Poiché una fideiussione è valida anche se il garantito non ne sia a conoscenza, non si può escludere l’impresa che non ha sottoscritto la propria garanzia provvisoria

Lazzini Sonia 04/12/08
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E’ valida comunque una cauzione provvisoria sprovvista della firma della ditta obbligata?
 
Viene ribadito da parte appellante l’assunto relativo alla nullità della suddetta garanzia fideiussoria, in quanto sottoscritta dal solo istituto garante e non anche dal titolare dell’impresa contraente. Tale assunto è, peraltro, privo di pregio, alla stregua del pacifico orientamento giurisprudenziale (cfr. per tutte, Cons. Stato, Ad. Plen., 4 ottobre 2005, n. 8) secondo cui sono parti necessarie del contratto di fidejussione solo il garante ed il beneficiario della garanzia (nella specie, il Comune appaltante), e non anche il garantito (nella specie l’impresa presentatrice dell’offerta), la cui sottoscrizione non concorre pertanto alla formazione né alla validità del contratto, che rimane efficace tra le parti anche nel caso in cui il garantito non ne sia a conoscenza (art. 1936, 2° comma, cod.civ.)._     Né vale, in senso contrario, il richiamo alla circostanza che lo “schema tipo” allegato al D.M. 12 marzo 2004, n. 123, puntualmente riprodotto nel modulo contrattuale allegato alla domanda di partecipazione alla gara, configuri una struttura contrattuale comportante anche dichiarazioni negoziali di accettazione da parte dell’impresa contraente, trattandosi all’evidenza di elementi aggiuntivi volti a disciplinare i rapporti interni tra garante e garantito ma non tali da condizionare la validità ed efficacia dell’impegno direttamente assunto dal fidejussore nei confronti del beneficiario, né, tanto meno, ad incidere sul contenuto delle obbligazioni solidalmente gravanti ex lege sull’impresa offerente.
 
Merita di essere segnalato il seguente passaggio tratto dalla decisione numero 84 del 2 marzo 2007, emessa dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale
 
Deve essere esaminato prioritariamente il terzo motivo di appello, la cui eventuale fondatezza, comportando l’accoglimento del ricorso incidentale di primo grado volto ad ottenere l’esclusione dalla gara della ricorrente in via principale, comporterebbe la riforma della sentenza impugnata con declaratoria in rito di inammissibilità dell’originario ricorso per difetto d’interesse, di per sé preclusiva all’esame nel merito dei relativi motivi di gravame, e quindi tale da rendere superflua la disamina dei primi due motivi di appello, volti a contestare la decisione di accoglimento al riguardo resa dal TAR. Il motivo di appello all’esame è tuttavia infondato, con conseguente conferma del capo di sentenza di primo grado che ha rigettato il ricorso incidentale proposto dall’A.T.I. ALFA Costruzioni.
 
     Giova premettere che in sede di appello viene riproposto solo il primo dei due distinti profili di censura dedotti con il ricorso incidentale di primo grado, essendosi viceversa prestata acquiescenza al capo di decisione con cui il TAR ha disatteso la doglianza relativa alla presunta carenza di potere rappresentativo in capo al funzionario dell’istituto di credito che ha sottoscritto la polizza fideiussoria presentata a titolo di cauzione provvisoria dall’impresa BETA.
 
     Viene invece ribadito da parte appellante l’assunto relativo alla nullità della suddetta garanzia fideiussoria, in quanto sottoscritta dal solo istituto garante e non anche dal titolare dell’impresa contraente. Tale assunto è, peraltro, privo di pregio, alla stregua del pacifico orientamento giurisprudenziale (cfr. per tutte, Cons. Stato, Ad. Plen., 4 ottobre 2005, n. 8) secondo cui sono parti necessarie del contratto di fidejussione solo il garante ed il beneficiario della garanzia (nella specie, il Comune appaltante), e non anche il garantito (nella specie l’impresa presentatrice dell’offerta), la cui sottoscrizione non concorre pertanto alla formazione né alla validità del contratto, che rimane efficace tra le parti anche nel caso in cui il garantito non ne sia a conoscenza (art. 1936, 2° comma, cod.civ.).
 
