Profili di tipicita’ nella tutela della liberta’ psico-fisica e del pudore sessuale: Revenge porn

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Sommario: Abstract; Riferimenti normativi; 1. Introduzione; 2. La tipicità dell’art. 600 ter cp.; 3. Segue: la tipicità dell’art. 600 ter cp. ed i suoi rapporti con la tipicità dell’art. 600 quater cp.; 4. Ancora: i rapporti tra la tipicità degli artt. 600 ter e 600 quater cp e la tipicità del nuovo “revenge porn”; 5. Riflessioni conclusive; Riferimenti bibliografici.

 

Il presente contributo si prefigge l’obiettivo di porre l’accento, in sintesi, sulle principali tecniche di tutela dell’aspetto esteriore della persona nella società moderna, esaminando, a tal fine, alcuni profili inerenti alla tipicità degli artt. 600 ter, 600 quater e 612 ter cp anche alla luce dei principali orientamenti giurisprudenziali;

 

Art. 600 ter cp. – È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque: 1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico; 2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto. Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164. Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000. Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali;

Art. 600 quater cp. – Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell’articolo 600 ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa non inferiore a euro 1.549. La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità;

Art. 612 ter cp. – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento. La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.

  1. Introduzione.

La sfera del pudore sessuale ed, in particolare, la protezione dell’aspetto fisico e della integrità più intima della persona sono oggetto da sempre di profonda attenzione da parte del nostro ordinamento giuridico, anche quando il bene giuridico tutelato dalle norme incriminatrici che possono venire in considerazione ha una portata applicativa lievemente diversa sia per ratio legislativa primaria sia per collocazione sistematica. Basti pensare al fatto che, per giurisprudenza costante, integra il delitto di violenza privata di cui all’art. 610 cp., norma posta a protezione, in verità, della libertà morale in generale, chi scopre la nudità altrui, senza che sussistano esigenze terapeutiche, quando la persona che subisce l’atto di violenza è una persona che versa in condizioni di incapacità psicofisica (così, ex multis, Cassazione Penale, Sez. V, 7 marzo 2013, n. 28280). Il livello di protezione diviene più specifico sotto il profilo del bene giuridico tutelato e si innalza, in alcuni casi anche sotto il profilo della forbice edittale, quando si tratta di soggetti che intrecciano con “l’aggressore” o, meglio, con la persona a cui l’aspetto fisico viene mostrato, delle relazioni affettive o, ancora, quando l’immagine intima viene prodotta mediante lo sfruttamento di minori di anni 18. Ci si riferisce, scendendo ancora di più nel dettaglio, alle situazioni in cui l’aspetto fisico viene “mostrato” a mezzo di conversazioni contenenti foto sessualmente esplicite o in atteggiamenti intimi che sarebbe preferibile restassero riservate e che, invece, finiscono con il circolare in rete/via chat messenger/mms: si tratta delle, sempre più frequenti nell’era digitale, cd. attività di sexting secondario – cui si ricollega il recente reato di revenge porn – e che si contrappongono alle attività di sexting primario.  Si definisce “sexting primario” la pratica “di coppia” consistente nell’inviare consensualmente all’altra persona nell’ambito di un rapporto privato (che tale deve restare), una propria fotografia intima; si definisce, per contro, “sexting secondario” la pratica consistente nel mettere in circolazione una determinata immagine intima portandola alla vista di altri soggetti (sulla definizione di sexting primario e secondario si veda anche: Malaika Bianchi, Il “sexting minorile” non è più reato? – Riflessioni a margine di Cass. Pen., Sez. III, 21.3.2016, n. 11675, in Riv. Diritto Penale Contemporaneo). La prima pratica tanto per gli adulti quanto per i minori (sia pure con le dovute interferenze, da valutare caso per caso, dettate, a titolo esemplificativo e non esaustivo, dal combinato disposto degli artt. 609 quater cp. e 609 bis cp. ivi richiamato) è consentita. La seconda, per contro, no. Ed anzi, cambia volto e diventa foriera di interessanti e nuovi intrecci tra norme a seconda che il soggetto passivo del reato (persona offesa ed anche danneggiata dal reato) sia adulto o minore di anni 18.

