Quali sono i legittimi adempimenti della Stazione appaltante in tema di avvio di un procedimento di riesame di un’aggiudicazione, di sospensione di una fornitura e di riaggiudicazione alla seconda classificata? Sono sufficienti i motivi di urgenza a gius

Lazzini Sonia 04/06/09
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Si deve fare applicazione della regola generale secondo cui il procedimento di revoca dell’aggiudicazione richiede l’avviso dell’avvio del procedimento, ogni qualvolta le risultanze della gara siano state approvate e la relazione fra le parti sia entrata già nella fase paritetica della esecuzione delle prestazioni dedotte in gara: la “sospensione degli acquisti” è evento che, per sua natura, si inserisce nella fase di esecuzione di una relazione contrattuale in corso; ne consegue che la conoscenza dell’evento e quella (informale) delle ragioni che l’hanno determinata, al più potevano mettere sull’avviso in ordine a vizi funzionali del rapporto (e dunque sulla possibilità di misure reattive di tipo paritetico) e non anche circa l’intendimento dell’Azienda di fare ricorso al potere autoritativo di autotutela, destinato ad incidere su posizioni di diritto soggettivo acquisite, affievolendole
 
In tema di obbligo da parte di un’amministrazione a notificare l’avvio di un procedimento, merita di essere segnalata la decisione numero 5591 del 23 ottobre 2007 emessa dal Consiglio di Stato:
 
nella particolare fattispecie infatti:
 
Quanto, poi, alla riunione svoltasi in data 6 aprile 2006, fra il rappresentante legale della attuale appellante, il direttore generale dell’azienda ed il responsabile del servizio di farmacia ospedaliera, a provvedimento adottato, è fin troppo evidente che la comunicazione, al rappresentante legale della società – soltanto in tale occasione ed a provvedimento emanato (il provvedimento è del 5 aprile 2005 e dunque era già stato adottato) – che si era fatto ricorso all’esercizio del potere di autotutela, sulla base di relazioni negative di taluni responsabili del servizio di anestesia e del responsabile del servizio di farmacia, è idoneo a dimostrare nient’altro che il fatto che l’Azienda si è sottratta all’obbligo della previa comunicazione dell’avvio del procedimento
 
ma non solo
 
Non è logico trarre alcun differente convincimento dalla circostanza che il rappresentante legale della società, a conclusione di tale riunione, abbia presentato un reclamo, volto al riesame della decisione già assunta.
E’ appena il caso di precisare che, nelle linee generali, il reclamo postumo (che non si colloca neppure fra i rimedi di tipo giustiziale) nulla ha che vedere con la partecipazione al procedimento, e che si tratta di un’iniziativa che, a provvedimento adottato, non far sorgere obbligo, per l’amministrazione, di prendere in considerazione le deduzioni dell’amministrato
 
Nemmeno i motivi di urgenza sono sufficienti:
 
Non è sostenibile neppure che, nel caso in esame, la legittimità del comportamento tenuto dall’Aziende deriverebbe dalla necessità di provvedere con urgenza, stante il segnalato pericolo per la salute dei pazienti: invero, lo iato temporale fra le prime segnalazioni (che condussero alla adozione della misura, informale ed anch’essa non comunicata, della sospensione della fornitura) e l’adozione del provvedimento, evidenzia – sul piano cronologico – che l’Azienda avrebbe ben potuto (una volta messa sull’avviso dalle segnalazioni dei sanitari) dare formale comunicazione di avvio del procedimento.
 
in quali atteggiamenti quindi si concretizza la colpa dell’amministrazione?
 