     Né vale, in senso contrario, il richiamo alla circostanza che lo “schema tipo” allegato al D.M. 12 marzo 2004, n. 123, puntualmente riprodotto nel modulo contrattuale allegato alla domanda di partecipazione alla gara, configuri una struttura contrattuale comportante anche dichiarazioni negoziali di accettazione da parte dell’impresa contraente, trattandosi all’evidenza di elementi aggiuntivi volti a disciplinare i rapporti interni tra garante e garantito ma non tali da condizionare la validità ed efficacia dell’impegno direttamente assunto dal fidejussore nei confronti del beneficiario, né, tanto meno, ad incidere sul contenuto delle obbligazioni solidalmente gravanti ex lege sull’impresa offerente.
 
 
A cura di Sonia Lazzini
 
 
N. 84/07  Reg.Dec.
N. 1313  Reg.Ric.
ANNO 2005 
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
     Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 1313 del 2005 proposto dalla
ALFA COSTRUZIONI s.r.l.,
in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale capogruppo della costituenda ATI con l’impresa ALFABIS s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti Nicolò D’Alessandro e Giacomo Fichera, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Luigi Mazzei, in Palermo, via P.pe di Paternò, 78;
 
contro
l’IMPRESA ALFREDO BETA, in persona dell’omonimo titolare, rappresentata e difesa dall’avv. Ignazio Scuderi, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv. Pietro Allotta, in Palermo, via D. Trentacoste, 89;
 
e nei confronti
del COMUNE DI PALAZZOLO ACREIDE, in persona del Sindaco pro tempore, non costituito in giudizio;
dell’AUTORITÀ DI VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata presso la stessa, in Palermo, via A. De Gasperi, 81;
della GAMMASOA s.p.a., in persona del legale rappresentante, non costituita in giudizio;
 
per l’annullamento
della sentenza n. 1786/05 del 20 ottobre 2005, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione 4^ di Catania, ha accolto il ricorso n. 492/05 proposto dall’impresa Alfredo BETA per l’annullamento del verbale di gara del 24 gennaio 2005, con cui è stato aggiudicato l’appalto per i “lavori di sistemazione aree attendamenti e containers, ai sensi della legge numero 433/91” all’ATI ALFA Costruzioni s.r.l. – ALFABIS s.r.l.; dei verbali del 12, 13, 14 e 17 gennaio 2005, nella parte in cui è stata illegittimamente ammessa l’ATI costituenda tra le imprese ALFA Costruzioni s.r.l. e ALFABIS s.r.l.; di ogni altro atto o procedimento antecedente o successivo, comunque presupposto, connesso o conseguenziale.
     Visto il ricorso in appello di cui in epigrafe;
     Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’impresa Alfredo BETA e dell’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici;
     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
     Vista l’ordinanza n. 36/06 del 12 gennaio 2006, con la quale è stata respinta la domanda incidentale di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata;
     Visti gli atti tutti della causa;
     Relatore alla pubblica udienza del 29 giugno 2006 il Consigliere Giorgio Giaccardi e uditi, altresì, l’avv. L. Barreca, su delega dell’avv. I. Scuderi, per l’impresa Alfredo BETA e l’avv. dello Stato Bucalo per l’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici;
     Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
 