  1. La tipicità dell’art. 600 ter cp.

Partendo dalle ipotesi che interessano il minore e, dunque, esaminando più nel dettaglio la fattispecie di cui all’art. 600 ter cp., rubricato pornografia minorile e qualificato dall’orientamento maggioritario, coerentemente con l’incipit dell’indagine, come reato plurioffensivo (libertà psicofisica in primis, ma anche senso del pudore sessuale collettivo), si può porre l’accento sulle condotte di “strumentalizzazione” della nudità del minore (la norma parla di reclutamento/induzione a partecipare ad esibizioni o spettacoli pornografici, ma, e per quel che interessa realmente ai fini della predetta indagine, la quale ha un ambito applicativo necessariamente limitato, si riferisce anche più genericamente alle attività di “produzione di materiale pornografico”). Il termine “strumentalizzazione” non è casuale: qualsiasi dizionario consente agevolmente di chiarire che strumentalizzare significa sfruttare, usare qualcosa o qualcuno per i propri fini. Si tratta, dunque, di una ipotesi delittuosa che richiede, volendo fornire una interpretazione condotta secondo il criterio letterale, una alterità soggettiva tra soggetto strumentalizzato e soggetto “strumentalizzatore” perché possa essere integrata la tipicità (sul concetto di “utilizzazione del minore”: Trib. Firenze, GIP Cipriani, 27 gennaio 2015 (dep. 10 febbraio 2015), n. 163; sulle “origini storiche” della normativa in esame e sul rilievo del consenso della persona raffigurata ai fini della distinzione tra sexting primario e sexting secondario prima della introduzione dell’art. 612 ter cp.: Raffaella Baroni, Brevi riflessioni sul sexting, sul concetto di “utilizzazione del minore”, sulla diffusione di materiale pedopornografico consensualmente prodotto, Sez. Dalle Corti, in Riv. Parola alla difesa, pp. 145- 158). Occorre, in altri termini, che lo scatto intimo sia stato predisposto materialmente dall’aggressore che, così facendo, “ritrae il minore in atteggiamento sessualmente esplicito” e non dal minore stesso che “auto-produce” una foto intima. La tipicità, volendo provare ad esemplificare e seguendo questa impostazione prevalente, è la stessa dell’art. 579 cp., rubricato omicidio del consenziente, rispetto all’art. 580 cp.: nell’art. 579 cp. come nell’art. 600 ter cp., non è la persona che perde la vita a porre in essere la condotta materiale interruttiva delle funzioni vitali (cosa che accade, invece, nell’art. 580 cp., seppur con l’agevolazione di altri), bensì un terzo soggetto. Tale precisazione consente di chiarire meglio il senso dell’art. 600 ter cp. comma secondo e comma terzo. Il comma secondo dispone che alla stessa pena soggiace chi fa “commercio” del materiale pornografico “di cui al primo comma”. Il comma terzo, ancora e nei limiti di ciò che interessa ai fini della presente indagine, punisce chi, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico “di cui al primo comma”. Il costante rinvio al comma primo induce ad asserire che l’intera fattispecie non possa essere integrata qualora si verta nel terreno delle attività di autoproduzione del materiale da parte dello stesso minore. Attività che, nella maggior parte delle ipotesi, tendono a rientrare nel sexting primario che, come detto, non è punibile (in questi termini, Cass. Pen., Sez. III, 18 Febbraio 2016, n. 11675, con particolare riferimento ai § 7 ed 8). La giurisprudenza, infatti, ha avuto modo a più riprese di chiarire che perché possa essere integrato il delitto di pornografia predisposto all’art. 600 ter cp. la condotta del soggetto attivo del reato deve essere atta ad ingenerare il concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico, pertanto la norma non è in grado di ricomprendere situazioni fattuali in cui il materiale illecito sia destinato a restare nella sfera cognitiva dell’autore del reato, cosicché si considera integrata la condotta di diffusione solamente se si verifica la pubblicazione delle immagini intime mediante social network come “facebook” (ex multis, Cass. 16340 del 2015), e non anche nell’ipotesi in cui, invero, l’immagine resti in una chat privata tra minore, che magari anche auto-produce, e soggetto terzo che visiona. Soffermando ancora l’attenzione sulla tipicità del primo comma dell’art. 600 ter cp., si possono provare a svolgere anche ulteriori precisazioni.