La colpa della stazione appaltante è insita nell’avere l’Azienda fatto illegittimamente ricorso al provvedimento di autotutela, in corso di rapporto di fornitura, senza farsi carico di comunicare alla parte l’avviso di avvio del procedimento di riesame e, fra l’altro, sulla sola base di un’istruttoria parziale che, sebbene consistente nella relazione di medici speicialistici, si poneva acriticamente in contrasto con gli atti ufficiali che avevano attestanto l’equivalenza dei farmaci, e ciò senza promuovere una adeguata istruttoria, idonea a smentire il superiore giudizio di equivalenza espresso dall’Agenzia e senza neanche assumere l’iniziativa di provocarne la revisione, in assenza, fra l’altro, di una situazione di urgenza e gravità già scongiurate mediante l’adozione della misura provvisoria della sospensione degli ordinativi.
 
Il danno, a sua volta, deve presumersi, sulla considerazione del rapporto contrattuale intercorrente fra le parti nel momento in cui è intervenuto il provvedimento di autotutela e deve essere liquidato nella misura richiesta del 10% dell’importo dell’ offerta relativa all’intero periodo in cui non ha avuto luogo la fornitura aggiudicata
 
 
A cura di Sonia Lazzini
 
 
Riportiamo qui di seguito la decisione numero 5591 del 23 ottobre 2007 emessa dal Consiglio di Stato
 