FATTO
     Con ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione di Catania, l’impresa Alfredo BETA ha impugnato i provvedimenti in epigrafe indicati, contestando l’ammissione alla gara di che trattasi dell’aggiudicataria A.T.I. ALFA Costruzioni s.r.l. – ALFABIS s.r.l., e deducendo al riguardo le seguenti censure:
     1) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 75, comma 1°, del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, come recepito dalla legge regionale 2 agosto 2002, n. 7. Violazione e falsa applicazione dell’art. 17, comma 1°, del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34. Violazione e falsa applicazione delle determine dell’Autorità di vigilanza n. 5 del 26 febbraio 2003, n. 19/2002 del 30 luglio 2002 e n. 16/23 del 5 dicembre 2001. Violazione dell’art. 15.a) del bando di gara e 3.a) del disciplinare di gara. Eccesso di potere per carenza di presupposti, difetto d’istruttoria, di motivazione, sviamento e travisamento.
     2) Violazione e falsa applicazione, sotto un ulteriore profilo, dell’art. 75, comma 1°, del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, nonché del comma 2° dello stesso articolo, come recepiti dalla legge regionale 2 agosto 2002, n. 7. Violazione dell’art. 15.a) del bando di gara e dell’articolo 3.a) del disciplinare di gara. Eccesso di potere per carenza di presupposti, difetto d’istruttoria e di motivazione, sviamento e travisamento.
     La controinteressata ALFA Costruzioni, costituitasi in giudizio, ha proposto a sua volta ricorso incidentale, contestando l’ammissione alla gara dell’impresa ricorrente e deducendo le seguenti censure:
     – violazione e falsa applicazione del bando e del disciplinare di gara; violazione e falsa applicazione degli artt. 13 e 30 della legge n. 109/1994 e s.m.i. e dell’art. 100 del D.P.R. n. 554/1999, nei testi recepiti e coordinati dalla L.R. n. 7 del 2 agosto 2002 e s.m.i.; violazione e falsa applicazione del D.M. n. 23/2004.
     Con sentenza n. 1786/05 il Tribunale adito ha accolto il ricorso principale e respinto l’incidentale, annullando per l’effetto i provvedimenti impugnati.
     Ricorre in appello l’A.T.I. ALFA, assumendo l’erroneità della sentenza impugnata sia nei capi in cui ha accolto il ricorso principale, sia in quello in cui ha rigettato il primo profilo di doglianza dedotto con il ricorso incidentale.
     Si è costituita in giudizio l’impresa BETA, resistendo all’appello e chiedendone il rigetto.
     Si è altresì costituita l’Autorità di Vigilanza per i Lavori Pubblici, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva ed instando per l’estromissione dal giudizio.
     Con ordinanza n. 36/06 è stata respinta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza appellata.
 
