Qual è il giudice competente a decidere in merito ad una controversia relativa alla risoluzione di una convenzione per mancata presentazione della cauzione definitiva?Tale situazione potrebbe comportare anche l’escussione della cauzione provvisoria a norm

Lazzini Sonia 02/05/08
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Stante la volontà dell’amministrazione comunale di < “risolvere il contratto di cui alla convenzione Rep. n. 2843 del 14 marzo 2007 per inadempimento contrattuale relativo alla mancata reintegrazione della Polizza fideiussoria a garanzia del buon espletamento del servizio rilasciata da Compagnia di assicurazione o Banca così come previsto dall’art. 113 del D.Lvo n. 163/2006> a fronte di tale chiara intenzione dell’amministrazione resistente, non sussistono margini per il giudice, in ossequio al principio “in claris non fit interpretatio”, di procedere ad un’eventuale riqualificazione in chiave provvedimentale della suddetta determinazione nel senso che dovrà essere il giudice dei rapporti paritetici (quello ordinario) a verificare la sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti dell’inadempimento contrattuale, tali da giustificare la risoluzione del contratto._Al riguardo, va infatti precisato che il contratto è stato stipulato in esito alla procedura concorsuale pubblica indetta dal Comune di Anzio per l’affidamento del servizio di recupero delle quote di entrate dichiarate inesigibili, il che comporta che le vicende successive alla stipula del relativo negozio hanno natura paritetica ed esulano dalla fase pubblicistica avente ad oggetto la procedura di affidamento, rimessa questa alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 6 della legge n. 205/2000.
 
 
Merita di essere segnalato il seguente passaggio tratto dalla sentenza numero 2913 del 7 aprile 2008 emessa dal Tar Lazio, Roma
 
 
< Al riguardo, va infatti precisato che il contratto è stato stipulato in esito alla procedura concorsuale pubblica indetta dal Comune di Anzio per l’affidamento del servizio di recupero delle quote di entrate dichiarate inesigibili, il che comporta che le vicende successive alla stipula del relativo negozio hanno natura paritetica ed esulano dalla fase pubblicistica avente ad oggetto la procedura di affidamento, rimessa questa alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 6 della legge n. 205/2000.
 
Tale orientamento deve essere ribadito anche alla luce della recente pronuncia della Corte di Cassazione, SS.UU., 28 dicembre 2007 n. 27169 che, sebbene riferita ai rapporti tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto stipulato a valle della procedura selettiva, ha affermato un principio di carattere generale operante anche nel caso di specie ovvero che “gli artt. 6 e 7 della legge 205 del 2000, nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative alle procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, hanno riguardo alla sola fase pubblicistica dell’appalto (in essa compresi i provvedimenti di non ammissione alla gara o di esclusione dalla stessa), ma non si riferiscono alla successiva fase dell’esecuzione del rapporto, concernente i diritti e gli obblighi derivanti, per ciascuna delle parti, dal contratto stipulato successivamente agli atti di evidenza pubblica. In questa seconda fase resta operante la giurisdizione del giudice ordinario quale giudice dei diritti, cui spetta verificare la conformità alle norme positive delle regole attraverso le quali i contraenti hanno disciplinato i loro contrapposti interessi, e delle relative condotte attuative: a nulla rilevando che specifiche disposizioni legislative attribuiscano all’amministrazione committente la facoltà di incidere autoritativamente sul rapporto (e perfino di risolverlo), posto che detti atti amministrativi, non hanno natura provvedimentale e non cessano di operare nell’ambito delle paritetiche posizioni contrattuali (da ult., Cass. sez. un. 17829 e 17830/2007; 4427/2007; 4116/2007)”.
 
3. Ciò posto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione>
 
 
GIUSTO A TITOLO DI PRECISAZIONE CI PREME AGGIUNGERE CHE, QUALORA FOSSE STATA PRESENTATA LA CAUZIONE PROVVISORIA, DALLA VICENDA SOTTOPOSTA AI GIUDICI ROMANI, SAREBBE ANCHE SCATURITO IL DIRITTO DELL’AMMINISTRAZIONE AD ESCUTERE LA CAUZIONE PROVVISORIA STANTE IL SEGUENTE DETTAME NORMATIVO:
 
Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163
Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE
(G.U. n. 100 del 2 maggio 2006)
 
 
(…)
 
Capo V – Principi relativi all’esecuzione del contratto
Art. 113. Cauzione definitiva
(rubrica così modificata dall’articolo 2, comma 1, lettera aa), d.lgs. n. 113 del 2007)
(art. 30, commi 2, 2-bis, 2-ter, legge n. 109/1994)
 
1. L’esecutore del contratto è obbligato a costituire una garanzia fideiussoria del 10 per cento dell’importo contrattuale. In caso di aggiudicazione con ribasso d’asta superiore al 10 per cento, la garanzia fideiussoria è aumentata di tanti punti percentuali quanti sono quelli eccedenti il 10 per cento; ove il ribasso sia superiore al 20 per cento, l’aumento è di due punti percentuali per ogni punto di ribasso superiore al 20 per cento.
 