 
N. 5591/07 REG.DEC.
N. 1380 REG.RIC.
ANNO 2006
Reg.Rep.n.11/07
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Quinta Sezione
ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n.1380/2006, proposto dalla Soc. ALFA –   S.p.A., corrente in Aprilia, P.I. 02578030153 in persona del legale rappresentante in carica. Dr. Camilla Borghese, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Lirosi, con domicilio eletto presso il suo studio (St. Leg.le Gianni, Origoni, Grippo & Partnes) in Roma, Via delle Quattro Fontane, n. 20;
contro
l’AZIENDA UNITÀ SANITARIA LOCALE n. 1 Imperiese, con sede in Bussana di Sanremo, in persona del Direttore generale, rappresentata e difesa dall’Avv. Prof. Piergiorgio Alberti, con domicilio eletto in Roma, via Carducci n. 4/10;
e nei confronti
della Soc. BETA S.p.A., in persona del procuratore speciale Avv. Massimo Massimino, rappresentata e difesa dall’’Avv. Prof. Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, Via di Ripetta n. 142
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria n. 1619 del 29 novembre 2005, non notificata, nonché per la condanna al risarcimento del danno;
            Visto il ricorso con i relativi allegati;
            Visto l’atto di costituzione in giudizio della AUSL n. 1 Imperiese della BETA S.p.A..
            Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
            Visti gli atti tutti della causa;
            Relatore, alla pubblica udienza del 29 maggio 2007, il Consigliere Chiarenza Millemaggi Cogliani; uditi!Fine dell’espressione imprevista, altresì, gli Avv.ti Lirosi, Mescia per delega di Alberti, e Ferrari;
            Pubblicato il dispositivo n. 296 del 31 maggio 2007;
            Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
     1. La società appellante – invitata dall’azienda odierna intimata ad una gara a trattativa privata, con aggiudicazione al prezzo più basso, per la fornitura biennale di farmaci generici – anni 2004/2005/2006 – tra i quali i farmaci a base del principio attivo propofol (oggetto, questi ultimi, dei lotti 4, 5 e 6, per la cui fornitura erano stati invitati alla gara la suddetta società e l’odierna appellata BETA, titolare della specialità medicinale Diprinvan) si è vista aggiudicare, con determinazione in data 2392004, i suddetti lotti 4, 5 e 6 relativi a preparazioni a basa del principio attivo Propofol.
Successivamente, in fase di esecuzione della fornitura, in seguito a segnalazione di taluni sanitari anastetisti, in ordine a problematiche manifestatesi nei pazienti trattati con somministrazione del farmaco, dapprima e venne sospesa, di fatto, la richiesta di approvvigionamento, e, successivamente venne adottata la determinazione del 5 aprile 2005 n. 401, di revoca dell’aggiudicazione e contestuale aggiudicazione dei medesimi lotti alla concorrente BETA, alla quale ha fatto seguito altra determinazione n. 433 del 15 aprile 2005, con la quale il Direttore del dipartimento Area Economica e Processi di acquisto ha aggiornato i prezzi per la fornitura del “Diprivan” di Astrazena, ponendoli in parità con quelli più convenienti a suo tempo offerti da ALFA.
Quest’ultima ha proposto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria (rubricato al n. 647 r.g.r del 2005 TAR Liguria), e, nel corso di causa, motivi aggiunti, con cui sono stati impugnati:
– la determinazione n. 401 del 5 aprile 2005 del Direttore del Dipartimento Area Economica e Processi Acquisto – comunicata ad ALFA con nota prot. 16592 del 20 aprile 2004 – con la quale l’ASL ha revocato l’aggiudicazione a favore di ALFA dei lotti nn. 4, 5 e della gara indetta per la fornitura biennale di farmaci generici – anno 2004/2005/2006 – già disposta con delibera n. 1127 del 23.9.2004, ha aggiudicato tali lotti ad BETA, seconda in graduatoria;
– la nota prot. n. 60/05 del 16 marzo 2005 con la quale il Direttore dell’U.O. Farmaceutica Ospedaliera ha chiesto la sostituzione del farmaco generico propofol e delle allegate relazioni, non conosciuti da ALFA;
– ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresa la determinazione n. 433 del 15 aprile 2005 del Direttore del Dipartimento Area Economica e Processi di Acquisto, con la quale l’ASL ha aggiornato i prezzi offerti da BETA ponendoli in parità con quelli offerti da ALFA.
Sono stati altresì richiesti la declaratoria di nullità del contratto eventualmente conclusivamente concluso con BETA e per la condanna al risarcimento del danno in misura da determinarsi.
            Sono stati dedotti in primo grado:
            – violazione degli artt. 7 ss. l. 24190, eccesso di potere per mancata acquisizione dei fatti e degli interessi rilevanti, difetto di istruttoria e di presupposti, per violazione delle garanzie partecipative della ALFA;
