Privacy & sicurezza: la videosorveglianza nei condomini

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A settanta anni dall’entrata in vigore delle norme del Codice Civile in materia di condominio, dopo alterne e contrastanti pronunce, è stata promulgata la Legge 11 dicembre 2012 n. 220 (“Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”).

La nuova normativa, prendendo le mosse dagli alterni e spesso contrastanti arresti in materia, ha rivisitato le disposizioni codicistiche così da adeguarle alle innovate esigenze dei condomini.

Ed è in tale ambito oltre che per il crescente diffondersi dell’utilizzo di tecniche di videosorveglianza, incrementato dalla diffusa sensazione di insicurezza percepita dai cittadini e favorito dalla continua riduzione dei prezzi dei prodotti elettrici, che si colloca l’intervento del legislatore finalizzato a colmare un gap normativo, nel 2008 evidenziato dal Garante della Privacy, il quale, sottoponendo il problema all’attenzione del Governo e del Parlamento, aveva rilevato che “non sono identificati né i soggetti cui la manifestazione di volontà è necessaria nel contesto condominiale per svolgere tali trattamenti (i proprietari e i titolari di diritti reali parziari o anche soggetti diversi, primi fra tutti i conduttori), né le eventuali maggioranze da rispettare”.

In realtà, lo scenario ante-novella si presentava alquanto confuso anche a causa dei continui cambiamenti da parte dei giudici di merito.

Secondo un primo orientamento, che ravvisava nell’installazione di impianti di videosorveglianza all’interno di edifici condominiali un comportamento lesivo del diritto alla riservatezza dei condomini, venendo a mancare il requisito della proporzionalità tra la sicurezza di uno e il danno ai tanti (Trib. Nola, sez. II, 3 febbraio 2009), l’assemblea era priva del potere di deliberare sull’eventuale realizzazione di un impianto di videosorveglianza, per essere le competenze di quell’organo limitate ai poteri conferiti dal codice civile e non potendo, neppure, invadere la sfera dei diritti individuali dei singoli condomini e/o di qualsiasi altro soggetto quale ad esempio il frequentatore occasionale dell’edificio (Trib. Salerno, ordinanza 14 dicembre 2010).

A tanto si opponeva quel filone giurisprudenziale che, subordinando l’installazione di telecamere atte a videosorvegliare gli spazi comuni del condominio al consenso unanime dei condomini, sosteneva che “nel silenzio della legge, il singolo condomino non ha alcun potere di installare, per sua sola decisione, telecamere in ambito condominiale idonee a riprendere spazi comuni o addirittura spazi esclusivi degli altri condomini” e “neppure il condominio ha la potestà normativa per farlo, eccezion fatta per il caso in cui la decisione sia deliberata all’unanimità dei condomini, perfezionandosi in tal caso un comune consenso idoneo a produrre effetti tipici di un negozio dispositivo dei diritti coinvolti” (Trib. Varese, ordinanza 16 giugno 2011, n. 1273).

Una terza corrente giurisprudenziale, invece, ritenendo che l’unico requisito necessario e sufficiente per l’installazione di un sistema di videosorveglianza fosse un’apposita delibera assembleare adottata a maggioranza e, richiamando con riferimento alla prospettata violazione della privacy dei condomini la giurisprudenza della Corte di Cassazione penale (Cass. Penale, sezione V, 26 novembre 20000888 n. 44156), sosteneva che la ripresa di quanto avviene nelle zone di uso comune non protette, certamente svolta per fini di maggiore sicurezza, non è effettuata né clandestinamente né fraudolentemente considerato che la conoscenza da parte dei condomini dell’esistenza delle telecamere escluderebbe qualsiasi violazione del diritto alla riservatezza (Trib. Roma, sentenza n. 7106 del 30 marzo 2009).

Infine, merita menzione anche la motivazione sottesa all’originale pronuncia della Cassazione, che nel riconoscere al singolo condomino il potere di installare, senza preventivo consenso dell’assemblea, una telecamera nel parcheggio oggetto di precedenti e ripetuti furti, ha affermato che: “non sussistono gli estremi atti ad integrare il delitto di interferenze illecite nella vita privata (articolo 615-bis del codice penale) nel caso in cui un soggetto effettui riprese dell’area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso, trattandosi di luoghi destinati all’uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all’articolo 615-bis del codice penale, la quale concerne, sia che si tratti di “domicilio”, di “privata dimora” o “appartenenze di essi”, una particolare relazione del soggetto con l’ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza” (Cass. n. 71 del 03 gennaio 2013).

A fronte di una siffatta variegata gamma di indirizzi giurisprudenziali è insorta la necessità da parte del Garante della Privacy di tentare di fissare regole chiare ed univoche.

E così, con riguardo all’installazione di telecamere su iniziativa di singoli condomini all’interno di edifici condominiali e loro pertinenze (ad esempio box, posti auto) il Garante ha precisato che l’impiego di sistemi di videosorveglianza, pur non rientrando nell’ambito d’applicazione delle disposizioni del Decreto Legislativo n. 196 del 2003 (“Codice della Privacy”), richieda comunque l’adozione di adeguate cautele a tutela di terzi: l’angolo visuale delle riprese deve essere rigorosamente limitato ai soli spazi di propria esclusiva pertinenza, ad esempio antistanti l’accesso alla propria abitazione, escludendo ogni forma di ripresa anche senza registrazione di immagini relative ad aree comuni (cortili, corridoi, pianerottoli, scale, garage comuni) o antistanti l’abitazione di altri condomini.

Nell’esigenza, quindi, di contemperare due valori contrapposti – da una parte, la protezione della proprietà e la sicurezza degli abitanti e, dall’altra, la difesa della riservatezza – la Legge n. 220/2012 ha riconosciuto la liceità dei sistemi di videosorveglianza all’interno degli edifici condominiali: ed infatti a decorrere da giugno – data di entrata in vigore della Legge – per realizzare ed installare un sistema condominiale di videosorveglianza, ai sensi dell’introdotto art. 1122-ter (“Impianti di videosorveglianza sulle parti comuni”), sarà sufficiente una delibera assembleare adottata con maggioranza semplice, ovvero con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell’edificio.

Avv. Angelelli Sergio Arnaldo

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