  1. Segue: la tipicità dell’art. 600 ter cp. ed i suoi rapporti con la tipicità dell’art. 600 quater cp.

Il fatto tipico di cui al poc’anzi richiamato articolo può essere meglio compreso rapportandolo alla tipicità di cui all’art. 600 quater cp., che rappresenta una ipotesi di fattispecie mista alternativa. Più precisamente, sarebbe possibile affermare che solamente il primo comma dell’art. 600 ter cp. – in verità, tenendo a mente tutte le considerazioni precedentemente esposte, l’intero art. 600 ter cp. (si rinvia nuovamente a: Cass. Pen., Sez. III, 18 Febbraio 2016, n. 11675) – presupponga che il “fotografo” sia “l’aggressore” e non il minore stesso che produce un autoscatto. L’art. 600 quater cp., per contro, utilizzando l’espressione “si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori”, potrebbe riferirsi anche alle ipotesi in cui le fotografie o i video siano stati realizzati, in origine, dal minore che ha fatto un autoscatto/filmino il quale viene poi “detenuto” da un terzo, con il quale il minore non ha una relazione e senza il suo consenso. Pur essendoci un “autoscatto”, la circostanza secondo la quale la nudità del minore venga mostrata ad un terzo estraneo il quale non “diffonde” in chat l’immagine ma comunque la “detiene” può ugualmente essere idoneo ad integrare gli estremi del 600 quater cp. (La tematica non è affatto pacifica e si presta alla censura della carenza di “utilizzazione” del minore, che normalmente viene ravvisata nella condotta di chi sfrutta l’aspetto fisico ritraendolo. Infatti, contra: Cass. Pen., Sez. III, 18 Febbraio 2016, n. 11675, con particolare riferimento alla lettura combinata dei § 6 e 9; Cass. Pen., Sez. III, n. 16616 del 2019 – 25/03/2019; interessante sul tema, anche per la ricostruzione storica fornita, Cass. Pen., SSUU, n. 51815 del 2018, del 31/05/2018 – dep. 15/11/2018, in www.italgiure.giustizia.it, con particolare riferimento al § 3.1 della sentenza; sulla cd. “detenzione accidentale”, che, invece, consente di trarre argomentazioni a favore della ricostruzione fornita: Cass. Pen., Sez. III, n. 45633 del 2015, Ud. 22/10/2015. Il caso riguardava una ipotesi di inserimento nell’hard disk del computer di foto pedopornografiche frutto di una “accidentale ricerca su internet”, la quale, per ciò solo, prescinde dalla ricerca delle origini degli scatti intimi. Ancora sul tema, Corte d’Appello di Milano, 12 Marzo 2014, secondo la quale si escluderebbe la configurabilità dell’art. 600 quater cp. in caso di materiale consegnato “consensualmente” da un minore che ha autoprodotto ad un’altra persona. Argomentando a contrario, l’assenza del consenso potrebbe essere considerata sufficiente alla integrazione della tipicità del delitto, senza incorrere in censure volte ad individuare un quid pluris rispetto ad mera attività di interpretazione). L’ipotesi che si è provato a paventare trae fondamento da un orientamento dottrinale e giurisprudenziale insorto in relazione ai rapporti tra i vari commi di cui all’art. 600 ter cp. – ed al quale non si è inteso aderire nella ricostruzione precedente – a mente del quale solamente il primo comma