Quale prova è richiesta per proporre l’istanza di revocazione di cui all’art. 28, comma 1, lett. a), d.lgs. 159 del 2011.

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(Ricorso dichiarato inammissibile)

[Riferimento normativo: D.lgs., 6/09/2011, n. 159, art. 28, c. 1, lett. a)]

Il fatto

A seguito di istanza di revoca di confisca di prevenzione presentata da F. G. e M. R., con le forme dell’incidente di esecuzione, il Tribunale di Trapani aveva disposto la conversione dell’istanza in revocazione ai sensi dell’art. 28 d.lgs. 159 del 2011 trasmettendo gli atti alla Corte di appello di Palermo.

Quest’ultima, peraltro, con decreto in data 24/11/2017, aveva dichiarato la propria incompetenza trasmettendo gli atti alla Corte di appello di Caltanissetta fermo restando che quest’ultima, con provvedimento del 25/9/2018, aveva rilevato che l’istanza di revocazione avrebbe dovuto ritenersi fondata su prova conosciuta più di sei mesi prima dell’istanza cosicché aveva dichiarato l’inammissibilità di quest’ultima.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Proponeva ricorso per Cassazione F. G. tramite il suo difensore deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 630 cod. proc. pen. e 28 d.lgs. 159 del 2011 facendosi presente che l’istanza era stata presentata per ottenere la revoca della confisca di cinque polizze da ventimila euro ciascuna e per la restituzione di una somma di denaro e, a tal fine, era stata invocata la documentazione inviata da Poste Italiane attestante la movimentazione di un libretto di deposito poi estinto, le cui somme erano poi confluite in un altro libretto aperto nel 2007.

Si faceva a tal proposito come la Corte distrettuale avesse rilevato che la documentazione risaliva al gennaio e al febbraio 2016 ma, in realtà, a seguito dell’iniziale carteggio, le ulteriori informazioni erano state inviate solo nell’aprile 2017 fermo restando che l’originaria confisca di prevenzione era divenuta definitiva solo nel luglio 2016.

A fronte di ciò, ad avviso della difesa, era stato dimostrato come l’istante non avesse avuto conoscenza dei dati necessari in epoca anteriore e che ciò non fosse dipeso da causa a lei imputabile tenuto conto altresì del fatto che la documentazione era influente al fine del giudizio in merito all’insussistenza dei presupposti per la confisca essendosi a suo tempo rilevato che i versamenti a valere sul rapporto di deposito postale non trovavano giustificazione.

Le argomentazioni sostenute dal Procuratore generale presso la Corte di Cassazione

Il Procuratore generale aveva depositato requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso in assenza di norma che contempli la possibilità di ricorso in relazione a provvedimenti emessi ex art. 28 d.lgs. 159 del 2011.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Gli ermellini osservavano prima di tutto come dovesse ritenersi infondata la deduzione del P.G., secondo cui il ricorso dovrebbe dichiararsi inammissibile in quanto non specificamente previsto atteso che, come riconosciuto anche in altra occasione (Cass. Sez. 6, n. 31937 del 6/6/2019, non ancora massimata), la revocazione della confisca concerne un provvedimento connotato da definitività e, corrispondentemente, il riferimento alle forme previste dall’art. 630 e segg. cod. proc. pen. in tema di revisione di sentenze di condanna non può che implicare altresì l’applicabilità dell’art. 640 cod. proc. pen. in tema di ricorribilità del provvedimento decisorio dovendosi considerare che del tutto ingiustificatamente sarebbe altrimenti contemplato un regime deteriore rispetto a quello previgente incentrato sulla proposizione di incidente di esecuzione definito con provvedimento ricorribile.

Ad ogni modo, il ricorso veniva comunque dichiarato inammissibile alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si faceva innanzitutto presente come fosse stato originariamente presentato incidente di esecuzione poi convertito in procedimento di revocazione ma, al di la di ciò, i giudici di piazza Cavour evidenziavano come l’originaria istanza fosse stata presentata in data 28/3/2017 e fosse fondata su documentazione attestante l’accredito di euro 100.000,00 di titoli scaduti su un libretto a fronte della estinzione di un altro libretto assumendosi al contempo come tale dato comprovasse che gli investimenti erano stati dematerializzati nel 2007 e reinvestiti nelle polizze sottoposte a confisca circostanza questa, che secondo la Corte, sarebbe stata ad avviso del ricorrente asseritamente mai valutata nel corso del procedimento di prevenzione e tale da giustificare la revoca della disposta confisca.

