa si evidenziarlo nella norma suddetta attraverso i due incisi “anche a tutela dei propri diritti ed interessi” e “a condizione che non sussista conflitto di interessi”.
 
Nel caso in esame, tuttavia, non sussiste uno dei presupposti essenziali per accedere al beneficio, vale a dire quello della mancanza in concreto di conflitto d’interesse tra il dipendente e l’Amministrazione.
 
Si deve rilevare, infatti, per un verso, che l’Amministrazione nel procedimento penale si è costituita parte civile nei confronti del dipendente e, per altro verso, che, come si evidenzia anche nel provvedimento impugnato, alla data di questo pendeva a carico del ricorrente un procedimento davanti alla Corte dei conti per gli stessi fatti, oggetto dell’indagine penale.
 
Le pretese fatte valere dal Comune nel procedimento penale e nel giudizio contabile, postulano oggettivamente l’esistenza di un conflitto di interessi tra le parti, escludendo nello stesso tempo che la difesa del dipendente possa essere in qualche modo riferita alla tutela di diritti ed interessi dell’Amministrazione. Il rilievo è decisivo e di per sé sufficiente, indipendentemente da ogni valutazione attinente all’esito del procedimento penale ed all’accertamento della responsabilità contabile del dipendente (cfr., in fattispecie analoga, Cass. Sez. Lavoro, 17 settembre 2002 n. 13624).
 
L’infondatezza della pretesa sostanziale fatta valere rende superfluo l’esame delle censure dedotte avverso la sentenza appellata, che va, quindi, confermata, sia pure con la diversa motivazione fin qui esposta.
 
L’appello va, pertanto, respinto.
 
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
 
P.Q.M.
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe.
 
Compensa tra le parti spese e competenze del presente grado di giudizio.
 
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
Così deciso in Roma dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, nella camera di consiglio del 21 giugno 2005
DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 9 ottobre 2006

Lazzini Sonia

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