DIRITTO
     1. Deve essere esaminato prioritariamente il terzo motivo di appello, la cui eventuale fondatezza, comportando l’accoglimento del ricorso incidentale di primo grado volto ad ottenere l’esclusione dalla gara della ricorrente in via principale, comporterebbe la riforma della sentenza impugnata con declaratoria in rito di inammissibilità dell’originario ricorso per difetto d’interesse, di per sé preclusiva all’esame nel merito dei relativi motivi di gravame, e quindi tale da rendere superflua la disamina dei primi due motivi di appello, volti a contestare la decisione di accoglimento al riguardo resa dal TAR. Il motivo di appello all’esame è tuttavia infondato, con conseguente conferma del capo di sentenza di primo grado che ha rigettato il ricorso incidentale proposto dall’A.T.I. ALFA Costruzioni.
     Giova premettere che in sede di appello viene riproposto solo il primo dei due distinti profili di censura dedotti con il ricorso incidentale di primo grado, essendosi viceversa prestata acquiescenza al capo di decisione con cui il TAR ha disatteso la doglianza relativa alla presunta carenza di potere rappresentativo in capo al funzionario dell’istituto di credito che ha sottoscritto la polizza fideiussoria presentata a titolo di cauzione provvisoria dall’impresa BETA.
     Viene invece ribadito da parte appellante l’assunto relativo alla nullità della suddetta garanzia fideiussoria, in quanto sottoscritta dal solo istituto garante e non anche dal titolare dell’impresa contraente. Tale assunto è,  peraltro, privo  di pregio, alla  stregua del pacifico orientamento giurisprudenziale (cfr. per tutte, Cons. Stato, Ad. Plen., 4 ottobre 2005, n. 8) secondo cui sono parti necessarie del contratto di fidejussione solo il garante ed il beneficiario della garanzia (nella specie, il Comune appaltante), e non anche il garantito (nella specie l’impresa presentatrice dell’offerta), la cui sottoscrizione non concorre pertanto alla formazione né alla validità del contratto, che rimane efficace tra le parti anche nel caso in cui il garantito non ne sia a conoscenza (art. 1936, 2° comma, cod.civ.).
     Né vale, in senso contrario, il richiamo alla circostanza che lo “schema tipo” allegato al D.M. 12 marzo 2004, n. 123, puntualmente riprodotto nel modulo contrattuale allegato alla domanda di partecipazione alla gara, configuri una struttura contrattuale comportante anche dichiarazioni negoziali di accettazione da parte dell’impresa contraente, trattandosi all’evidenza di elementi aggiuntivi volti a disciplinare i rapporti interni tra garante e garantito ma non tali da condizionare la validità ed efficacia dell’impegno direttamente assunto dal fidejussore nei confronti del beneficiario, né, tanto meno, ad incidere sul contenuto delle obbligazioni solidalmente gravanti ex lege sull’impresa offerente.
     2. Con i primi due motivi di appello vengono censurati i capi di decisione con i quali il primo giudice ha ritenuto fondati ambedue i motivi, tra loro strettamente connessi, dedotti con il ricorso principale di primo grado avverso il provvedimento di ammissione alla gara dell’A.T.I. risultata aggiudicataria.
     In particolare, forma oggetto di contestazione tra le parti la posizione dell’impresa mandante “ALFABIS” s.r.l., in quanto la stessa, pur in possesso di attestazione SOA n. 2351/17/00 rilasciata dalla GAMMASOA s.p.a. in data 17 maggio 2004, si è altresì resa cessionaria in data 25 marzo 2004 del ramo di azienda relativo all’attività di costruzioni dell’impresa “Lavori Verticali” s.a.s., la cui attestazione SOA è stata revocata con provvedimento dell’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici in data 19 maggio 2004, in quanto rilasciata sulla base di documenti che non hanno trovato riscontro in atti o attestazioni di Pubbliche Amministrazioni.
     Al riguardo, deve preliminarmente dichiararsi il difetto di legittimazione passiva dell’intimata Autorità di Vigilanza, con conseguente estromissione della stessa dal giudizio, atteso che la cessione del ramo d’azienda di cui si controverte, ed il successivo rilascio dell’attestazione di qualificazione in capo alla cessionaria, sono avvenuti in data antecedente all’annotazione nel casellario informatico della revoca dell’attestazione posseduta dall’impresa cedente.
     Nel merito, la sentenza impugnata afferma che la partecipazione della predetta impresa mandante alla gara viola il disposto degli artt. 17, 1° comma, del D.P.R. n. 34/2000 e 75, 1° comma, del D.P.R. n. 554/1999, nonché le determine dell’Autorità di Vigilanza nn. 16/23 del 5.12.2001 e 19/02 del 30.7.2002, atteso che: a) nei confronti della società cedente il ramo di azienda si è resa operante la causa di esclusione relativa alla presentazione, nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, di false dichiarazioni in merito ai requisiti ed alle dichiarazioni rilevanti per la procedura di gara, risultante dai dati in possesso dell’Osservatorio dei Lavori Pubblici; b) detta causa di esclusione si comunica anche all’impresa cessionaria, per la quale sussiste altresì un impedimento a che la stessa si qualifichi utilizzando, in tutto o in parte, requisiti di ordine speciale posseduti