Profili critici sulle forme di responsabilità nel pubblico impiego e sulla giurisdizione della Corte dei Conti

Sgueo Gianluca 02/08/07
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1. Premessa – 2. La responsabilità patrimoniale del dipendente pubblico. La responsabilità amministrativa – 2.2 La responsabilità contabile – 2.3 La responsabilità civile verso terzi – 2.4 La responsabilità dei dipendenti della regione e degli enti pubblici – 3.1 La giurisdizione della Corte dei Conti. Considerazioni generali – 3.2 I giudizi di conto – 3.3 Il giudizio monitorio – 3.4 I giudizi di responsabilità – 4. Il potere riduttivo dell’addebito – 5. I rimedi contro le decisioni della Corte dei Conti – 6. L’esecuzione delle decisioni della Corte dei Conti
 
1. Premessa
Possiamo definire la responsabilità come l’assoggettamento a una sanzione in conseguenza di comportamenti antigiuridici. Quando si parla di pubblico impiego la responsabilità assume un’accezione più estesa perché alle responsabilità generali previste in campo civile e penale si aggiungono quelle direttamente collegate alle funzioni svolte nel settore pubblico. Nello specifico, le tipologie di responsabilità di un pubblico dipendente sono tre. Sussistono, anzitutto, ipotesi di responsabilità penale, connesse all’ipotesi che il dipendente commetta un comportamento considerabile come reato nell’esercizio delle proprie mansioni. Vi è poi una forma di responsabilità disciplinare, legata al comportamento del dipendente ed al mancato rispetto di norme corpontamentali ed infine, e soprattutto, esiste una forma di responsabilità civile o patrimoniale.
 
2.1 La responsabilità penale del dipendente pubblico. La responsabilità amministrativa
Come si è detto, le ipotesi di responsabilità nel pubblico impiego sono tre. Questo articolo intende tuttavia soffermarsi in particolare su quella patrimoniale, in ragione della sua notevole importanza,
Si cominci col dire che tale responsabilità trova la sua fonte normativa nell’art. 28 Cost. Questo sancisce la diretta responsabilità dei dipendenti per gli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni estendendolo poi in solido anche allo Stato e agli altri enti pubblici.
La responsabilità patrimoniale si distingue poi in quattro ipotesi: anzitutto, responsabilità amministrativa per cui il dipendente[1], in base alla quale è tenuto a risarcire il danno che derivi all’amministrazione in conseguenza della violazione di obblighi di servizio, anche se l’ordine proviene da un superiore a meno che non rientri nelle clausole del contratto di impiego[2].
Il giudice competente è la Corte dei Conti su iniziativa del procuratore regionale che accerta il quantum del danno, nel caso in cui ci sia anche un procedimento penale la Corte si pronuncia solo dopo la composizione in quest’ultima sede, escludendo comunque una responsabilità del soggetto se questa è stata negata in sede penale.
La disciplina è stata innovata dalla L. 639/96 che ha stabilito che questa responsabilità è personale (l’illecito si trasmette agli eredi solo in caso di arricchimento indebito) è limitata a dolo e colpa grave.
Elementi costitutivi sono: il rapporto di servizio; il danno che deve consistere nella lesione di un interesse economicamente valutabile tale da poter essere risarcito, comprendendo sia il danno emergente che il lucro cessante; il dolo o la colpa come elemento soggettivo della responsabilità escludendo le ipotesi di colpa lieve, incapacità di intendere e volere, caso fortuito o forza maggiore, cui si aggiunge anche esecuzione di ordini che si era obbligati a ottemperare (la richiesta deve essere palesemente illegittima, irregolare nella forma, costituente reato e l’organo che l’ha emanato incompetente a farlo); il nesso di causalità intendendo il danno come causa diretta e immediata del comportamento illecito.
 
2.2 La responsabilità contabile
La seconda forma di responsabilità penale è detta “responsabilità contabile” e si collega al c.d. obbligo di rendiconto cui sono sottoposti tutti coloro che maneggiano denaro pubblico.
Sia il funzionario contabile di diritto (colui che agisce in base a norme) sia il contabile di fatto (colui che maneggia materialmente il denaro) sono infatti sottoposti al giudizio della Corte dei Conti che utilizza il rendimento del conto (documento conclusivo al procedimento amministrativo che accerta che via sia stato adempimento per l’obbligo preciso di amministrare).
Tale responsabilità, rispetto alla precedente, presenta alcune differenze: si fonda, in primo luogo, sul maneggio materiale o normativo del denaro pubblico. Deriva poi dalla violazione dell’obbligo di restituzione valori avuti in consegna. Non necessita della presenza di un rapporto di servizio. Infine, non è previsto il potere riduttivo del giudice nella valutazione del danno anche se si registra un andamento contrario della giurisprudenza che limita l’utilizzo di questo istituto anche alla responsabilità amministrativa perché la fonte obbligazionaria è comunque un rapporto di servizio con criteri prestabiliti.
 
