Protezione civile e sicurezza sul lavoro

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Con il D.P.C.M. 28 novembre 2011, n. 231 è stato emanato il Regolamento di attuazione dell’articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, recante “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, relativamente all’individuazione delle particolari esigenze connesse all’espletamento delle attività del Dipartimento della protezione civile.

 

1. Premessa

E’ stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 32 del 08/02/2012 il D.P.C.M. 28 novembre 2011, n. 231, che, in analogia con quanto sta avvenendo per i volontari, disciplina, per i dipendenti della Protezione Civile impiegabili in scenari emergenziali, i criteri di formazione, informazione ed utilizzo dei DPI in presenza di scenari dall’evoluzione non prevedibile.

Il decreto, infatti, stabilisce che le finalità di protezione e tutela della salute e della sicurezza del personale della Protezione Civile sono perseguite attraverso:

a) corsi di formazione impartiti da docenti in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente, appartenenti ad enti, amministrazioni, istituti di formazione competenti in materia di sicurezza, scenari di rischio e comportamenti di autotutela e autoprotezione, affinchè sia assicurata la capacità di iniziativa, consapevole della natura e quantità dei pericoli connessi alla specificità dell’attività svolta;

b) attività divulgativa e informativa sulle disposizioni interne;

c) attività addestrative periodiche;

d) sorveglianza sanitaria;

e) utilizzo dei dispositivi.

 

2. Formazione

Il datore di lavoro è costituito garante della incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro ed è tenuto, in quanto tale, a pretendere che i singoli lavoratori osservino le norme di sicurezza usando i mezzi di protezione messi a loro disposizione. In quanto tale egli risponde, pertanto, del delitto di lesioni colpose per i danni derivati ai prestatori di lavoro qualora riconducibili – Trib. Trento, 25 gennaio 2011, in www.diritto.it – all’omessa informazione in merito al rischio connesso all’attività lavorativa, ovvero alla mancata adozione degli strumenti necessari per lo svolgimento dell’attività medesima. In base a tale principio espresso dalla giurisprudenza recente, il D.P.C.M. 231/2011 prevede che al datore di lavoro incombe l’obbligo di formazione, informazione ed addestramento sul corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, nonchè il controllo della loro conformità. Incombe inoltre al datore di lavoro l’accertamento dell’idoneità del personale abilitato all’uso ed alla conduzione degli automezzi di servizio del Dipartimento della protezione civile. Va ricordato che una diligente formazione ed informazione non dispensa il datore di lavoro dagli obblighi di controllo e vigilanza affinché il lavoratore, soprattutto se poco esperto perché apprendista, non corra il rischio di eventi lesivi. È infatti il datore di lavoro che, quale responsabile della sicurezza del lavoro, deve operare – Cass. pen., Sez. IV, 8 ottobre 2008, n. 39888, in Cass. pen., 2008 – un controllo continuo e pressante per imporre che i lavoratori rispettino la normativa e sfuggano alla tentazione, sempre presente, di sottrarvisi anche instaurando prassi di lavoro non corrette.

 

3. Medico competente 

Il D.P.C.M. in esame stabilisce che le funzioni di Medico competente sono svolte dal Medico competente presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in possesso dei titoli e requisiti di cui all’art. 38 del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e successive modificazioni ed integrazioni.

Quando per lo svolgimento di specifici accertamenti medico-clinici, strumentali e di laboratorio relativi all’attività di sorveglianza sanitaria sia richiesta una specializzazione di cui il personale non sia in possesso, gli accertamenti stessi sono svolti, mediante convenzione, da medici aventi la specializzazione richiesta o da strutture sanitarie qualificate.

Nei casi emergenziali, la comunicazione degli infortuni sul lavoro viene inoltrata all’Autorità competente ai sensi della normativa vigente.

 

4. DPI

Il datore di lavoro – precisa l’art. 7 del D.P.C.M. 231/2011 – è tenuto a garantire la sicurezza del lavoratore sul luogo di lavoro, informandolo e formandolo sui rischi dell’attività svolta e fornendogli tutti i dispositivi necessari per la sua protezione. La prassi secondo cui il lavoratore esperto e pratico non utilizza – Trib. Massa, 20 aprile 2002, in Riv. Pen., 2002, p. 585 – responsabilità per comportamento omissivo, in quanto non abbia adottato provvedimenti nei confronti del comportamento negligente del lavoratore e non abbia predisposto qualche altro dispositivo di sicurezza più adatto allo scopo. Inoltre, non sono dispositivi di protezione individuale (D.P.I.) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore, come ribadito anche dall’art. 74 del D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche. E’ stato evidenziato che solo per gli indumenti di protezione, aventi lo specifico scopo di prevenire l’insorgenza o il diffondersi di infezioni, sussiste – Trib. Torino, Sez. lav., 3 agosto 2009, in www.diritto.it – un obbligo di lavaggio in quanto indispensabile per mantenere gli indumenti in stato di efficienza, con la conseguenza che un lavoratore può rivendicare il diritto di vedersi rifondere il costo della manutenzione del vestiario solo dopo avere dedotto in modo chiaro che il vestiario da lui lavato, stirato e rassettato rientra fra i c.d. dispositivi di protezione individuale.

 

5. Documento di valutazione dei rischi

La valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori e di elaborazione del relativo documento grava – art. 8 del D.P.C.M. 231/2011 – sul datore di lavoro, il quale ha l’obbligo di osservare e di far osservare – Cass. pen., Sez. IV, 19 giugno 2008, n. 40783, in Cass. Pen., 2008  – sia le specifiche disposizioni per la prevenzione degli infortuni, sia le generiche norme di comune prudenza, diligenza e perizia e di impedire operazioni rischiose e non conformi alle mansioni affidate ai lavoratori. Da una lettura sistematica dell’art. 8 del D.P.C.M. 231/2001 appare evidente che il datore di lavoro, rivestendo la posizione di garante della sicurezza, ha sempre e comunque un obbligo giuridico sia di valutazione dei rischi dell’ambiente di lavoro e di predisposizione delle misure protettive adeguate, sia di informazione verso i dipendenti e gli organi di vigilanza dei rischi rilevati attraverso la predisposizione di un apposito elaborato che, nel caso di impresa di modeste dimensioni, si riduce ad una mera autocertificazione da inoltrare al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Tale obbligo valutazione del rischio e di documentazione ed informazione è sanzionato penalmente. Non viola l’obbligo di redigere il documento di valutazione dei rischi il datore di lavoro che assuma come proprie le valutazioni dei rischi redatte da un professionista specializzato in materia, poiché le relative misure di prevenzione – Trib. Novara, 18 ottobre 2006, in www.novaraIUS.it, 2007 – sono a lui attribuibili sotto il profilo della responsabilità. Neppure può ritenersi privo di un contenuto minimo adeguato alle situazioni di rischio presenti sul luogo di lavoro quel piano di valutazione che indichi in maniera schematica le realtà operative considerate, il numero dei soggetti esposti ai rischi, i criteri di valutazione adottati nonché gli interventi che si sono resi necessari.

 

 

Rocchina Staiano
Avvocato, Docente in Medicina del Lavoro ed in Tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro all’Univ. Teramo; Docente in vari corsi di alta formazione e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010

Staiano Rocchina

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