A fronte di tale rilievo difensivo, i giudici di piazza Cavour, per contro, ritenevano come la documentazione prodotta in quella circostanza, come rilevato nel provvedimento impugnato, risalisse al gennaio e febbraio 2016 e da ciò se ne faceva conseguire come non vi fosse dubbio alcuno che il termine di sei mesi, previsto dall’art. 28, comma 3, d.lgs. 159 del 2011, dovesse ritenersi decorso, quanto meno computandolo dalla sopravvenuta irrevocabilità del provvedimento, risalente al luglio del 2016 osservandosi al contempo che il presupposto dell’istanza di revocazione, contemplato dall’art. 28, comma 1, lett. a), d.lgs. 159 del 2011, implica che la prova nuova sia scoperta (quand’anche preesistente) dopo che la misura è divenuta definitiva oppure che la prova sia sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione, essendo invece insufficiente che, pur essendo deducibile, non fosse stata dedotta (sul punto, Cass. Sez. 6, n. 263411 del 9/5/2019; Cass. Sez. 5, n. 28628 del 24/3/2017).

Orbene, in relazione a quanto sin qui esposto, il Supremo Consesso notava come, nel caso di specie, la documentazione materialmente allegata all’istanza originaria, astraendo per il momento dal tema della deducibilità, risalisse di per sé ad epoca successiva al giudizio di appello, cioè quando in effetti era precluso un giudizio di merito sulla base di nuove produzioni e di conseguenza, proprio per questo, si stimava come il termine di sei mesi in un caso siffatto operasse comunque ma solo dal momento in cui la prova avrebbe potuto essere concretamente utilizzata nel merito e, dunque, dall’irrevocabilità del provvedimento di cui si chiedeva la confisca il che, nel caso in esame, ad avviso della Corte, conduceva comunque a riconoscere l’intervenuta decadenza.

Oltre a ciò, si evidenziava come vi fosse altresì un ulteriore e decisivo motivo di inammissibilità, tale da travolgere anche il documento datato 20/4/2017, ossia il fatto che il tema di prova era stato dedotto e che comunque la prova documentale in concreto offerta non avrebbe potuto dirsi nuova per il solo fatto di non essere stata tempestivamente esibita dato che, come risultava dal decreto del 2/11/2015 allegato al ricorso, in sede di appello la Corte di appello di Palermo aveva segnalato che in quella sede era stato invocato quanto dichiarato dall’avvocato di Poste Italiane s.p.a. secondo cui, dai numeri dei libretti nonché dalle polizze postali emesse nel 2007 per circa euro 100.000,00, si era potuto appurare che si trattava di buoni fruttiferi postali dematerializzati che erano stati oggetto di investimento fatto dagli odierni intervenienti negli anni ’90.

Tal che, una volta dedotto che la prova fosse, non solo preesistente, ma anche nella sostanza nota alla ricorrente in epoca anteriore a quella di definizione del giudizio di prevenzione essendo invece irrilevante che il documento da ultimo prodotto fosse stato materialmente inoltrato alla F. in epoca successiva fermo restando che costei ben avrebbe potuto attivarsi tempestivamente nel corso del giudizio di prevenzione, se ne faceva discendere come l’istanza di revocazione risultasse essere tardiva e comunque non sorretta dal presupposto invocato.

La Cassazione, quindi, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, affermava come il ricorso proposto fosse manifestamente infondato.

Conclusioni

La sentenza in oggetto è assai interessante nella parte in cui spiega quale prova è richiesta per proporre l’istanza di revocazione di cui all’art. 28, comma 1, lett. a), d.lgs. 159 del 2011.

Difatti, avvalendosi di precedenti conformi, la Corte di Cassazione, in questa decisione, afferma che il presupposto dell’istanza di revocazione, contemplato dall’art. 28, comma 1, lett. a), d.lgs. 159 del 2011, implica che la prova nuova sia scoperta (quand’anche preesistente) dopo che la misura è divenuta definitiva oppure che la prova sia sopravvenuta rispetto alla conclusione del procedimento di prevenzione essendo invece insufficiente che, pur essendo deducibile, non fosse stata dedotta.

Dunque, solo in presenza di una di queste condizioni, è possibile proporre tale istanza.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta pronuncia, di conseguenza, proprio perché chiarisce tale profilo giuridico, non può che essere positivo.

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