Proposte di riforma concorrenziale dell’Antitrust ai fini della Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza

Redazione 11/07/14
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Anna Costagliola

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in adempimento a quanto prescritto dall’art. 47, co. 2, della L. 23 luglio 2009, n. 99, ha inviato la propria segnalazione al Governo e al Parlamento, ai fini della predisposizione del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza del 2014.

La segnalazione rappresenta il contributo tecnico dell’Autorità ai soggetti istituzionali, appunto Governo e Parlamento, chiamati a compiere le scelte di politica economica, nell’individuare le misure ritenute utili per il necessario processo di rinnovamento dell’economia.

Con la detta segnalazione, l’Autorità intende offrire il proprio contributo al processo di rinnovamento dell’economia individuando puntuali proposte di riforma volte a rafforzare la concorrenza e la produttività nei mercati di beni e servizi e a superare le strozzature infrastrutturali ancora esistenti.

Al di là delle specifiche proposte che riguardano i diversi settori dell’economia, l’Autorità evidenzia come il successo di qualsiasi progetto di riforma strutturale dei mercati richieda comunque una salda unità di intenti e l’impegno congiunto di tutte le amministrazioni, sia centrali che locali. In detta prospettiva, l’Autorità auspica che le specifiche proposte di riforma indicate possano esser tenute in adeguata considerazione al fine della predisposizione del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza, e contribuire al rafforzamento strutturale dell’economia italiana promuovendo le dinamiche competitive e l’efficienza dei mercati.

In particolare, quanto al settore di servizi professionali, l’Autorità indica come obiettivo prioritario quello di rimuovere le disposizioni determinanti limitazioni della concorrenza nell’esercizio della professione forense che sono state introdotte dalla L. 247/2012 ed al contempo eliminare le ingiustificate disparità di trattamento rispetto alla disciplina generale delle altre professioni ordinistiche, contenuta nel d.P.R. 137/2012, segnatamente in materia di compensi e pubblicità dei servizi professionali. A tal fine si propone di:

a) eliminare la previsione per cui l’attività di consulenza e assistenza legale stragiudiziale è di competenza degli avvocati, al ricorrere dei presupposti previsti.

La nuova disciplina prevede infatti che l’attività di consulenza legale e l’assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all’attività giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di competenza degli avvocati (art. 2, co. 6). Tale previsione, sebbene non preveda un ambito di riserva formale, non solo suscita significativi dubbi interpretativi, ma reintroduce in modo surrettizio la definizione di un ambito di attività di competenza esclusiva degli avvocati. Si osserva, invece, come tali attività possono essere efficacemente svolte anche da altri professionisti, (come peraltro attualmente accade ad esempio in materia contabile, tributaria o amministrativa) in grado di fornire i diversi servizi richiesti secondo standard che il mercato stesso valuta, allo stato, come accettabili. L’estensione degli ambiti di riserva in questione non sembra, pertanto, poter trovare la propria giustificazione nell’esigenza di soddisfare l’interesse generale ad un’adeguata tutela agli assistiti;

b) rimuovere il vincolo del domicilio dell’avvocato presso la sede dell’associazione e il limite di partecipazione ad una sola associazione.

Si rileva come la riforma in questione, introducendo l’obbligo, per l’avvocato associato, del domicilio professionale presso la sede dell’associazione, limita lo sviluppo delle associazioni multidisciplinari tra professionisti che esercitano la propria attività in ambiti territoriali diversi (art. 4). Allo stesso modo, il divieto di partecipazione a più di un’associazione costituisce una restrizione ingiustificata della libertà di iniziativa economica;

c) introdurre la possibilità di costituzione di società multidisciplinari e ammettere la partecipazione di soci di capitali.

Particolarmente problematiche appaiono le previsioni relative all’esercizio della professione forense in forma societaria (art. 5), le quali, nonostante il mancato esercizio della delega da parte del Governo, rimangono comunque in evidente contrasto con la disciplina generale in materia di società fra professionisti, di cui alla L. 183/2011, che invece consente la costituzione di società per l’esercizio di attività professionali, anche multidisciplinari, con la presenza di soci di capitale non professionisti, nella misura massima di 1/3 dei conferimenti;

d) prevedere espressamente la pubblicità dei compensi per le prestazioni professionali ed eliminare le altre disparità di trattamento con le altre professioni.

