Precluse ai giudici tributari le valutazioni equitative

Buscema Angelo 01/10/09
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Non è configurabile la sussistenza di qualsivoglia potere equitativo in capo al giudice tributario; pertanto , il giudice tributario  se ritiene invalido l’avviso di accertamento per motivi di carattere sostanziale, deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte. Il giudice di legittimità , con la ordinanza n. 19079 del 1° settembre 2009, ha statuito  che nel corso del processo tributario, i giudici non possono modificare l’ammontare delle imposte chieste dal fisco utilizzando una valutazione equitativa e secondo parametri di esperienza ma devono attenersi alla dichiarazione del contribuente e agli accertamenti dell’amministrazione. Con la  predetta ordinanza la Corte di Cassazione ha previsto  l’obbligo per il giudice tributario di fornire le motivazioni dei criteri e delle ragioni che lo hanno indotto a ridurre i ricavi accertati dalle Agenzie delle Entrate, non potendo lo stesso decidere secondo equità. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un contribuente cui la Commissione Tributaria regionale della Campania, con criterio sostanzialmente equitativo, aveva ridotto del 20% i ricavi e i corrispettivi, senza tenere in considerazione né la dichiarazione resa dal contribuente né l’accertamento dell’ufficio. Nella fattispecie, il giudice del merito – riconosciuta l’incongruenza dell’accertamento dell’Ufficio – non ha tuttavia offerto alcuna verificabile motivazione circa i criteri e le ragioni che lo hanno indotto a ridurre del 20% i ricavi e i corrispettivi accertati: dovendosi escludere la sussistenza di qualsivoglia potere equitativo, la Corte di Cassazione ha pertanto accolto il ricorso del contribuente. La Suprema Corte sottolinea  che discende dalla natura del processo tributario (annoverabile tra i processi di «impugnazione-merito») che – ove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte. Si deve , quindi ,escludere la sussistenza di qualsivoglia potere equitativo in capo al giudice tributario: se ritiene invalido l’avviso di accertamento per motivi di carattere sostanziale, deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte. Il processo tributario, in quanto annoverabile tra i giudizi di impungnazione-merito, è per questo diretto non già alla sola eliminazione dell’atto impugnato eventualmente ritenuto invalido, bensì anche e soprattutto alla sostituzione del medesimo. Il giudice tributario di volta in volta investito della controversia è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria il cui avviso di accertamento ritenga invalido per motivi di carattere sostanziale e non formale, non potendosi, per quanto innanzi, limitarsi in ipotesi siffatte al solo annullamento dell’atto impositivo. Nella fattispecie, la circostanza che il Giudice di secondo grado, pur riconoscendo la fondatezza delle tesi difensive in ordine alla incongruità dell’avviso di accertamento, si sia di fatto unicamente limitato a ridurre l’importo dovuto dal contribuente odierno ricorrente, tacendo sui criteri e sulle regioni che hanno condotto a siffatta decisione, determina l’accoglimento del proposto ricorso e la cassazione della sentenza impugnata per vizio di motivazione e violazione di legge.
Riflessioni
La Cassazione ha chiarito la natura del processo tributario ed i limiti posti al giudice, ivi compresa l’esclusione del potere equitativo. La Cassazione ha chiarito che "dalla natura del processo tributario – il quale non è annoverabile tra quelli di "impugnazione-annullamento", ma tra i processi di  "impugnazione-merito", in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio – discende che ove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere  sostanziale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass. 15825/06, 17127/07)".La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Sent. n. 19079/2009) ha stabilito che nel processo tributario, il giudice deve attenersi a quanto dichiarato dal contribuente e a quanto accertato dall’Amministrazione avendo, lo stesso, un potere alquanto limitato sull’accertamento. Non sussiste in ogni caso la possibilità di effettuare valutazioni equitative. Inoltre ha evidenziato che “nel caso di specie il giudice tributario, riconosciuta l’incongruenza dell’accertamento dell’Ufficio, non offre tuttavia alcuna verificabile motivazione riguardo ai criteri ed alle ragioni che lo inducono a ridurre del 20% i ricavi ed i corrispettivi accertati, ed in tali limiti – dovendosi escludere la sussistenza di qualsivoglia potere equitativo – il ricorso va accolto”.
 
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dirigente agenzia entrate
 
  
 
Corte di Cassazione, sez. trib., ordinanza 1° settembre 2009, n. 19079
 
Considerato
– che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380-bis, nei termini che di seguito si trascrivono:
[…] propone ricorso per cassazione contro la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che, in riforma della pronuncia di primo grado, accogliendo parzialmente il ricorso della contribuente contro un avviso di accertamento per IVA, IRPEF e IRAP, ha ridotto del 20% i maggiori ricavi ed i maggiori corrispettivi accertati”.
L’Agenzia delle Entrate ha depositato un mero atto di costituzione.
Il ricorso contiene due motivi. Può essere trattato in camera di consiglio (art. 375, primo comma, n. 5, cpc,) ed accolto, per manifesta fondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:
Con i due motivi, da esaminarsi congiura talenta, la contribuente, sotto i profili del vizio di motivazione e della violazione di legge, censura la sentenza impugnata in quanto, pur riconoscendo la fondatezza della tesi difensive riguardo alla incongruità dell’accertamento, si è poi limitata a ridurre del 20% i ricavi ed i corrispettivi con criterio sostanzialmente equitativo.
I due motivi sono manifestamente fondati, nel senso di seguito precisato.
Va premesso che, dalla natura del processo tributario – il quale non è annoverabile tra quelli di "impugnazione-annullamento", ma tra i processi di “impugnazione-merito", in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio – discende che ove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass. 15825/06, 17127/07).
Nel caso di specie il giudice tributario, riconosciuta l’incongruenza dell’accertamento dell’Ufficio, non offre tuttavia alcuna verificabile motivazione riguardo ai criteri ed alle ragioni che lo inducono a ridurre del 20% i ricavi ed i corrispettivi accertarti, ed in tali limiti – dovendosi escludere la sussistenza di qualsivoglia potere equitativo – il ricorso va accolto”;
– che le parti non hanno presentato memorie;
– che il collegio condivide la proposta del relatore;
– che pertanto la sentenza impugnata va cassata in parte qua, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria, regionale della Campania.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi di ricorso e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra sezione della Commissione tributaria regionale della Campania.

Buscema Angelo

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