originariamente dall’impresa dante causa; c) nel caso, l’acquisto del ramo di azienda ha comportato l’espressa cessione anche dei “…requisiti di cui al D.P.R. 34/2000 necessari all’ottenimento in capo alla cessionaria dell’attestazione di qualificazione all’esecuzione di lavori pubblici (SOA) …”; d) è irrilevante l’allegata buona fede della cessionaria di ramo d’azienda in ordine all’insussistenza di cause ostative in capo alla cedente, atteso che, in tema di contratti della pubblica Amministrazione, il bene da tutelare non si identifica con la buona fede dei terzi, bensì con l’interesse pubblico alla corretta esecuzione dei lavori, la quale presuppone la capacità tecnica in capo all’impresa incaricata dei lavori medesimi; e) in ogni caso vi è coincidenza tra la persona fisica dell’institore dell’impresa cedente e quello dell’impresa mandante, al quale è quindi applicabile la sanzione prevista dall’art. 75, lett. m) del D.P.R. n. 554/1999 per non avere lo stesso specificato di non aver reso false dichiarazioni nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara (sanzione consistente non soltanto nell’esclusione per un anno dalle gare d’appalto, ma anche nel divieto di stipulare per un anno un nuovo contratto di attestazione, giusta le citate determinazioni dell’Autorità di Vigilanza nn.16/23 e 19/02).
     Sostiene di contro l’appellante: a) che i certificati posseduti dalla cedente Lavori Verticali, risultati privi di riscontro presso le stazioni appaltanti, non fanno parte del complesso dei beni aziendali oggetto di trasferimento e non sono stati utilizzati dalla cessionaria ALFABIS né ai fini del conseguimento dell’attestazione di qualificazione SOA, né tanto meno ai fini della partecipazione alla gara di che trattasi; b) che l’attestazione SOA in capo alla cessionaria è stata autonomamente rilasciata sulla base di una nuova e completa istuttoria da parte della GAMMASOA s.p.a. prima che l’Autorità di Vigilanza disponesse la revoca dell’attestazione rilasciata da altro ente certificatore (SOA Italia s.p.a.) alla società cedente; c) che, pertanto, la revoca anzidetta non può inficiare retroattivamente l’attestazione rilasciata prima dell’adozione del provvedimento stesso, essendone in ogni caso inopponibili gli effetti ai terzi di buona fede; d) che, infine, l’institore sig. Vito D’Agata è soggetto sconosciuto alla GAMMASOA s.p.a., in quanto non risultante nel certificato camerale dell’impresa esaminato durante la procedura di attestazione ed allegato in atti.
     Ritiene il Collegio che tutte le censure dianzi esposte siano infondate, e che anzi le stesse siano in gran parte non congruenti rispetto all’effettiva portata della pronunzia di annullamento resa dal TAR in rapporto ai motivi di gravame dedotti con il ricorso introduttivo.
     Come esattamente rilevato dalla difesa dell’appellata impresa BETA, vi sono in atti elementi ampiamente sufficienti a legittimare l’assunto che l’operazione di cessione di ramo d’azienda posta in essere nelle more degli accertamenti istruttori già attivati dall’Autorità di Vigilanza in ordine alla regolarità dell’attestazione SOA rilasciata alla società cedente, fosse finalizzata ad eludere le conseguenze sanzionatorie scaturenti dal prevedibile (ed in effetti puntualmente verificatosi) esito del relativo procedimento. Depongono univocamente in tal senso: a) la circostanza che la mandante ALFABIS s.r.l. sia stata costituita solo in data 5 aprile 2004, circa un mese e mezzo prima dell’annullamento dell’attestazione SOA in capo alla Lavori Verticali s.r.l., e non svolgesse per l’innanzi alcuna attività, come da certificazione camerale in atti; b) la coincidenza della sede amministrativa dichiarata dall’impresa cessionaria ai fini della partecipazione alla gara con la sede legale già propria dell’impresa cedente; c) la circostanza che l’institore della cessionaria al momento della partecipazione alla gara fosse la stessa persona fisica che già rivestiva la medesima qualifica nell’impresa cedente nel periodo a cui risalgono i fatti posti a fondamento del provvedimento di revoca dell’attestazione SOA.
     Alla luce di tali elementi fattuali, risulta immune da censure il percorso logico-argomentativo seguito dal giudice di primo grado in sede di accoglimento dei motivi di ricorso principale.
     Contrariamente all’assunto di parte appellante, la sentenza di primo grado non afferma la sussistenza di alcun automatismo nell’estensione all’attestazione SOA rilasciata all’impresa cessionaria dei vizi già inficianti l’attestazione in capo alla cedente e comportanti la revoca della stessa da parte dell’Autorità di Vigilanza. Al contrario, muovendo correttamente dal rilievo della sostanziale identità della realtà imprenditoriale già interessata dal provvedimento sanzionatorio con quella partecipante in veste di mandante alla gara d’appalto, la sentenza appellata si  limita ad affermare che la  specifica causa di esclusione per un anno dalla partecipazione alle gare derivante dalle false dichiarazioni rese dal legale rappresentante della cedente (costituente, a sua volta, presupposto e motivo della disposta revoca dell’attestazione SOA) si estende anche all’impresa cessionaria, in conformità a quanto espressamente statuito dalle sopra citate determinazioni dell’Autorità di Vigilanza, intese appunto ad evitare il perpetrarsi di comportamenti fraudolenti al fine di eludere il dettato normativo.
