Prescrizione dei crediti di lavoro: precisazioni della Cassazione

Elena Perazzi 22/09/22
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La prescrizione dei crediti di lavoro alla luce della Sentenza Cass. Civile, Sezione Lavoro n. 26246/2022 pubblicata il 06.06.2022 – il dies a quo è sempre la conclusione del rapporto di lavoro

     Indice

  1. Il termine di prescrizione dei crediti di lavoro
  2. Il criterio di individuazione del dies a quo
  3. Il concetto di stabilità del rapporto di lavoro alla luce della Riforma Fornero e Jobs Act
  4. Il principio di diritto statuito dalla Suprema Corte
  5. Conclusioni

Riferimenti normativi: artt. 2935, 2948 c.c.; Legge n. 92/2012; D.Lgs. 23/2015

1. Il termine di prescrizione dei crediti di lavoro

La Corte di Cassazione con la Sentenza n. 26246/2022 è intervenuta per dirimere il contrasto giurisprudenziale concernente la prescrizione dei crediti maturati dai lavoratori nel corso del rapporto di lavoro, stabilendo (in riforma della sentenza della Corte d’Appello di Brescia gravata) che il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla conclusione del rapporto e che detto principio vale anche per i rapporti di lavoro in cui trova applicazione l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori alla luce delle modifiche introdotte dalla Legge Fornero (Legge n. 92/2012) a cui ha, poi, fatto seguito la introduzione del successivo Jobs Act sui licenziamenti (D.Lgs. 23/2015).

Il contenuto della sentenza in commento si disvela importante non solo per la chiarezza espositiva, ma anche per avere inverato il principio di certezza del diritto in materia di prescrizione con particolare riferimento alla sua decorrenza ossia dal momento in cui il diritto può essere fatto valere. La pronuncia si disvela rilevante sia sul piano normativo ordinamentale sia sul piano della stessa civiltà giuridica di un Paese perché fissa un “principio di affidabilità” che esplica i propri effetti i) sulla effettività dei diritti e la loro tutela; ii) sulle relazioni familiari e sociali e iii) sulle transazioni economiche e finanziarie. In buona sostanza, la sentenza mira a garantire una conoscenza, in termini di generalità e di sicura predeterminazione, di quali siano le regole che presiedono all’esercizio di un diritto, alla sua tutela, oltre che alla sua estinzione.

2. Il criterio di individuazione del dies a quo

Per la Suprema Corte il criterio di individuazione del dies a quo di decorrenza della prescrizione dei diritti dei lavoratori deve soddisfare un’esigenza di conoscibilità chiara, predeterminata e di semplice identificazione. Quanto sopra presuppone che, fin dalla instaurazione del rapporto di lavoro, ciascuna delle parti possa conoscere i suoi diritti e, nel caso specifico, fino a quando tali diritti possono essere esercitati. Esigenza che riguarda sia il lavoratore destinatario della previsione normativa, ma anche il datore di lavoro che pure ha il diritto di conoscere quali siano “i tempi” entro cui il lavoratore può rivendicare i propri diritti, al fine di programmare una prudente organizzazione della propria attività d’impresa, tenuto conto anche della sua capacità di poter sostenere costi e oneri. Il focus è dunque costituito dalla individuazione del termine di decorrenza della prescrizione quinquennale dei crediti retributivi del lavoratore ai sensi dell’art. 2948 n. 4 c.c. in relazione all’art. 2935 c.c. – momento dal quale il diritto può essere fatto valere – e ciò in ragione del regime di stabilità o meno del rapporto di lavoro (si annota che per crediti retributivi si intendono, a titolo esemplificativo, le differenze retributive, le competenze spettanti alla cessazione del rapporto di lavoro, il compenso per lavoro straordinario e le retribuzioni per le festività nazionali coincidenti con la domenica). Questione che la S.C. ha ritenuto di affrontare e di risolvere seguendo l’insegnamento di oltre un cinquantennio di elaborazioni giurisprudenziali (il così detto “diritto vivente”) nella consapevolezza del significativo cambiamento operato dalle riforme intervenute nel tempo in materia di lavoro.


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3. Il concetto di stabilità del rapporto

Nel solco dell’indirizzo della giurisprudenza costituzionale, la Suprema Corte ha delineato il “doppio regime” di decorrenza della prescrizione, diverso a seconda della stabilità o meno del rapporto di lavoro, dovendosi ritenere stabile il rapporto che, indipendentemente dal carattere pubblico o privato, sia regolato da una disciplina che sul piano sostanziale, subordina la legittimità e l’efficacia della risoluzione alla sussistenza di circostanze oggettive e predeterminate e, sul piano processuale, affidi al Giudice il sindacato su tali circostanze e la possibilità di rimuovere gli effetti del licenziamento illegittimo. Per la Cassazione le modifiche introdotte dalla Legge Fornero e dal Jobs act hanno comportato il passaggio da una automatica applicazione – ad ogni ipotesi di illegittimità del licenziamento – della tutela reitegratoria e risarcitoria in misura predeterminabile con certezza ad una applicazione selettiva delle tutele e della sanzione applicabile (reintegratoria e risarcitoria ovvero soltanto risarcitoria). Per effetto del modificato regime sanzionatorio il Giudice procede, ora, ad una valutazione più articolata in ordine alla legittimità dei licenziamenti disciplinari (o per giustificato motivo oggettivo) accertando se sussiste o meno la giusta causa e il giustificato motivo del recesso. E, nell’ipotesi in cui si escluda la sussistenza di una giustificazione, occorre che il medesimo Giudice individui anche la tutela applicabile.

4. Il principio di diritto

Per l’effetto, a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge Fornero n. 92/2012 e con la introduzione del regime previsto dal Lgs. 23/2015 – Jobs Act – il rapporto di lavoro a tempo indeterminato cui si applica l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, non è più assistito da un regime di stabilità; regime in presenza del quale l’art. 2948 n. 4 c.c. consente il decorso della prescrizione in costanza del rapporto di lavoro. Ne consegue che il termine di prescrizione di tutti i diritti non ancora prescritti al momento della entrata in vigore della L. 92/2012 deve iniziare a decorrere dalla cessazione del rapporto di lavoro. Il principio di diritto di cui alla Sentenza n. 26246/2022 è il seguente: “Il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della L. n. 92/2012 e del D.Lgs. 23/2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa della fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicchè, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento della entrata in vigore della L. n. 92/2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948 n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro”.

Possibile conseguenza del principio sopra esposto è che il datore di lavoro, al momento della cessazione del rapporto, potrebbe trovarsi a pagare crediti retributivi  via via maturati nel corso del rapporto e risalenti anche molti anni prima rispetto alla data di cessazione del rapporto, perché mai prescritti.

5. Conclusioni

Da ultimo, risultano interessanti le osservazioni della Suprema Corte in ordine alla distinzione tra il “diritto al lavoro” riconosciuto dalla Carta Costituzionale (art. 4) e considerato come diritto fondamentale di libertà a tutti i cittadini della Repubblica la quale ne promuove le condizioni per renderlo effettivo e il “diritto al posto di lavoro” oggetto, invece, di una regolamentazione specifica di tutela all’interno dell’impresa. Diritto che viene in rilievo, in particolare, nelle situazioni di crisi dell’impresa in cui, spesso, la tutela del posto di lavoro cede di fronte all’interesse, più generale, di contemperare il diritto a mantenere il posto di lavoro con le condizioni crisi. E, avuto conto che non sussiste una garanzia di stabilità dell’occupazione, spetta dunque al legislatore adeguare le tutele de lavoratore in caso di un licenziamento illegittimo.

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