2. La garanzia fideiussoria di cui al comma 1, prevista con le modalità di cui all’articolo 75, comma 3, deve prevedere espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale, la rinuncia all’eccezione di cui all’articolo 1957, comma 2, del codice civile, nonché l’operatività della garanzia medesima entro quindici giorni, a semplice richiesta scritta della stazione appaltante.
(comma così modificato dall’art. 2, comma 1, lettera aa), d.lgs. n. 113 del 2007)
 
3. La garanzia fideiussoria di cui al comma 1 è progressivamente svincolata a misura dell’avanzamento dell’esecuzione, nel limite massimo del 75 per cento dell’iniziale importo garantito. Lo svincolo, nei termini e per le entità anzidetti, è automatico, senza necessità di benestare del committente, con la sola condizione della preventiva consegna all’istituto garante, da parte dell’appaltatore o del concessionario, degli stati di avanzamento dei lavori o di analogo documento, in originale o in copia autentica, attestanti l’avvenuta esecuzione. L’ammontare residuo, pari al 25 per cento dell’iniziale importo garantito, è svincolato secondo la normativa vigente. Sono nulle le eventuali pattuizioni contrarie o in deroga. Il mancato svincolo nei quindici giorni dalla consegna degli stati di avanzamento o della documentazione analoga costituisce inadempimento del garante nei confronti dell’impresa per la quale la garanzia è prestata.
 
4. La mancata costituzione della garanzia di cui al comma 1 determina la revoca dell’affidamento e l’acquisizione della cauzione provvisoria di cui all’articolo 75 da parte della stazione appaltante, che aggiudica l’appalto o la concessione al concorrente che segue nella graduatoria.
 
5. La garanzia copre gli oneri per il mancato od inesatto adempimento e cessa di avere effetto solo alla data di emissione del certificato di collaudo provvisorio o del certificato di regolare esecuzione.
 
A cura di *************
 
 
Riportiamo qui di seguito la sentenza numero 2913 del 7 aprile 2008 emessa dal Tar Lazio, Roma
 
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
 
(Sezione Seconda Ter)
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
sul ricorso n. 6663/2007 proposto da ALFA s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’******************* nello studio del quale è elettivamente domiciliata in Roma, via L. Bissolati n. 54;
 
contro
 
il Comune di Anzio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. ************************ nello studio del quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via A. Bertoloni n. 26/B;
 
per l’annullamento
 
della deliberazione della Giunta comunale n. 64 dell’8 maggio 2007 avente ad oggetto “la risoluzione della convenzione di Rep. N. 2843 del 14 marzo 2007 tra il Comune di Anzio e ALFA s.r.l.”, con cui è stata disposta la risoluzione del contratto di cui alla convenzione n. 2843 del 14 marzo 2007;
di ogni altro atto connesso, presupposto e consequenziale
e per la condanna
 
del Comune di Anzio al risarcimento dei danni.
 
VISTO il ricorso con i relativi allegati;
 
VISTO l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Anzio;
 
VISTA la memoria prodotta dall’amministrazione resistente;
 
VISTI gli atti tutti della causa;
 
Nominato relatore alla pubblica udienza del 10 marzo 2008 il Primo Ref. *******************;
 
Uditi, ai preliminari, l’avv. Quarta per la ricorrente e l’avv. ***********, in sostituzione dell’avv. ***********, per il Comune resistente;
 
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
 
FATTO
 
In esito alla procedura di gara ad evidenza pubblica indetta dal Comune di Anzio, la ricorrente è risultata aggiudicataria del servizio di recupero crediti sulle quote iscritte a ruolo e dichiarate inesigibili dal concessionario relative ad entrate tributarie ed a violazioni del Codice della strada.
 
La convenzione è stata stipulata tra le parti in data 14 marzo 2007.
 
Successivamente, la stessa amministrazione, sul presupposto dell’irregolare costituzione della cauzione definitiva a garanzia dell’esecuzione del contratto, ha disposto, con deliberazione G.C. n. 64 dell’8 maggio 2007 (impugnata), la risoluzione della predetta convenzione stipulata il 14 marzo 2007.
 