    In tale corretta prospettiva, appaiono prima facie non pertinenti i rilievi di parte appellante in ordine all’autonomia dell’istruttoria espletata ai fini del rilascio dell’attestazione SOA alla cessionaria, alla non operatività retroattiva della revoca della precedente attestazione e alla non opponibilità della stessa ai terzi di buona fede, rilevando invece, ed assumendo carattere assorbente, la duplice circostanza: a) che il contratto di cessione includeva espressamente i requisiti di cui al D.P.R. n. 34/2000 ai fini del conseguimento dell’attestazione SOA, e che pertanto sulla base di tali requisiti deve intendersi rilasciata la nuova attestazione; b) che la comprovata, e comunque mai contestata, falsità della dichiarazione resa entro l’anno dal soggetto cedente si riverbera automaticamente anche in capo al cessionario, sia ai fini dell’esclusione dalla partecipazione alle gare, sia ai fini del rilascio della nuova attestazione SOA, senza che rilevi la circostanza se i documenti dichiarati falsi abbiano o meno formato oggetto di specifica disamina da parte del nuovo organismo di attestazione; c) che, infine, sussiste un ulteriore ed autonomo addebito di falsa dichiarazione in capo all’institore dell’impresa cessionaria in ordine alla mancanza di false dichiarazioni dallo stesso rese nell’anno antecedente, avendo anzi il medesimo soggetto, al pari del direttore tecnico dell’impresa mandante, reso una dichiarazione di contenuto palesemente ambiguo ed elusivo, e comunque del tutto difforme rispetto al modello di dichiarazione previsto dall’art. 75 D.P.R. n. 554/1999 (l’inesistenza di false dichiarazioni viene infatti riferita solo al “possesso dei requisiti e in merito alle condizioni rilevanti per l’ammissione all’appalto”, anziché “ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio dei Lavori Pubblici”).
     Da ultimo, condividendosi sul punto i rilievi di parte appellata, appaiono irrilevanti due ulteriori circostanze fattuali invocate dall’appellante a sostegno delle proprie difese: da un lato, l’anteriorità della cessione di ramo d’azienda rispetto alla revoca dell’attestazione SOA; dall’altro la circostanza che il sig. D’Agata non figurasse quale institore all’atto del rilascio della nuova attestazione SOA in capo alla cessionaria.
     Ambedue le dedotte circostanze sembrano, invero, ulteriormente comprovare il carattere elusivo dell’intera operazione posta in essere attraverso lo strumento (nella prassi, come noto, tutt’altro che infrequente) della cessione di ramo di azienda, atteso che:
     – quanto al primo aspetto, in nessun caso la cessione potrebbe seguire l’annullamento dell’attestazione SOA risultante dal Casellario informatico, dovendo la stessa necessariamente collocarsi, ai fini del conseguimento del risultato sperato, in una fase intermedia tra la ricezione della comunicazione di avvio del procedimento da parte dell’Autorità di Vigilanza e la conclusione del relativo iter procedimentale;
     – quanto al secondo aspetto, la temporanea rimozione del D’Agata dalla carica di institore al momento del conseguimento dell’attestazione SOA, immediatamente seguita da nuova nomina del medesimo, tuttora in carica all’atto dell’espletamento della gara d’appalto (come da certificato camerale in atti), lungi dall’influire sull’esito della presente controversia sembra anzi avvalorare l’assunto di parte appellata che l’operazione di cessione sia stata posta in essere con modalità tali da occultare alla GAMMASOA s.p.a. un elemento determinante ai fini del rilascio della richiesta attestazione, quale in particolare il ruolo che nella nuova società sarebbe stato chiamato a svolgere il soggetto al quale si imputavano irregolarità commesse nella gestione dell’impresa cedente, all’epoca ancora in corso di verifica da parte dell’Autorità di Vigilanza.
     3. Per le svolte considerazioni, attesa l’infondatezza di tutti i dedotti motivi di gravame, l’appello viene integralmente rigettato, con conferma della duplice statuizione, di accoglimento del ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale, resa dal TAR.
     La complessità e problematicità della materia del contendere costituisce, peraltro, giusto motivo di compensazione tra le parti delle spese del presente grado di giudizio.
 
P. Q. M.
     Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale respinge l’appello in epigrafe. Spese compensate.
     Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
     Così deciso in Palermo, addì 29 giugno 2006 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio con l’intervento dei Signori: Giuseppe Barbagallo,  Presidente,  Pier Giorgio Trovato, Giorgio Giaccardi, estensore, Antonino Corsaro, Francesco Teresi, componenti.
F.to: Giuseppe Barbagallo, Presidente
F.to: Giorgio Giaccardi, Estensore
F.to: Maria Assunta Tistera, Segretario
                           Depositata in segreteria
                           il 02 marzo 2007

Lazzini Sonia

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