Produzione di falsa documentazione attestante possesso di laurea, con conseguente danno erariale e danno all’immagine (sentenza N°14/2005 del 2 febbraio 2005).

Redazione 22/03/05
Scarica PDF Stampa
a cura del dott. Filippo Cappetta
***
L’erogazione di compensi in favore di soggetti che abbiano svolto l’attività
senza il possesso del prescritto titolo di studio costituisce danno a carico
dell’Ente interessato, a nulla rilevando la circostanza che agli emolumenti
percepiti abbiano corrisposto prestazioni effettivamente svolte, rimanendo
escluse dal suo ambito di applicazione quelle attività lavorative che, per
genericità e fungibilità, non trovano un essenziale presupposto per un utile
svolgimento, nel possesso di conoscenze specialistiche; in tali casi l’
eventuale utilità va valutata caso per caso.

In riferimento all’attività istruttoria posta in essere da F., deve tenersi
nella dovuta considerazione l’utilità comunque conseguita dall’
Amministrazione, in ottemperanza all’art.1, co.1 bis, della L. n.20/1994.

a cura del dott. Filippo Cappetta

SEZIONE GIURISDIZIONALE DELLA BASILICATA

Presidente: S. Nottola – Relatore: V. Pergola

fatto

Con atto di citazione del 30.6.2004, la Procura regionale ha convenuto nel
presente giudizio il sig. V. F., già dipendente della ASL n. 2 di ***, per
rispondere del danno procurato all’Erario, derivante dal fatto che ha
conseguito l’impiego, presso la predetta Azienda, attraverso la produzione
di falsa documentazione attestante il possesso della laurea.

Riferisce l’atto introduttivo del giudizio che a seguito dell’arresto del F.
per altro motivo, avvenuto in data 26/3/2001, il dott. A., Direttore
Generale della Asl n. 2 di ***, con nota n. 1266 del 11/4/2001, inviava al
Comando Carabinieri per la Sanità N.A.S. di *** un certificato in fotocopia
rilasciato dall’Università degli Studi di Napoli in data 25/6/1985, in cui
veniva attestato che “il sig. F. V. matricola 099/10029 nato xxxx ha
conseguito presso questa Università la laurea in Scienze Politiche in data
18/6/1985 riportando la votazione di 110/110″. Il predetto certificato era
contenuto nel fascicolo relativo alla domanda di partecipazione al pubblico
concorso per collaboratore amministrativo, superato dal F., e per il quale
fu successivamente assunto presso la ASL.

A seguito di accertamenti effettuati dal N.A.S. Carabinieri di Napoli presso
l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, è stata acquisita la nota
del 18.5.2001 della predetta Università, da cui si evince che:

– F. V. non risulta laureato in Scienze Politiche presso la suddetta
Università;

– Il predetto fu iscritto presso la facoltà di Scienze Biologiche
nell’anno accademico 1981/82 e nello stesso anno il F. chiese ed ottenne il
passaggio al I° anno del corso di laurea in Scienze Politiche;

– nell’anno accademico 1982/1983 fu iscritto al II° anno di Scienze
Politiche e nello stesso anno chiese ed ottenne il passaggio al I° anno di
corso di laurea in Giurisprudenza;

– ai sensi dell’art. 149 del T.U. R.D. 1592/1933, con D.R. n. 1803 del
17/4/1997 è stato dichiarato decaduto dagli studi per non aver sostenuto
esami per otto anni accademici consecutivi.

A seguito di quanto innanzi l’Asl n. 2 di ***, previa adozione degli atti di
competenza dell’ufficio disciplinare, comminava nei confronti di F. V. la
sanzione del licenziamento con delibera del Direttore Generale n. 766 del
24/9/2001 con decorrenza dal 22/9/2001.

Dopo la segnalazione del fatto alla competente autorità giudiziaria, il
G.U.P. del Tribunale di ***, con decreto del 27/1/2004, ha disposto il
giudizio nei confronti di F. V., perché formava falsamente il certificato
datato 25/6/1985, da cui risultava falsamente che aveva conseguito in data
18/6/1985 presso l’Università degli Studi di Napoli la laurea in Scienze
Politiche, nonché per aver dichiarato falsamente, nella domanda di
ammissione al concorso per l’assunzione di due collaboratori amministrativi
presso l’Asl n.3 di Villa d’Agri, di essere in possesso del diploma di
laurea in Scienze Politiche, conseguito presso la succitata Università,
inducendo in errore la commissione esaminatrice sul possesso dei requisiti
richiesti dal bando di concorso di cui innanzi, in tal modo ottenendo la
nomina a collaboratore amministrativo con delibera del Comitato di Gestione
della Asl n. 3 di Villa d’Agri del 13/11/1987.