– violazione dell’art. 3 l. 24190 e dei principi in tema di autotutela, eccesso di potere sotto i profili del difetto di motivazione in merito alle ragioni di interesse pubblico ed alla documentazione relativa alle presunte problematiche presentate dal farmaco.
L’Azienda e la controinteressata si sono costituite in giudizio resistendo all’impugnazione e, infine, il Tribunale Amministrativo Regionale della Liguria, con sentenza della Sezione Prima, n. 2619 del 2005, oggetto del presente giudizio di appello, ha respinto il ricorso in ogni sua parte.
2. Con l’atto introduttivo del secondo grado del giudizio, dopo avere ripercorso significative tappe relative alla immissione in commercio del farmaco generico “Propofol ALFA” di titolarità ed avere esposto un quadro delle vicende che in qualche modo hanno visto protagoniste – in sede giudiziaria ed extragiudiziaria – le parti private del presente giudizio, l’appellante sottopone al controllo giurisdizionale il procedimento logico giuridico attraverso cui il giudice di primo grado è pervenuto alle proprie conclusioni, sia in ordine al denunciato mancato rispetto delle regole del procedimento amministrativo (con particolare riferimento alla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento di revoca ed ai consequenziali vizi del provvedimento) sia con riguardo all’illegittimo esercizio del potere di autotutela, ponendosi in evidenza, fra l’altro la natura approssimativa dell’istruttoria cui si riferisce, per relazione, il primo dei provvedimenti impugnati (segnalazioni di due responsabili di servizi ospedalieri di anestesia e del responsabile dell’U.O. farmaceutica). L’appellante, inoltre, ripropone analiticamente l’insieme delle censure dedotte in primo grado. e chiede in conclusione che la sentenza appellata sia riformata nel senso dell’accoglimento del ricorso di primo grado, con annullamento degli atti impugnati, declaratoria di nullità/inefficacia del contratto intercorso fra l’Azienda e la controinteressata e condanna dell’Azienda medesima al risarcimento del danno nella misura indicata in ricorso.
Nel giudizio si sono costituite le appellate resistendo all’impugnazione e tutte le parti hanno coltivato con successivi scritti le rispettive difese.
            3. Infine, la causa, chiamata alla pubblica udienza del 29 maggio 2007, è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
            1. Nel presente giudizio – non impugnata la pronuncia esplicita sulla giurisdizione, da nessuna delle parti in causa – assumono valore preminente ed assorbente le denuncie di violazione degli artt. 7 ss. L. n. 241 del 1990 e di eccesso di potere (sotto i profili di difetto di istruttoria e di motivazione nonché del principio del giusto procedimento e di partecipazione del privato) portate nel primo motivo di appello, che ripropone – censurando sul punto le conclusioni cui è pervenuta la sentenza impugnata – il primo motivo del ricorso principale di primo grado..
            Il motivo è fondato e merita accoglimento.
            2.1. L’impianto motivazione della sentenza appellata, con riferimento al motivo in esame, può essere così riassunto:
     a) la società ricorrente era al corrente dell’avvio del procedimento di revoca, indipendentemente dalla mancata comunicazione da parte dell’Azienda, tanto è che – venuta a conoscenza della sospensione dell’acquisto del prodotto da parte delle farmacie ospedaliere, il procuratore di zona dott. Mantero aveva chiesto chiarimenti al dirigente responsabile ed era così venuto a conoscenza della esistenza di relazioni sanitarie che avevano evidenziato l’insorgere di problematiche derivanti dalla somministrazione del farmaco;
b) successivamente, era stata fissata una riunione per la data del 6 aprile 2005, fra il rappresentante dell’odierna appellante, il direttore amministrativo e la direttrice delle farmacie ospedaliere, nel corso della quale venivano confermate le circostanze già riferite al procuratore di zona della Società; in tale ambito la stessa ALFA aveva potuto avere accesso alla relazione interna, tanto da avere prodotto contestualmente una nota di contestazione;
c) tali circostanze di fatto evidenzierebbero il rispetto in via sostanziale delle garanzie invocate da ALFA, la quale risulterebbe essere stata in condizione di partecipare al procedimento, indipendentemente dalla mancanza della comunicazione di avvio, in applicazione, fra l’altro del principio del raggiungimento dello scopo;
d) anche indipendentemente da ciò, il provvedimento impugnato si sottrae alla pronuncia demolitoria, in applicazione dell’art. 21 octies comma 2 della legge n. 241 del 1990, in quanto l’Azienda avrebbe dimostrato sufficientemente che la partecipazione al procedimento del rappresentante della società non avrebbe potuto condurre ad una decisione differente dalla revoca dell’aggiudicazione.