della predetta norma richiederebbe obbligatoriamente l’alterità soggettiva (l’etero-scatto) mentre, per contro, i successivi commi potrebbero essere integrati anche senza tale specifico requisito. E, conseguentemente, anche l’art. 600 quater cp. potrebbe riferirsi all’autoscatto, laddove il caso concreto non possa essere inserito tra le ipotesi di sexting primario e sia categoricamente esclusa l’applicazione dell’art. 600 ter cp. (Sul tema ed in modo molto esaustivo sulle diverse posizioni emerse nel dibattito circa l’esigenza dell’auto o etero scatto nei diversi commi dell’art. 600 ter cp.: Malaika Bianchi, op. cit., in particolare p. 19 e ss.; sul tema anche Annalisa Verza, Sulla struttura speculare ed opposta di due modelli di abuso pedopornografico – Considerazioni sociologiche e giuridiche a margine di una recente sentenza in materia, in Riv. Diritto Penale Contemporaneo, con particolare riferimento ai § 4 e 6.). La tesi della scissione tra comma primo e altri commi dell’art. 600 ter cp., tuttavia, ha da sempre manifestato il limite consistente nel rendere eccessivamente frammentaria (più di quanto già non lo sia il diritto penale in sé) la tipicità della singola norma. Pertanto, si potrebbe provare ad asserire quanto segue: a. l’intera fattispecie di cui all’art. 600 ter cp. richiede l’attività di etero-produzione, come a più riprese indicato, e non solamente il primo comma; b. l’autoproduzione “detenuta” e non rientrante nel sexting primario potrebbe acquisire rilievo in relazione all’art. 600 quater cp. in ragione della sua funzione di norma di chiusura. Il comma primo di cui all’art. 600 ter cp., al di là delle possibili teorie ed elaborazioni fornite, ha una portata, secondo orientamento ormai consolidato, più specifica rispetto a quella del successivo articolo (600 quater cp.), il quale, conseguentemente e necessariamente, si presenta come “fattispecie residuale”. La giurisprudenza, infatti, ha avuto modo di chiarire che non sussiste concorso di reati tra la detenzione di materiale pornografico e la pornografia minorile poiché l’art. 600 quater cp. contiene in apertura una clausola di riserva che implica l’applicazione del solo art. 600 ter cp., dal momento che, rispetto ad esso, la detenzione di materiale pornografico rappresenta solamente una ipotesi di post-factum non punibile (in questi termini Cassazione n. 22454 del 2013; in termini lievemente diversi Cass., sez. III, 10 Luglio 2008 – 23 Settembre 2008, n. 363364. In questa occasione i supremi giudici ebbero modo di precisare che è configurabile solamente il concorso formale di reati tra il delitto di detenzione di materiale pedopornografico e quello di divulgazione di notizie finalizzate allo sfruttamento di minori – art. 600 ter comma terzo secondo periodo cp. – mentre non è ammesso il concorso tra il delitto di cessione di materiale pedopornografico – la giurisprudenza ritiene che si ci possa riferire in tal senso principalmente all’art. 600 ter comma quarto cp., benché il termine non sia univoco – e quello di detenzione dello stesso materiale. Ciò in quanto la tipicità della detenzione rappresenterebbe esclusivamente