Avverso tale atto, ed ogni altro a questo connesso, presupposto e conseguenziale, ha proposto impugnativa la società interessata, chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, e la condanna del Comune al risarcimento dei danni per i seguenti motivi:
 
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 113 del D.lgs n. 163/2006; violazione e falsa applicazione dell’art. 75 del D.lgs n. 385/1993; eccesso di potere per manifesta carenza di adeguata istruttoria.
 
La garanzia fideiussoria è stata rilasciata da soggetto iscritto nell’elenco speciale di cui all’art. 107 del D.lgs n. 385/1993 e ciò rispetta il disposto dell’art. 113 del D.lgs n. 163/06.
 
In ragione di ciò, l’amministrazione comunale non avrebbe potuto risolvere la convenzione per tale ragione;
 
2) violazione e falsa applicazione dell’art. 21 nonies della legge n. 15/2005; eccesso di potere.
 
Con la decisione di risolvere la predetta convenzione, il Comune resistente non ha valutato, come avrebbe dovuto in applicazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241/90, la sussistenza dell’interesse pubblico né lo ha contemperato con quello privato.
 
Ciò costituisce motivo di illegittimità del provvedimento impugnato.
 
Si è costituito in giudizio il Comune di Anzio il quale, dopo aver eccepito in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, ha comunque chiesto il rigetto del ricorso perché infondato nel merito.
 
Con ordinanza n. 4506/07, è stata respinta la domanda di sospensiva “apparendo – ad un primo sommario esame – fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione”.
 
In prossimità della trattazione del merito, la difesa comunale ha insistito per l’accoglimento dell’eccezione già sollevata alla quale, con nota in data 19 ottobre 2007, la ricorrente ha dichiarato di associarsi.
 
Alla pubblica udienza del 10 marzo 2008, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.   
 
DIRITTO
 
1. Risulta fondata l’eccezione di inammissibilità del gravame per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, come già rilevato, seppure in sede di cognizione sommaria, con l’ordinanza cautelare n. n. 4506/07.
 
Al riguardo, va precisato che, dalla deliberazione impugnata, risulta chiaro l’intento dell’amministrazione comunale ovvero di “risolvere il contratto di cui alla convenzione Rep. n. 2843 del 14 marzo 2007 per inadempimento contrattuale relativo alla mancata reintegrazione della Polizza fideiussoria a garanzia del buon espletamento del servizio rilasciata da Compagnia di assicurazione o Banca così come previsto dall’art. 113 del D.Lvo n. 163/2006”.
 
A fronte di tale chiara intenzione dell’amministrazione resistente, non sussistono margini per il giudice, in ossequio al principio “in claris non fit interpretatio”, di procedere ad un’eventuale riqualificazione in chiave provvedimentale della suddetta determinazione nel senso che dovrà essere il giudice dei rapporti paritetici (quello ordinario) a verificare la sussistenza, nel caso di specie, dei presupposti dell’inadempimento contrattuale, tali da giustificare la risoluzione del contratto.
 
Al riguardo, va infatti precisato che il contratto è stato stipulato in esito alla procedura concorsuale pubblica indetta dal Comune di Anzio per l’affidamento del servizio di recupero delle quote di entrate dichiarate inesigibili, il che comporta che le vicende successive alla stipula del relativo negozio hanno natura paritetica ed esulano dalla fase pubblicistica avente ad oggetto la procedura di affidamento, rimessa questa alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 6 della legge n. 205/2000.
 
Tale orientamento deve essere ribadito anche alla luce della recente pronuncia della Corte di Cassazione, SS.UU., 28 dicembre 2007 n. 27169 che, sebbene riferita ai rapporti tra annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto stipulato a valle della procedura selettiva, ha affermato un principio di carattere generale operante anche nel caso di specie ovvero che “gli artt. 6 e 7 della legge 205 del 2000, nel devolvere alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative alle procedure di affidamento di appalti pubblici di lavori, servizi e forniture, hanno riguardo alla sola fase pubblicistica dell’appalto (in essa compresi i provvedimenti di non ammissione alla gara o di esclusione dalla stessa), ma non si riferiscono alla successiva fase dell’esecuzione del rapporto, concernente i diritti e gli obblighi derivanti, per ciascuna delle parti, dal contratto stipulato successivamente agli atti di evidenza pubblica. In questa seconda fase resta operante la giurisdizione del giudice ordinario quale giudice dei diritti, cui spetta verificare la conformità alle norme positive delle regole attraverso le quali i contraenti hanno disciplinato i loro contrapposti interessi, e delle relative condotte attuative: a nulla rilevando che specifiche disposizioni legislative attribuiscano all’amministrazione committente la facoltà di incidere autoritativamente sul rapporto (e perfino di risolverlo), posto che detti atti amministrativi, non hanno natura provvedimentale e non cessano di operare nell’ambito delle paritetiche posizioni contrattuali (da ult., Cass. sez. un. 17829 e 17830/2007; 4427/2007; 4116/2007)”.
 