Afferma l’atto introduttivo del giudizio che: “Il modo fraudolento con cui è
stato ottenuto il rapporto di lavoro determina la rottura del rapporto
sinallagmatico tra gli oneri retributivi conseguenti alla instaurazione del
rapporto di impiego e le effettive prestazioni lavorative rese e legittima
la valutazione negativa di qualsiasi utilitas conseguita dall’ente pubblico
in conseguenza di quelle prestazioni”.

Su tali presupposti, l’attore ha quantificato il danno subito dall’Erario in
complessivi ? 144.600,00, pari alla somma di £.257.000.000 di stipendi e £.
22.000.000 per compensi derivanti da incarichi e missioni, a cui va aggiunto
il danno cagionato al prestigio ed all’immagine della Asl n. 2 di *** e del
Servizio Sanitario della Basilicata, in considerazione dei riflessi negativi
prodotti anche nell’ambito specifico degli utenti e degli altri lavoratori e
dipendenti. Per quest’ultima partita di danno, tenuto conto della posizione
rivestita dal F., il Requirente ha reputato equo indicare una somma non
inferiore ad euro 10.000,00 salvo diversa determinazione da parte del
Collegio, anche in via equitativa, il tutto aumentato degli interessi,
rivalutazione e spese di giudizio.

Il convenuto non si è costituito nel presente giudizio.

All’odierna pubblica udienza, il P.M. ha confermato le richieste formulate
nell’atto introduttivo del giudizio.

Considerato in diritto

Va innanzitutto rilevato che il bando di concorso pubblico per la copertura
di n. 2 posti di operatore amministrativo presso l’U.S.L., il cui
espletamento ha dato luogo all’assunzione del F., prevedeva, per la
partecipazione, il possesso del Diploma di Laurea (cfr pag.1, punto d) del
citato bando).

Procedendo all’esame dell’elemento soggettivo dell’invocata responsabilità,
gli atti acquisiti al fascicolo di causa, offrono elementi più che
sufficienti per qualificare come doloso il comportamento tenuto dal
convenuto, in occasione dello svolgimento del procedimento amministrativo
che ha portato alla sua assunzione.

Infatti, la nota dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” del
18.5.2001(a cui è allegato il certificato degli studi compiuti dal F. presso
quell’Ateneo), ed il cui contenuto è stato ampiamente riportato nella parte
in fatto, non lascia dubbi sulla circostanza che il convenuto non aveva
conseguito alcuna laurea.

Ne consegue che il F. ha falsamente dichiarato, nella domanda di
partecipazione al concorso, di essere in possesso della “Laurea in Scienze
Politiche, conseguita in data 18/6/1985 presso l’Università degli Studi di
Napoli” (cfr punto e) della predetta domanda).

Pertanto, anche la certificazione del 25.6.1985 dell’Università che
attestava il conseguimento della predetta laurea, rinvenuta nel fascicolo
personale del F., non risponde al vero.

Indubbio, quindi, il comportamento doloso del convenuto, occorre passare all
‘esame del danno derivato da detto comportamento.

Sul punto, ha sostenuto il Requirente che: “Il modo fraudolento con cui è
stato ottenuto il rapporto di lavoro determina la rottura del rapporto
sinallagmatico tra gli oneri retributivi conseguenti alla instaurazione del
rapporto di impiego e le effettive prestazioni lavorative rese e legittima
la valutazione negativa di qualsiasi utilitas conseguita dall’ente pubblico
in conseguenza di quelle prestazioni”.

Su tali presupposti, l’attore ha quantificato il danno subito dall’Erario in
complessivi ? 144.600,00, pari alla somma di £.257.000.000 di stipendi e £.
22.000.000 per compensi derivanti da incarichi e missioni.

La tesi del Requirente, volta ad escludere qualsiasi utilitas per l’Ente,
trova riscontro in diverse pronunce giurisprudenziali della Corte dei Conti
che hanno affermato il principio secondo cui l’erogazione di compensi in
favore di soggetti che abbiano svolto l’attività senza il possesso del
prescritto titolo di studio costituisce danno a carico dell’Ente
interessato, a nulla rilevando la circostanza che agli emolumenti percepiti
abbiano corrisposto prestazioni effettivamente svolte, in quanto le stesse,
non essendo espressione di capacità collegate al titolo di studio, non
possono aver recato alcun vantaggio all’Ente (vedasi, ad es., Sez. Lazio n.
16/1998). E’ stato altresì affermato che il suddetto principio non è da
intendersi di valenza generale, rimanendo escluse dal suo ambito di
applicazione quelle attività lavorative che, per genericità e fungibilità ,
non trovano un essenziale presupposto per un utile svolgimento, nel possesso
di conoscenze specialistiche; in tali casi l’eventuale utilità va valutata
caso per caso (Sez. III centr. N. 279/A /2001).