3.1. Ciascuno dei citati passaggi, da cui è derivata poi la reiezione del mezzo, non si sottrae alle cesure sollevate dall’appellante.
3.2. Quanto ai dati storici riportati alle lett. a) e b) che precedono – dai quali, secondo il giudice di primo grado, dovrebbero risalirsi alla conclusione che la ALFA era comunque venuta a conoscenza dell’avvio di un procedimento di riesame dell’aggiudicazione e che, in ogni caso (con la sua partecipazione alla riunione del 6 aprile) era stata posta in grado di partecipare al procedimento – essi appaiono, il primo, palesemente ininfluente ed il secondo inidoneo a dimostrare ciò che ne ha desunto il giudice di primo grado.
 Viene in rilievo – per ciò che riguarda l’informazione resa al procuratore di zona – che la “sospensione degli acquisti” è evento che, per sua natura, si inserisce nella fase di esecuzione di una relazione contrattuale in corso; ne consegue che la conoscenza dell’evento e quella (informale) delle ragioni che l’hanno determinata (oltre tutto, da parte non già del legale rappresentante della fornitrice ma del suo procuratore di zona), al più potevano mettere sull’avviso in ordine a vizi funzionali del rapporto (e dunque sulla possibilità di misure reattive di tipo paritetico) e non anche circa l’intendimento dell’Azienda di fare ricorso al potere autoritativo di autotutela, destinato ad incidere su posizioni di diritto soggettivo acquisite, affievolendole.
Quanto, poi, alla riunione svoltasi in data 6 aprile 2006, fra il rappresentante legale della attuale appellante, il direttore generale dell’azienda ed il responsabile del servizio di farmacia ospedaliera, a provvedimento adottato, è fin troppo evidente che la comunicazione, al rappresentante legale della società – soltanto in tale occasione ed a provvedimento emanato (il provvedimento è del 5 aprile 2005 e dunque era già stato adottato) – che si era fatto ricorso all’esercizio del potere di autotutela, sulla base di relazioni negative di taluni responsabili del servizio di anestesia e del responsabile del servizio di farmacia, è idoneo a dimostrare nient’altro che il fatto che l’Azienda si è sottratta all’obbligo della previa comunicazione dell’avvio del procedimento.
Non è logico trarre alcun differente convincimento dalla circostanza che il rappresentante legale della società, a conclusione di tale riunione, abbia presentato un reclamo, volto al riesame della decisione già assunta.
E’ appena il caso di precisare che, nelle linee generali, il reclamo postumo (che non si colloca neppure fra i rimedi di tipo giustiziale) nulla ha che vedere con la partecipazione al procedimento, e che si tratta di un’iniziativa che, a provvedimento adottato, non far sorgere obbligo, per l’amministrazione, di prendere in considerazione le deduzioni dell’amministrato.
2.3. Non è sostenibile neppure che, nel caso in esame, la legittimità del comportamento tenuto dall’Aziende deriverebbe dalla necessità di provvedere con urgenza, stante il segnalato pericolo per la salute dei pazienti: invero, lo iato temporale fra le prime segnalazioni (che condussero alla adozione della misura, informale ed anch’essa non comunicata, della sospensione della fornitura) e l’adozione del provvedimento, evidenzia – sul piano cronologico – che l’Azienda avrebbe ben potuto (una volta messa sull’avviso dalle segnalazioni dei sanitari) dare formale comunicazione di avvio del procedimento.
2.4. D’altra parte, è del tutto apodittica l’affermazione secondo cui il segnalato pericolo per la salute dei pazienti, da parte dei sanitari aziendali, dimostrerebbe sufficientemente che, anche con la partecipazione dell’interessata al procedimento, l’Azienda non avrebbe potuto prendere altra decisione.
In senso contrario depongono, in linea generale, la natura discrezionale del riesame, e, nel caso in esame, anche
la circostanza che i speudo-vizi del prodotto sono emersi in una fase del rapporto fra la società e l’azienda, caratterizzata dalla pariteticità (con conseguente possibilità di alternativa fra la risoluzione unilaterale del rapporto e ricorso all’autotutla).
            Aspetto questo di non secondaria rilevanza sul piano sostanziale della regolamentazione delle posizioni dei soggetti interessati.
            A parte ciò, l’esame degli atti non consente affatto di dare per scontato (sulla base delle relazioni dei sanitari) che la scelta del prodotto fosse affetta da un vizio genetico che ne giustificava la revoca.
Infatti, sotto il profilo della logicità e ragionevolezza, gli elementi istruttori di riferimento rilevano un’insita la fragilità.