2.3 La responsabilità civile verso terzi
Tale responsabilità trova origine neldettato costituzionale, da cui emerge una responsabilità concorrente tra Stato e dipendente della p.a. nei confronti del cittadino danneggiato, a meno che il danno non derivi da comportamenti esterni all’attività amministrativa vera e propria. Tale dettato è stato recepito anche dalla legislazione puntuale del testo unico degli impiegati civili dello Stato per cui, ferma restando la responsabilità dell’impiegato, l’azione di risarcimento può essere esercitata anche nei confronti della p.a. quando sussista responsabilità dello Stato[3].
In alcuni casi tale responsabilità è esclusa: Si tratta dell’ipotesi di esercizio della legittima difesa; della costrizione fisica all’azione o omissione; dell’azione posta in essere per salvare se stesso o altri da un pericolo grave e imminente ( di tutte queste attenuanti l’impiegato deve informare i superiori prima della chiamata in giudizio o della notifica).
 
2.4 La responsabilità dei dipendenti delle regioni ed enti pubblici
L’ultima ipotesi di responsabilità è quella dei dipendenti delle regioni e enti pubblici rispetto ai quali valgono le stesse regole previste per gli impiegati statali.
La fonte normativa di riferimento è il Dlgs 76/2000 che estende il controllo della Corte dei Conti anche ai dipendenti regionali. Così come in chiave analogica si estende la disciplina anche ai dipendenti degli enti parastatali (art. 8 L. 70/75 legge sul parastato).
L’estensione del controllo della Corte dei Conti è stata ammessa, colmando un vuoto legislativo, in via interpretativa ex art. 103 Cost. che riserva alla Corte la competenza giurisdizionale nelle materie di contabilità pubblica.
 
3.1 La giurisdizione della Corte dei Conti. Considerazioni generali
Il dettato costituzionale attribuisce alla Corte dei Conti, in tema di responsabilità, un duplice ruolo: è, anzitutto, organo supremo di controllo dell’Amministrazione dello Stato; svolge inoltre il ruolo di suprema Magistratura nelle materie di contabilità pubblica.
La giurisdizione della Corte è specialeperché è esercitata solo nelle materie tassativamente previste, contrapponendosi così a quella generale dei TAR e del Consiglio di Stato; è poi esclusivaperché nelle materie di propria competenza è capace a conoscere sia dei diritti soggettivi che degli interessi legittimi; è, infine, sindacatoriaperché ha ampi poteri inquisitori di accertamento, soprattutto quando tratti di responsabilità, godendo di ampia autonomia e estendendo il giudizio anche a soggetti diversi da quelli indicati nell’atto introduttivo.
 
3.2 I giudizi di conto
La Corte dei Conti pone in essere diversi tipi di giudizio. Il primo è il giudizio di conto.
In questo caso la Corte è competente a giudicare l’operato dei c.d. agenti contabili di fatto (tesorieri, ricevitori, cassieri che siano deputati a maneggiare denaro pubblico) sulla base dei rendiconti che questi agenti trasmettono alla Amministrazione di riferimento entro due mesi dalla chiusura dell’esercizio finanziario di riferimento, a sua volta trasmessi alla Ragioneria Generale e infine alla Corte dei Conti entro due mesi dalla ricezione.
Nel caso in cui questi termini non vengano rispettati, il giudizio può iniziare anche su impulso del pubblico ministero o su decreto della Sezione regionale competente. I conti sono depositati nella segreteria della Sezione competente e poi trasmessi al Presidente designato come relatore.
Dopo aver esaminato i conti il Presidente può decidere per la condanna del contabile trasmettendo il tutto al Procuratore dopo aver fissato l’udienza di discussione, o può decidere per il discaricoaccompagnato da una relazione che deve essere vistata dal Procuratore; se quest’ultimo concorda il Presidente ne dà atto con decreto, in caso contrario il conto viene iscritto al ruolo di udienza[4].
 