antefatto non punibile rispetto alla tipicità della cessione). Ancora ed, in via conclusiva, si potrebbe ritenere, come è stato fatto da un filone giurisprudenziale, che tutte le fattispecie, ivi compreso l’art. 600 quater cp. presuppongano sempre e solo l’etero scatto argomentando dalla considerazione secondo la quale l’autoproduzione difetterebbe dell’elemento della “strumentalizzazione” del minore (richiesto anche dall’art. 600 quater, il cui testo, non a caso, reca oggi il termine “utilizzare”), con la conseguenza che le ipotesi di autoscatto non dovrebbero essere idonee neanche a configurare la condotta di detenzione da parte del terzo. Tuttavia, tale visione, come è stato spesso sostenuto, rischia di lasciare scoperte alcune “zone di rischio” che non sempre possono essere fatte rientrare nell’ambito del sexting primario, pertanto, almeno su un piano strettamente teorico, presta il fianco a molteplici obiezioni. Tutte le complessive considerazioni sin qui svolte, inerenti il rapporto tra i delitti di detenzione di materiale pornografico e pornografia minorile, ancora, potrebbero portare a ritenere che solamente la prima ipotesi, quella dell’art. 600 ter cp., rispecchi di più la generale descrizione del sexting secondario. La giurisprudenza (si guardi, a tal fine, la sentenza n. 43414 del 2010 – dep. 07/12/2010) ha chiarito che la configurabilità del reato di detenzione di materiale pedopornografico (art. 600 quater cp.) non può considerarsi esclusa dalla circostanza che il materiale stesso sia stato prodotto, almeno in origine, con il consenso del minore (il quale, specie nella fascia di età non superiore ai 14 anni, non è mai considerato pienamente capace di autodeterminarsi). Si potrebbe provare ad affermare, con molte cautele, che solamente la prima ipotesi potrebbe, pertanto, rispecchiare di più il rapporto “aggressore/minore”, dal momento che presuppone sempre un etero scatto e non un autoscatto, che, per contro, si è, alla fine ed almeno in questa limitata indagine, ritenuto, in presenza di alcune circostanze, sufficiente ad integrare gli estremi della sola detenzione. Tuttavia tale conclusione collide con la ratio complessiva che ha ispirato il legislatore, il quale, invece, nel voler attribuire all’art. 600 quater cp. la valenza di norma di chiusura, di norma residuale, ha implicitamente inteso estendere anche ad essa la valenza di norma cautelativa delle situazioni di sexting secondario. In altri termini, l’art. 600 quater cp. funge da strumento per riuscire ad “incriminare” quelle condotte che non riescono ad entrare nella tipicità dell’art. 600 ter cp. La norma, infatti, e per accolto orientamento giurisprudenziale, si applica ogniqualvolta si possa escludere la tipicità di ciascuna delle ipotesi contemplate dal delitto di pornografia minorile. A conferma di tale assunto si pone quella giurisprudenza che giustifica l’incriminazione delle condotte di detenzione del materiale pedopornografico in base alla loro ratio di <<ultimo anello della catena di variegate condotte antigiuridiche di lesività decrescente>>.Così Cassazione Penale, 16 maggio 2014, n. 29429.

  1. Ancora: i rapporti tra la tipicità degli artt. 600 ter e 600 quater cp e la tipicità del nuovo “revenge porn”.

La dimensione protettiva fin qui descritta, fino a poco tempo fa, “terminava” (termine improprio perché la parte speciale è ricca di ipotesi applicative) con il raggiungimento della maggiore età. Con l’introduzione della legge del 19 Luglio 2019, n. 69, tuttavia ed in epoca posteriore rispetto a quanto accaduto in altri Paesi, si è inteso dare rilievo anche alla pratica consistente nella fattispecie di diffusione illecita di immagini e video sessualmente espliciti posti in essere da soggetti adulti al fine di proteggere onore e decoro sessuale da atti più che altro vendicativi. Prima della introduzione dell’art. 612 ter cp. ed in mancanza di una norma ad hoc che fosse disposta ad incriminare in modo specifico la condotta di sexting secondario “adulto” (in cui la persona offesa ha una età superiore o uguale ai 18 anni), si rendeva necessario riqualificare il fatto come violenza privata, stalking o diffamazione, violazione della privacy, o, ancora e nella peggiore delle ipotesi, laddove la lesione della reputazione e del decoro sessuale si fosse tradotta in una lesione dell’integrità psicofisica della persona, in una lesione personale ex art. 582 cp. La norma, dunque, ha il pregio di racchiudere in sé la tipicità di più condotte delittuose in una sola fattispecie che protegge, così facendo, la sfera più intima della persona. Evidenziati tali aspetti, ci si può chiedere se la nuova incriminazione possa, in qualche modo, intrecciarsi con l’art. 600 ter cp. (per come distinto dall’art. 600 quater cp.). La norma, al primo comma, si è detto che si ricollega, per giurisprudenza costante, alle ipotesi di etero-produzione della fotografia o del video. Ebbene, la fattispecie di revenge porn, utilizzando i termini “realizzati o sottratti”, si presta a riferirsi alla stessa circostanza delittuosa del primo comma del reato di pornografia minorile (la fattispecie, inoltre, non richiede coincidenza tra l’autore del reato e l’autore delle riprese). Si può, pertanto, ritenere che la linea di confine della condotta materiale è dettata dall’età raggiunta dalla persona offesa, dando per scontato, in questa sede, che soggetto attivo sia sempre un adulto. Se prima dei 18 anni, la tutela sarà offerta dall’art. 600 ter cp. Dopo i 18 anni, si potrà godere della tutela offerta dall’art. 612 ter cp. Qualora si tratti di persona minore, tra i due delitti, infatti, sarà pur sempre applicabile la fattispecie di cui all’art. 600 ter cp., dal momento che: a. il delitto di revenge porn contiene una clausola di riserva (salvo che il fatto non costituisca più grave reato) ed il delitto di pornografia minorile è punito più gravemente; b. quest’ultima fattispecie (art. 600 ter cp.) non pone l’accento sul consenso del minore (consenso che deve esplicitamente mancare nell’art. 612 ter cp.) ed, anzi, ricomprende perfino le ipotesi in cui lo scatto sia stato effettuato ritraendo il minore in pose erotiche ma del tutto inconsapevoli (la giurisprudenza, sul punto, ha avuto modo di chiarire che il carattere pedopornografico del “materiale prodotto” non presuppone un’interazione consapevole tra soggetto attivo e minore. Il caso all’esame dei supremi giudici riguardava un imputato che aveva ripreso con telecamera nascosta immagini sessualmente allusive di minori intenti a cambiarsi e a farsi la doccia nello spogliatoio – Cassazione Sezione III, 10 giugno 2015 –26 ottobre 2015, n. 42964, CED 265157). Sarà compito della futura giurisprudenza delineare in modo più approfondito i confini della tipicità tra i due delitti, anche mediante elaborazione casistica.

  1. Riflessioni conclusive.

Volendo fornire, al riguardo, alcuni brevi spunti di riflessione, si può provare a ricordare che, sebbene in passato la giurisprudenza abbia statuito che il delitto di pedopornografia rappresenta una ipotesi di reato di pericolo concreto (in altri termini, si deve poter individuare il pericolo di diffusione del materiale) che, in quanto tale, non ammette il tentativo (sul tema, in modo esaustivo: Cass. Pen., SSUU, n. 13 del 2000), la giurisprudenza più recente è maggiormente propensa a qualificarlo come reato di danno, con quel che ne consegue in termini di applicabilità dell’art. 56 cp. a tutela del soggetto minore. Più precisamente, con sentenza delle SSUU n. 51815 del 15 novembre 2018 si è statuito che <<i fini dell’integrazione del reato di cui all’art. 600-ter comma 1 n. 1 c.p., con riferimento alla condotta di produzione del materiale pedopornografico, non è più necessario, viste le nuove formulazioni della disposizione introdotte a partire dalla legge 6 febbraio 2006 n. 38, l’accertamento del pericolo di diffusione del suddetto materiale>>. Rimuovendo l’accertamento della sussistenza del pericolo di diffusione, si consentirebbe di lasciare spazio all’incriminazione di atti univoci ed idonei a ledere la dignità del minore, a condizione di non forzare il principio di offensività. Tali modifiche giurisprudenziali potrebbero costituire un chiaro tassello di diversificazione rispetto al più recente reato di revenge porn, che è stato dai primi commentatori qualificato come reato di pericolo, consolidandone così la natura giuridica e consentendo di confermare l’esistenza di un innalzamento del livello di tutela a favore dei minori.