3. Ciò posto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.
 
In ragione di quanto sopra e vertendosi in ipotesi di lesione di diritti soggettivi, deve disporsi che la causa venga riassunta nei termini di legge presso il giudice ordinario competente per territorio.
 
Ciò in applicazione della sentenza della Corte costituzionale 12 marzo 2007, n. 77 la quale (inserendo, con pronuncia additiva, una modifica ordinamentale conforme ad un nuovo orientamento interpretativo, già espresso con sentenza della Corte di Cassazione, SS.UU, 22 febbraio 2007, n. 4109) ha introdotto la c.d. translatio iudicii dinanzi al giudice amministrativo per le domande proposte all’organo giudicante privo di giurisdizione (in particolare, il Giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 30 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 nella parte in cui non prevede che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione).
 
Per dare, tuttavia, esecuzione alla citata pronuncia della Corte costituzionale ed in attesa dell’intervento legislativo dalla stessa auspicato, occorre pertanto (come di recente precisato da Consiglio di Stato, sez. VI, 13 marzo 2008, n. 1059):
 
– rimettere le parti davanti al Giudice ordinario affinché dia luogo al processo di merito. Tale rimessione, invero, da un lato, evita “l’inaccettabile conseguenza di un processo, che si debba concludere con una sentenza che confermi soltanto la giurisdizione del giudice adito senza decidere sull’esistenza o meno della pretesa” (Cass., sez. un., n. 4109/2007), e, dall’altro, è funzionale alla riconosciuta esigenza di far salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda;
 
– precisare, in ogni caso, che sono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda. A tale precisazione non osta il fatto che sarà poi il Giudice ad quem a dover fare applicazione del principio della salvezza degli effetti;
 
– infine, onde evitare l’inconveniente di una azione sospesa sine die, e come tale sine die nella disponibilità assoluta di una delle parti, insieme alla precisazione della salvezza degli effetti, fissare un termine entro cui tale salvezza opera (il che conferma ulteriormente che la sentenza che declina la giurisdizione debba contenere la dichiarazione della salvezza degli effetti, anche al fine di delimitarne la durata).
 
Ciò posto, ai fini dell’individuazione di tale termine, la giurisprudenza (cit. Cons. St, sez. VI, n. 1059/2008 e TAR Campania, sez. VIII, 11 marzo 2008, n. 1207) sta ricorrendo all’applicazione analogica dell’art. 50 c.p.c., sul presupposto che, con l’affermazione del principio della translatio anche tra diverse giurisdizioni (e non solo tra diversi giudici appartenenti allo stesso plesso giurisdizionale), il difetto di giurisdizione presenta aspetti analoghi al difetto di competenza del giudice adito.
 
L’art. 50 c.p.c. prevede che sia lo stesso giudice che si dichiara incompetente a fissare il termine per la riassunzione davanti al giudice ritenuto competente; in mancanza di tale indicazione, il termine per la riassunzione è di sei mesi dalla comunicazione della sentenza.
 
Il Collegio, applicando la norma di rito da ultimo citata, fissa il termine per la riassunzione davanti al giudice ordinario – entro il quale sono salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda – in sei mesi decorrenti dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza.
 
Alla luce delle considerazioni che precedono, sono quindi dichiarati salvi gli effetti sostanziali e processuali della domanda e si fissa il termine di sei mesi dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza, per la riassunzione davanti al giudice ordinario.
 
4. Sussistono, comunque, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. Seconda Ter, dichiara inammissibile il ricorso in epigrafe.
 
Rimette le parti davanti al giudice ordinario, fissando per la riassunzione della causa il termine di mesi sei dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della presente sentenza.
 
Compensa integralmente tra le parti le spese del giudizio.
 
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 10 marzo 2008, con l’intervento dei magistrati:
 
******************* – Presidente f.f.
 
*************è – Componente
 
******************* – Componente est.
 
 

Lazzini Sonia

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