3.3 Il giudizio monitorio
Se l’addebito non supera i 2.500 euro, e l’agente dichiara di accettarlo, l’udienza può essere evitata con il c.d. giudizio monitorio, strumento di snellimento processuale che comporta la cancellazione dal ruolo e si conclude con un ordinanza che ha valore di titolo esecutivo.
Nel caso in cui l’agente non accetti si procede, invece,  con il processo davanti alla Sezione. Questa può pronunciarsi con il discarico liberando l’agente dalla cauzione e cancellando la causa dal ruolo o in caso contrario di colpevolezza dell’agente obbliga al pagamento delle somme dovute. Se sono coinvolti più agenti per il medesimo oggetto si opera riunione dei processi. Un ulteriore snellimento processuale si è avuto con la L. 20/94 che prevede che qualora siano trascorsi 5 anni dal deposito del conto senza che vi sia a seguito la relazione, il giudizio di estingue ferma restando la responsabilità amministrative e contabile a carico dell’agente; il conto e la relativa documentazione saranno restituiti all’amministrazione di competenza.
 
3.4 I giudizi di responsabilità
i giudizi di responsabilità: la cui normativa di riferimento è la L. 20/94 così come modificata dalla L. 639/96, si caratterizzano con la responsabilità è personale e limitata ai casi di dolo o colpa grave, trasmissibile agli eredi nei limiti dell’arricchimento indebito; con il diritto al risarcimento che si prescrive in cinque anni; con l’ampliamento del giudizio della Corte anche ai dipendenti che pur appartenendo a un’amministrazione diversa, abbiano causato il danno.
Dal punto di vista processuale si prevede che il procuratore regionale, prima di emettere l’atto di citazione, invita il presunto responsabile a depositare entro 30 giorni dalla notifica, le proprie controdeduzioni e eventuali altri documenti. Il procuratore emette poi entro 120 giorni l’atto di citazione, ferme restando delle proroghe che possono essere autorizzate dalla sezione competente. In caso di mancata autorizzazione il procuratore deve emettere l’atto nei successivi 45 giorni.
Se ne ricorrono i presupposti si può disporre il sequestro conservativo dei beni del convenuto. Sulla domanda del procuratore, il presidente di sezione con decreto motivato fissa la data dell’udienza entro un termine non superiore a 45 giorni e assegna al procuratore un termine non superiore a gironi 30 perla notifica della domanda e del decreto. Alla prima udienza il giudice può con ordinanza motivata confermare o revocare quanto disposto con decreto. Se la notifica deve essere fatta all’estero i termini sono quadruplicati.
L’ordinanza di accoglimento viene fissato un termine non superiore a giorni 60 per il deposito in segreteria dell’atto di citazione per il giudizio di merito. Il procuratore regionale può disporre durante l’istruttoria l’esibizione di documenti, le ispezioni e accertamenti, il sequestro dei documenti nelle forma previste dal codice di procedura civile, le audizioni personali, perizie e consulenze. L’istruttoria può chiudersi o con un atto di archiviazione o con la citazione in giudizio dei presunti responsabili. In quest’ultimo caso c’è l’atto di citazione a comparire nella sezione competente per il dibattimento.
Le udienze di trattazione davanti alla Corte sono pubbliche e si svolgono in presenza del Procuratore regionale, si espongono i fatti e si procede al contradditorio. Al termine la Corte di riunisce in camera di consiglio ed emette sentenza. Se si prevede condanna il titolo è esecutivo e trasmesso per i successivi adempimenti al procuratore. In caso di proscioglimento le spese sono a carico dell’amministrazione competente, mentre se in sede di giudizio di responsabilità si esclude sia quella penale che civile, le spese sono sì rimborsate dalle amministrazioni competenti, ma nei limiti giudicati congrui dall’Avvocatura generale.
 
4. Il potere riduttivo dell’addebito
Il potere di ridurre l’addebito è una delle caratteristiche peculiari del processo contabile e consiste nella possibilità per la Corte di porre a carico del responsabile tutto o parte del denaro arretrato e del valore perduto.
Le interpretazioni sono state numerose: per alcuni si tratterebbe dell’esercizio di un potere meramente discrezionale, per altri sarebbe la rinuncia parziale del credito da parte del giudice contabile.
La giurisprudenza della Corte configura questo potere nello stabilire in che misura il danno erariale può esser attribuito al comportamento colposo del soggetto tenuto conto di una eventuale responsabilità concorrente dell’Amministrazione, per omessa o carente vigilanza.
 