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Note

Cassazione Penale, Sez. V, 7 marzo 2013, n. 28280;

Malaika Bianchi, Il “sexting minorile” non è più reato? – Riflessioni a margine di Cass. Pen., Sez. III, 21.3.2016, n. 11675, in Riv. Diritto Penale Contemporaneo;

Raffaella Baroni, Brevi riflessioni sul sexting, sul concetto di “utilizzazione del minore”, sulla diffusione di materiale pedopornografico consensualmente prodotto, Sez. Dalle Corti, in Riv. Parola alla difesa, pp. 145- 158;

Annalisa Verza, Sulla struttura speculare ed opposta di due modelli di abuso pedopornografico – Considerazioni sociologiche e giuridiche a margine di una recente sentenza in materia, in Riv. Diritto Penale Contemporaneo;

Trib. Firenze, GIP Cipriani, 27 gennaio 2015 (dep. 10 febbraio 2015);

Cass. 16340 del 2015;

Cass. Pen., Sez. III, 18 Febbraio 2016, n. 11675;

Cass. Pen., Sez. III, n. 16616 del 2019 – 25/03/2019;

Cass. Pen., SSUU, n. 51815 del 2018, del 31/05/2018 – dep. 15/11/2018, in www.italgiure.giustizia.it;

Corte App. Milano 2014;

Cass. Pen., Sez. III, n. 45633 del 2015, Ud. 22/10/2015;

Cassazione n. 22454 del 2013;

Cass., sez. III, 10 Luglio 2008 – 23 Settembre 2008, n. 363364;

Cass. n. 43414 del 2010 – dep. 07/12/2010;

Cassazione Penale, 16 maggio 2014, n. 29429;

Cassazione Sezione III, 10 giugno 2015 – 26 ottobre 2015, n. 42964, CED 265157;

Cass. Pen., SSUU, n. 13 del 2000;

Giurisprudenza non citata nel testo

Sulla “etero-produzione” richiesta ai fini della configurabilità dell’art. 600 ter cp. e, dunque, sul concetto di “alterità soggettiva”: Cass. Pen., Sez. III, 18 Febbraio 2016, n. 11675, in questa circostanza si intende far riferimento al § 6 della sentenza; Cass. Pen., Sez. III, n. 34357 del 11/04/2017 – Ced. 270719;

Sulla nozione di materiale pedo-pornografico: Cassazione penale, Sez. V, 19 luglio 2018 (ud. 8 giugno 2018), n. 33862 – Pres. Sabeone – Est.Tudino, in Giur. It., Agosto-Settembre 2018, p. 1816;

Sentenza n. 5832 del 08/02/2018 (dep. 18/10/2017), in Giur. It., Febbraio 2019, p. 424;

Sentenza n. 11675 del 18/02/2016 (dep. 21/03/2016) – Rv. 266319;

Sentenza n. 15719 del 23/02/2016 (dep. 15/04/2016) – Rv. 266581;

Sentenza n. 51815 del 31/05/2018 (dep. 15/11/2018), in www.italgiure.giustizia.it;

Sull’ambito applicativo dell’art. 393 bis cp., alla luce delle attuali posizioni anche di dottrina ex multis, Cass. Pen., Sez. I, n. 19758 del 2016, Ud. del 29/10/2015, in www.italgiure.giustizia.it;

Dottrina non citata nel testo

  1. Fiandaca, E. Musco, Diritto penale parte speciale, Vol. II, Tomo primo, 3° Ed., p. 165 e ss.;

David Brunelli, Il diritto penale delle fattispecie criminose, Ed. III, Giappichelli Editore, 2019, p. 8 e ss. e 45 e ss.;

  1. Delpino, R. Pezzano, Manuale di diritto penale parte speciale, XIII Ed., 2016, Simone, p. 462 e ss.;

Giuseppe Amarelli, Pornografia minorile: le Sezioni Unite elidono retroattivamente il pericolo di diffusione, nota a sentenza SSUU 15 Novembre 2018, in Giur. It., Maggio 2019, p. 1206.

Sulle origini della incriminazione del cd. revenge porn all’estero: Danielle Keats Critron, Mary Anne Franks, Criminalizing Revenge Porn, Wake Forest L. Rev., Vol. 49, 2014, pp. 345- 1545;

Sui delitti contro la moralità sessuale: Antolisei F., Manuale di diritto penale, Parte speciale, I, Milano, 2002, p. 527 e ss.

Micaela Lopinto

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