Essi contraddicono, in assenza di argomenti, il giudizio di equivalenza di appositi ed autorevoli organi pubblici (decisione della Commissione Unica del Farmaco, assunta nella seduta del 17 dicembre 2003; nota del 4 maggio 2004 della Direzione generale dei farmaci e dei dispositivi medici del Ministero della salute; e, da ultimo, la nota 13 settebre 2004 dell’Agenzia Italiana del Farmaco, di cui la stessa Azienda aveva espressamente preso atto, fini dell’aggiudicazione all’ALFA, nella nota del 23 settembre 2004).
Ed è quanto basta per definire sommaria ed insufficiente la motivazione del provvedimento di revoca che a tali relazioni si riporta, recependole acriticamente, in quanto è mancata qualsiasi considerazione e correlazione fra gli effetti secondari del farmaco e quelli propri del principio attivo (in sé considerato), né, per quanto riguarda la negata equivalenza dei prodotti, vi è stata la segnalazione della necessità ed urgenza di trasmettere i dati all’Agenzia Italiana del Farmaco per una revisione della valutazione.
3. Il complesso degli elementi che precedono smentisce l’operatività, nel caso in esame, della norma di cui all’art. 21 octies, comma 2, della L. n. 241 del 1990, in forza del quale “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”, ed evidenza che, al contrario, si deve fare applicazione della regola generale secondo cui il procedimento di revoca dell’aggiudicazione richiede l’avviso dell’avvio del procedimento, ogni qualvolta le risultanze della gara siano state approvate e la relazione fra le parti sia entrata già nella fase paritetica della esecuzione delle prestazioni dedotte in gara.
La natura assorbente dei vizi dedotti con il primo motivo di appello – che investe radicalmente la sentenza appellata ed il provvedimento di revoca (e aggiudicazione alla controinteressata) impugnato in primo grado, – deve condurre, pertanto, alla riforma della sentenza impugnata, nel senso dell’annullamento del provvedimento di autotutela, sulla base dell’assorbente primo motivo del ricorso originario, con consequenziale declaratoria di inefficacia del successivo contratto intercorso fra la controinteressata e l’Azienda, per ciò che attiene i rapporti fra quest’ultima e l’attuale appellante.
4. La colpa della stazione appaltante è insita nell’avere l’Azienda fatto illegittimamente ricorso al provvedimento di autotutela, in corso di rapporto di fornitura, senza farsi carico di comunicare alla parte l’avviso di avvio del procedimento di riesame e, fra l’altro, sulla sola base di un’istruttoria parziale che, sebbene consistente nella relazione di medici speicialistici, si poneva acriticamente in contrasto con gli atti ufficiali che avevano attestanto l’equivalenza dei farmaci, e ciò senza promuovere una adeguata istruttoria, idonea a smentire il superiore giudizio di equivalenza espresso dall’Agenzia e senza neanche assumere l’iniziativa di provocarne la revisione, in assenza, fra l’altro, di una situazione di urgenza e gravità già scongiurate mediante l’adozione della misura provvisoria della sospensione degli ordinativi.
Il danno, a sua volta, deve presumersi, sulla considerazione del rapporto contrattuale intercorrente fra le parti nel momento in cui è intervenuto il provvedimento di autotutela e deve essere liquidato nella misura richiesta del 10% dell’importo dell’ offerta relativa all’intero periodo in cui non ha avuto luogo la fornitura aggiudicata.
Le spese dei due gradi del giudizio, che si liquidano in dispositivo, devono essere poste in parti eguali a carico dell’Azienda e della controinteressata. ed in favore della parte appellante.
P.   Q.   M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie, per quanto di ragione, il ricorso di primo grado ed annulla il provvedimento di revoca, condannando l’Azienda al risarcimento del danno nei sensi di cui in motivazione;
Condanna l’Azienda e la controinteressata Soc. BETA al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio che si liquidano in euro 10.000,00 (diecimila) complessive da porsi a carico, in parti uguali, della stazione appaltante e della controinteressata;
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 29 Maggio 2007  con l’intervento dei Signori:
Sergio SANTORO                                                            PRESIDENTE
Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI                            CONSIGLIERE
Claudio MARCHITIELLO                                                CONSIGLIERE
Nicola RUSSO                                                                  CONSIGLIERE
Giancarlo GIAMBARTOLOMEI                                       CONSIGLIERE
L’ESTENSORE                                IL PRESIDENTE
F.to Chiarenza Millemaggi Cogliani   F.to Sergio Santoro
 
IL SEGRETARIO
F.to Antonietta Fancello
 
 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/10/2007
(Art. 55 L. 27/4/1982, n. 186)
IL DIRIGENTE
F.to Antonio Natale

Lazzini Sonia

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