Alla luce dei suddetti principi, condivisibili nelle loro linee generali,
ritiene il Collegio di dover determinare il danno tenendo presente le
specifiche attività effettivamente svolte dal F., in servizio con la
qualifica di operatore amministrativo ed addetto a compiti meramente
istruttori di pratiche di competenza dell’U.S.L., compiti che appaiono porsi
su un piano intermedio tra quelli che richiedono prestazioni specialistiche
e quelli caratterizzati da genericità e fungibilità, richiamati nella
pronuncia della Sez. III centr.; si tratta di mansioni che certamente non
sono meramente esecutive ma che non richiedono particolari conoscenze
specialistiche.

L’attività meramente istruttoria non può certamente essere equiparata a
quella svolta da soggetti competenti a formare ed esternare la volontà dell’
Ente (dirigenti), in cui l’assenza della particolare professionalità
richiesta, professionalità che è anche espressione degli studi compiuti,
giustifica il disconoscimento di ogni utilità.

Volendo, poi, valutare in concreto, secondo le emergenze processuali, l’
attività effettivamente svolta dal F., non mancano indizi utili a
riconoscere un margine di utilità al servizio prestato. Non ci si riferisce
soltanto al fatto, da solo poco significativo, che lo svolgimento del lavoro
non ha dato luogo a censure, ma a quanto dichiarato dal dott. C., Dirigente
dell’U.S.L. e diretto superiore del F., nella denuncia fatta il 24.2.2001 al
Procuratore della Repubblica di *** (denuncia relativa a fatti per cui pende
altro procedimento presso questa Corte). Riferisce il dott. C. che il F. era
suo “stretto collaboratore amministrativo, che godeva all’epoca, prima che
io scoprissi la falsificazione di alcune mie firme, di tutta la mia fiducia,
e che aveva il compito di istruire le pratiche ed approntare l’atto
deliberativo dopo aver effettuato il controllo della regolarità della
documentazione..”. Orbene, osserva il Collegio, che indipendentemente dagli
specifici episodi di falsificazione, in presenza del fatto che il F. aveva
in genere operato in modo da guadagnare la fiducia del suo diretto
superiore, appare difficile disconoscere al lavoro prestato ogni utilità per
l’Ente

Conclusivamente, ritiene il Collegio, che se da un verso alle prestazioni
rese dal F. non può essere riconosciuto lo stesso livello qualitativo di
quelle prestate da un soggetto munito del richiesto titolo di studio, quindi
certamente l’attività non è stata esplicata “al meglio” come avrebbe fatto
un laureato, da altro verso deve tenersi conto dell’utilità comunque
conseguita dall’Amministrazione, in ottemperanza all’art.1, c.1 bis, della
l.n.20/1994.

Pertanto, a fronte della domanda del Requirente che ha quantificato il danno
in complessivi ? 144.600,00, procedendo ad una valutazione equitativa di un
danno certo ma che non può essere provato nel suo preciso ammontare (art.
1226 c.c.), si determina in ? 100.000,00 il danno che il F. dovrà risarcire
all’Erario.

Occorre ora passare all’esame della distinta domanda attorea di ristoro del
danno cagionato al prestigio ed all’immagine della Asl n. 2 di *** e del
Servizio Sanitario della Basilicata, in considerazione dei riflessi negativi
prodotti anche nell’ambito specifico degli utenti e degli altri lavoratori
e dipendenti.

Considerato che dagli atti di causa non emerge alcun riscontro di effetti
negativi per l’immagine dell’Amministrazione derivante dal comportamento del
F., la domanda va respinta. Va infatti sottolineato che l’incresciosa
vicenda ha avuto, sino a questo momento, una rilevanza essenzialmente
“interna” (procedimento disciplinare, procedimento penale in corso), così
che non ha ancora avuto modo di produrre quella “risonanza esterna” idonea a
ledere il prestigio e l’immagine dell’Amministrazione.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Basilicata, ogni
contraria domanda ed eccezione respinte:

a) Condanna il sig. V. F. al risarcimento del danno provocato all’Erario,
complessivamente quantificato in ? 100.000,00 (centomila). La predetta somma
va aumentata della rivalutazione monetaria, oltre agli interessi legali che
sono dovuti dalla data della presente pronuncia e sino al soddisfo;

b) Respinge la domanda attorea relativa al danno prodotto all’immagine dell’
Amministrazione;

c) Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono determinate nella
misura di ? 113,46 (Euro Centotredici/46).

Così deciso in ***, nella Camera di Consiglio del 18.1.2005.

Depositata in Segreteria il 02.02.2005

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento