Pilota di rallies – Omicidio colposo – Condizioni – Superamento dell’area del cd. “rischio consentito” – Configurabilità (c.p., art. 589) (Nota a Trib. Di Ivrea)

Redazione 05/01/06
Scarica PDF Stampa

Seppure sussista la regola secondo cui non ad ogni condotta imperita e/o imprudente del pilota di rallies che cagioni dei danni a terzi corrisponda una sua responsabilit? penale, tuttavia essa permane qualora l’imperizia e/o l’imprudenza dell’agente sia di tale gravit? da superare la cosiddetta soglia del rischio consentito dall’ordinamento, soglia individuata di volta in volta dal Giudice di merito, in ragione delle circostanze del caso concreto

?(Avv. Massimo Sartorio d’Analista)

?

La recente sentenza emessa dal Tribunale di Ivrea offre lo spunto per affrontare il delicato problema della responsabilit? penale nei cd. rallies per gli eventi lesivi verificatisi in danno degli spettatori di siffatte manifestazioni sportive.

Com’? noto, si tratta di competizioni automobilistiche ad alta velocit? su strade pubbliche anche accidentate con auto simili ai modelli di serie e con un equipaggio di due persone, particolarmente apprezzate dal pubblico italiano sin dai tempi della celebre Mille Miglia, cui partecipano un numero elevato di persone, le quali assistono assiepate lungo l’intero percorso, spesso senza particolari protezioni.

E non di rado accade che tali gare siano funestate da eventi luttuosi, che vedono coinvolti sia gli spettatori, sia gli stessi partecipanti nella veste di piloti o navigatori.

La fattispecie. Nel corso di una "prova speciale" (tratti di percorso obbligatoriamente chiusi al traffico da percorrersi a velocit? cronometrata e compresa tra due controlli orari) il conducente di una vettura di rally, per effetto di una manovra errata, fuoriusciva di strada travolgendo un’intera famiglia di quattro persone, posizionata imprudentemente sul ciglio della carreggiata per assistere da vicino alla competizione.

Venivano, pertanto, tratti a giudizio per rispondere del reato di omicidio colposo plurimo il pilota, il direttore di gara per aver omesso di adottare tutte le precauzioni necessarie ad impedire l’evento e lo sbandieratore, il quale aveva omesso di vietare la sosta alle persone offese poi decedute, ovvero di segnalarne la situazione di pericolo.

Le scriminanti tacite: l’attivit? sportiva violenta. Il nostro ordinamento tipicizza agli artt. 50 – 54 del codice penale le cause di giustificazione o scriminanti.

Esse sono particolari situazioni in presenza delle quali un fatto, che di regola sarebbe reato, tale non ? perch? la legge lo impone o lo consente.

Il criterio che informa le cause di giustificazione ? la mancanza di danno sociale, che si verifica allorquando nel bilanciamento degli interessi contrapposti uno solo dei due pu? essere soddisfatto a costo del sacrificio dell’altro (cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale – P.G., Giuffr? Editore, 1987).

La dottrina si ? posta il problema se esse debbano considerarsi un numero chiuso, ovvero se sia ammissibile la categoria delle scriminanti cd. tacite o non codificate.
La strada per rispondere positivamente a questo interrogativo ? quella dell’estensione analogica in bonam partem delle scriminanti codificate.

I casi di scriminanti tacite, tradizionalmente ammessi dalla dottrina, sono l’attivit? medico-chirurgica, le informazioni commerciali e l’attivit? sportiva violenta.

L’esercizio dell’attivit? sportiva, giuridicamente autorizzata dallo Stato ex art. 51 c.p. poich? tendente al miglioramento della salute psico-fisica dei cittadini, sebbene intrinsecamente pericolosa, comporta l’impunit? dei fatti lesivi o pericolosi che eventualmente ne derivino, quando tutte le regole che disciplinano l’attivit? medesima siano state rispettate.

Una volta acclarato che l’attivit? sportiva ? permessa ed incoraggiata dallo Stato, ne consegue che diventano scriminati solo i fatti lesivi dell’integrit? fisica altrui commessi con l’osservanza delle regole del gioco.

Infatti, nel comportamento dello sportivo che, pur rispettoso delle regole disciplinari, ?cagioni un evento lesivo ad un avversario, viene a mancare quella antigiuridicit? che legittima la? pretesa punitiva dello Stato.

Pertanto, in tema di illecito sportivo l’autore dell’evento lesivo che sia stato rispettoso delle regole nei confronti dell’avversario e dell’integrit? fisica di costui non sar? perseguibile penalmente in quanto non avr? superata la soglia del cd. "rischio consentito".

?? Rispetto alle singole attivit? sportive la dottrina pi? accreditata (cfr. Mantovani, Diritto penale – P.G., Cedam, 1992) opera una distinzione tra: 1) sports a base violenta o a violenza necessaria, nei quali il verificarsi di eventi lesivi ? connaturato alla stessa attivit? sportiva (es. pugilato, arti marziali); 2) sports a violenza eventuale, nei quali il verificarsi? di eventi lesivi ? altamente probabile (es. calcio, rugby, pallacanestro, automobilismo); 3) sports non violenti nei quali, in quanto non ? previsto il contatto fisico fra gli avversari, il verificarsi di eventi lesivi presenta carattere di eccezionalit? (es. tennis).

In particolare, per quanto riguarda le corse automobilistiche occorre distinguere fra gare in circuito aperto e gare in circuito chiuso.

Rispetto alle gare in circuito aperto ? pressoch? pacifica in giurisprudenza l’applicabilit? delle norme cautelari contenute nel Codice della Strada, sicch? i concorrenti sono tenuti ad uniformare il proprio comportamento alle prescrizioni generiche e specifiche in materia, e l’inosservanza di tali regole d? luogo a colpa sportiva per gli eventi da essa causati.

Nelle corse a circuito chiuso, invece, i partecipanti se pure dispensati dall’osservanza delle norme sulla circolazione stradale, sono tuttavia tenuti a rispettare i fondamentali criteri di prudenza a tutela dell’incolumit? individuale, per il generale principio del neminem laedere, criteri che normalmente coincidono con il rispetto delle norme che disciplinano lo svolgimento della gara. Ne consegue che, in caso di inottemperanza a tali criteri,? il partecipante che abbia provocato un incidente con danno all’incolumit? individuale risponde penalmente secondo gli eventi di lesioni od omicidio colposo (Cass. Pen. sez. IV, 29/1/1988, Giunta).

Riassumendo, all’interno dell’area del "rischio consentito", possono verificarsi delle condotte che in astratto integrano delle fattispecie delittuose, ma che malgrado ci? non portano a nessuna responsabilit? penale per l’autore. Al di fuori, invece, di tale area si riespande la normale incidenza della normativa criminale, sotto i diversi profili del dolo o della colpa.

Pertanto, allorch? il fatto lesivo si verifichi perch? il giocatore violi volontariamente le regole del gioco, il fatto non potr? rientrare nella causa di giustificazione ma sar? penalmente perseguibile: nella specie la S.C. ha ritenuto che non potesse ritenersi scriminato il comportamento di un giocatore di pallacanestro, ?il quale aveva sferrato un pugno all’avversario colpendolo alla mandibola destra (cfr. Cass. Pen. sez. V, 21/2/2000, Rolla).

E, con riferimento al gioco del calcetto, ? stato altres? affermato che l’illecito sportivo non si configura quando lo svolgimento della gara sia solo l’occasione dell’azione volta a cagionare lesioni, sorretta dalla volont? di compiere un atto di violenza fisica, in realt? avulso dalle esigenze di svolgimento della gara stessa. Pertanto, sussiste la responsabilit? per lesioni quando le stesse siano state prodotte con un calcio sferrato da un giocatore mentre veniva effettuata una rimessa in campo da un avversario, e cio? in una fase in cui il gioco non era in via di svolgimento (cfr. Cass. Pen. sez. V, 12/5/1993, Nasuti).

Mentre, il comportamento dello sportivo che cagioni un evento lesivo a un avversario, violando le regole del gioco ed esponendo per colpa l’avversario stesso a un rischio superiore a quello consentito e accettato in quella determinata pratica sportiva, non ? scriminato dalla causa di giustificazione dell’esercizio dell’attivit? sportiva ma ? penalmente perseguibile, potendo l’autore esserne chiamato a rispondere a titolo di colpa (cfr. Cass. Pen., sez. IV, 25/2/2000 n. 2286).

La responsabilit? dei partecipanti. Nel caso di specie, non vi ? dubbio che l’investimento degli spettatori da parte del pilota fosse dovuto ad un’errata manovra di guida.

Infatti, di fronte all’iniziale perdita di aderenza del treno posteriore del veicolo, l’imputato da un lato comp? la manovra corretta di controsterzo, dall’altro incorse nell’errore di frenare decisamente, anzich? aumentare leggermente la velocit? per ridare stabilit? alla vettura.

Resta, allora, da chiarire quali siano le norme cautelari in base alle quali accertare l’esistenza di un’eventuale responsabilit? penale in capo al pilota di rally.

La sentenza risponde a tale quesito paragonando l’attivit? sportiva del rally a quella medico- chirurgica, parimenti pericolosa ma socialmente utile. In tale ultima attivit? il chirurgo dovr? agire secondo la miglior scienza ed esperienza del momento storico, parametrata rispetto alla perizia del cd. agente-modello (homo eiusdem professionis et condicionis).

Il pilota, pertanto, ? tenuto all’osservanza delle leges artis, individuabili secondo la miglior scienza ed esperienza del momento storico in relazione al cd. agente modello. Solo all’interno dell’osservanza dei limiti propri della lex artis di specie ? possibile individuare di volta in volta la soglia del rischio consentito, entro il quale l’ordinamento esclude la rilevanza penale di condotte che in astratto integrano gli estremi di fattispecie penali.