Ulteriori restrizioni all’esercizio dell’attività degli avvocati sono contenute nell’art. 10 del nuovo ordinamento forense il quale introduce in materia di pubblicità una disciplina speciale per gli avvocati in contrasto con quella prevista per la generalità dei professionisti dall’art. 4 del d.P.R. 137/2012. Infatti, il divieto di pubblicità “comparativa” e “suggestiva” (art. 10, co. 2) non appare sorretto da alcun motivo di interesse generale o giustificato da specificità proprie dell’attività forense rispetto a quelle delle altre professioni intellettuali. Inoltre, l’art. 10, al co. 1, a differenza di quanto disposto dall’art. 4, co. 1, del d.P.R. 137/2012, non menziona espressamente “i compensi richiesti per le prestazioni” quale elemento che può formare oggetto di pubblicità da parte degli avvocati. Il silenzio legislativo su tale punto potrebbe essere interpretato strumentalmente dagli ordini circondariali con l’obiettivo di precludere al professionista di pubblicizzare la componente economica della propria prestazione;

e) eliminare l’obbligo di fornire il preventivo solo “a richiesta” del cliente.

Diversi aspetti di criticità dal punto di vista concorrenziale sono riscontrati nella rimozione dell’obbligo di fornire il preventivo, previsto dall’art. 9, co. 4, del d.l. 1/2012, come modificato dalla legge di conversione 27/2012, ora rilasciato solo “a richiesta” del cliente (art. 13, co. 5). Si osserva sul punto che gli avvocati dovrebbero essere soggetti ai medesimi vincoli di trasparenza in merito ai compensi gravanti sulla generalità dei professionisti, fornendo quindi il preventivo di massima senza bisogno di una specifica richiesta del cliente a tal fine;

f) abrogare i parametri stabiliti con D.M. 55/2014 e la possibilità del loro utilizzo per determinare il compenso dell’avvocato, in caso di mancato accordo con il cliente.

Quanto al profilo relativo ai parametri forensi, la L. 247/2012 prevede che, in caso di mancato accordo tra cliente e avvocato, il compenso è determinato utilizzando i parametri stabiliti ogni due anni con decreto del Ministro della giustizia sentito il CNF (art. 13, co. 6), così attribuendo un ruolo di primo piano all’ente rappresentativo della categoria. Inoltre, la legge sull’ordinamento forense, a differenza che per la generalità delle professioni, per la quale i parametri si applicano esclusivamente per la liquidazione del compenso da parte di un organo giurisdizionale, prevede l’applicazione di quelli dettati per gli avvocati anche fuori dai casi di liquidazione giudiziale del compenso, ovvero anche nell’ambito dei rapporti tra cliente e avvocato, in caso di mancata determinazione consensuale del compenso tra le parti. Di fatto, quindi, i parametri forensi si prestano a svolgere lo stesso ruolo delle precedenti “tariffe”, abrogate dalle misure di liberalizzazione di cui all’art. 9 del d.l. 1/2012 per l’insieme delle professioni regolamentate;

g) rimuovere il divieto di pattuire compensi pro quota lite; eliminare ogni ruolo degli ordini circondariali nella determinazione del compenso nelle controversie tra clienti e avvocati.

Si osserva al riguardo come  la reintroduzione del divieto di pattuire compensi consistenti, in tutto o in parte, in una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa (art. 13, co. 4), già abrogato dalla riforma Bersani, si ponga in contrasto con quanto stabilito circa la libertà nella determinazione del compenso professionale. Quanto all’attribuzione agli ordini circondariali della funzione di conciliatori nelle controversie tra clienti e avvocati in materia di determinazione del compenso, si suggerisce, onde evitare un palese conflitto di interessi, di evitare qualsiasi coinvolgimento degli stessi, lasciando all’autorità giudiziaria il compito di verificare, qualora sorga un contenzioso in merito al compenso richiesto dal professionista, la fondatezza delle pretese avanzate;

h) rimuovere il regime di incompatibilità, prevedendo, al contempo, obblighi di astensione dalle attività in conflitto.

Da ultimo, a fronte di un regime di incompatibilità molto stringente con lo svolgimento di qualsiasi attività di lavoro autonomo o dipendente part-time, nonché con l’assunzione di cariche sociali, si suggerisce di risolvere eventuali situazioni di conflitto di interessi derivanti dallo svolgimento di altre attività mediante la previsione di specifici obblighi di astensione dallo svolgimento delle attività in conflitto.

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