5. I rimedi contro le decisioni della Corte dei Conti
I rimedi che si possono esperire contro le decisioni della Corte dei Conti sono sei. Vediamoli nell’ordine. Il primo è l’opposizione contabile, che attiene solo i giudizi di conto. E’ un rimedio diretto alla stessa Sezione che ha pronunciato la sentenza di condanna e tenta di rimediare all’assenza di contradditorio nel giudizio[5].
Il secondo è l’appello, da esperire contro le Sezioni centrali, ma se riguarda questioni pensionistiche l’appello è ammesso solo per motivi di diritto e deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica o un anno dalla pubblicazione, sospendendo l’esecuzione della sentenza impugnata, a meno che per ragioni di opportunità il procuratore non la giudichi parzialmente eseguibile.
Il terzo è la revocazione, esperibile sia dalle parti che dal Pubblico Ministero entro tre anni qualora si verifichino le seguenti condizioni: la decisioni si dondoìi su un errore di calcolo; quando dall’esame di altri conti si sia riconosciuta un omissione o doppio impiego; qualora il giudizio si sia formato sulla base di documenti falsi. Deve presentarsi entro 30 giorni dalla conoscenza dell’errore e può essere esperita anche d’ufficio per i giudizi di conto.
Il quarto è l’annullamento, è un rimedio previsto dalla Cost. dall’art. 111 e riguarda i motivi della giurisdizione, va indirizzato alla Corte di Cassazione, entro 90 giorni dalla notifica della sentenza impugnata, che si pronuncia a Sezioni unite circa la sussistenza o meno della competenza della Corte dei Conti sul giudizio in cognizione. In caso negativo la Cassazione rimette il tutto all’autorità competente che si pronuncia ex novo.
Il quinto è l’opposizione di terzo, per cui si applica l’art. 404 del cod. proc. Civile con gli stessi requisiti, qualora via sia cioè il pregiudizio a se stessi sulla base di una pronuncia che riguarda soggetti terzi.
Il sesto è l’opposizione contumaciale, chesi applica solo ai giudizi di conto e di responsabilità e può essere proposta al collegio che ha pronunciato la sentenza nei confronti del convenuto non comparso in giudizio per non essere citato in persona propria senza che la citazione gli fosse ripetuta[6].
 
6. L’esecuzione delle decisioni della Corte dei Conti
Alla riscossione dei crediti liquidati dalla Corte deve provvedere l’amministrazione o l’ente titolare del credito attraverso trattenute sulle somme spettanti ai responsabili del danno erariali in base al rapporto di lavoro. Per gli enti locali ci si può servire anche di concessionari di servizio di riscossione.
 
 


[1] ex artt. 19-20 del testo unico sugli impiegati civile dello Stato (D.P.R. 3/57)
[2] Il dibattito si è poi spostato sulla natura da attribuire a questa responsabilità, i più tendono a proiettarla nell’ambito della responsabilità contrattuale e dell’adempimento delle obbligazioni assunte.
[3] Si chiarisce il concetto di danno ingiusto derivante da comportamenti lesivi compiuti con dolo o colpa anche in caso di comportamenti di natura omissiva. La regola generale è che il terzo danneggiato può esperire causa di risarcimento congiuntamente sia verso il dipendente sia verso la P.A. di riferimento anche se vi sono alcuni casi in cui questa rispondenza non è assoluta e diretta (ex art. 23 T.U. impiegati la responsabilità per dolo o colpa gravissima ricade solo sul dipendente perché si presuppone che abbia agito per fini che esulano quelli istituzionali della P.A., mentre se è leggerissima ricade solo sulla P.A. che interviene affinché un comportamento simile non paralizzi l’intera attività amministrativa). Tuttavia per il terzo danneggiato è più agevole ricorrere verso la P.A. sia per una maggiore solvibilità, sia perché è minore il grado di colpevolezza della responsabilità. Spetterà poi alla P.A. esercitare rivalsa verso il dipendente implicato
[4] Tale iscrizione è comunque automatica nei casi di: conti compilati d’ufficio perché non resi dal contabile responsabile; conti relativi all’ultima gestione e che contengono pertinenze di precedenti gestione degli stessi contabili; i deconti, cioè conti modificati dall’Amministrazione di appartenenza sulla base di verifiche effettuate sull’operato del singolo agente; i conti complementari cioè conti integrativi per conti su cui la Corte si sia già pronunciata e i conti speciali che non rientrano nel normale obbligo di rendicontazione
[5] Deve essere esperito entro 30 gironi dalla notifica della sentenza, anche se per Sandulli non è un mezzo di impugnazione ma un ulteriore stato della stessa fase giudiziale.
[6] L’opposizione, l’appello, la revocazione e il ricorso non sospendono l’esecuzione della sentenza, ma in casi di urgenza su proposta della parte il Pubblico ministero può ordinare la sospensione. Le istanze e i ricorsi, se entro un anno non si presenta domanda di fissazione dell’udienza, si ritengono abbandonati a meno che non si tratti di giudizi ordinari di conto.
 

Sgueo Gianluca

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