Occorre, a questo punto, chiedersi quali siano i criteri di accertamento della colpa. La dottrina afferma che un primo criterio sia costituito dalla "prevedibilit?" dell’evento. Infatti, di imprudenza o negligenza ? possibile parlare solo quando era prevedibile che dall’azione sarebbe derivato l’evento nocivo; perch? se il risultato non poteva essere previsto, nessun rimprovero pu? muoversi all’agente. Tale criterio dev’essere accertato con una valutazione da farsi in concreto, avuto riguardo alle conoscenze dell’autore del fatto esistenti al momento della sua realizzazione.

Va, peraltro, soggiunto che il criterio della prevedibilit? dell’evento non ? da solo sufficiente ad accertare l’esistenza della colpa in capo all’agente, dovendo essere integrato dal concorrente criterio della "evitabilit?" dell’evento medesimo, giacch? il risultato che il soggetto non ? stato in grado di impedire non gli pu? essere addebitato, rappresentando una mera fatalit? (cfr. Antolisei, Manuale di diritto penale – P.G., Giuffr? Editore, 1987).

Tornando al caso di specie, dall’istruttoria dibattimentale era emerso che il pilota era nella condizione di prevedere che? una sua manovra errata avrebbe potuto comportare il rischio concreto di investire una o pi? delle persone posizionate ai bordi della strada senza alcuna protezione.

Ed, ancora, che una manovra corretta dell’imputato sarebbe valsa a scongiurare il sinistro; infatti, se il conducente non avesse frenato bruscamente egli sarebbe stato in grado di mantenere la traiettoria del veicolo all’interno della carreggiata, e quindi di non travolgere le persone offese.

La responsabilit? omissiva del direttore di gara. La sentenza passa, poi, ad esaminare la responsabilit? del direttore di gara che, contrariamente a quella accertata in capo al pilota, presuppone una causalit? di tipo omissivo per non aver impedito l’evento, ai sensi dell’art. 40 cpv. c.p.

E questa sembra l’occasione per affrontare il tema del reato omissivo e delle problematiche ad esso connesse.

Sul punto appaiono doverose alcune considerazioni di carattere generale.

In primo luogo, ? opportuno precisare che il modello tipico di illecito penale ? costituito dal reato di azione e che per assistere, in seno alla dottrina italiana, alla nascita di un interesse per il reato omissivo occorre attendere i primi decenni di questo secolo.

I reati omissivi si suddividono, tradizionalmente, in reati omissivi propri ed impropri: questi ultimi consistono nella violazione dell’obbligo giuridico di impedire il verificarsi di un evento lesivo.

Orbene, la fattispecie del reato omissivo improprio nasce nel nostro ordinamento dal combinato disposto della cd. clausola di equivalenza contenuta nell’art. 40 cpv. ("non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo") con le norme di parte speciale che prevedono le ipotesi di reato commissivo e che, per questa via, vengono trasformate in fattispecie omissive (cfr. Fiandaca – Musco, Diritto penale II edizione, Zanichelli 1994).

Nell’ambito della responsabilit? omissiva il capoverso dell’art. 40 c.p. collega l’imputazione dell’offesa all’obbligo giuridico di impedire l’evento. Pertanto, per attribuire all’omittente la responsabilit? per l’evento occorre una correlazione tra l’evento stesso e l’omissione.

Sul punto, la dottrina dominante nega che nei reati omissivi l’accertamento del nesso causale debba avvenire secondo i canoni tipici del reato commissivo.

Infatti, nell’ambito delle fattispecie omissive occorre verificare se l’eventuale compimento dell’azione doverosa avrebbe evitato la verificazione dell’evento lesivo.

Sulla scorta delle pi? recenti acquisizioni giurisprudenziali, nel reato colposo omissivo improprio il rapporto di causalit? tra omissione ed evento non pu? ritenersi sussistente sulla base del solo coefficiente di probabilit? statistica, ma deve essere verificato alla stregua di un giudizio di alta probabilit? logica, sicch? esso ? configurabile solo se si accerti che, ipotizzandosi come avvenuta l’azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l’interferenza di decorsi causali alternativi, l’evento con elevato grado di credibilit? razionale, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensit? lesiva (cfr. Cass. Pen., Sez. Un. 11/9/2002, Franzese).

?? La responsabilit? gravante sul direttore di gara ? certamente di carattere omissivo, in quanto l’organizzatore di competizioni sportive ? tenuto a predisporre tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e l’incolumit? dei partecipanti e degli spettatori, ed a prevenire il verificarsi di eventi che possano mettere in pericolo tali sicurezza ed incolumit?.

A carico dell’organizzatore si pu? ravvisare, pertanto, una speciale posizione di garanzia, cio? un vincolo di tutela particolare tra un soggetto garante ed un bene giuridico, determinato dall’incapacit? del titolare di proteggerlo autonomamente.

Passando, poi, al profilo soggettivo la condotta del direttore di gara ? stata vagliata in sentenza sotto il duplice profilo della colpa specifica e di quella generica.

I parametri di riferimento della colpa specifica per l’attivit? in questione sono stati individuati nella violazione dell’art. 9 del Codice della Strada, nella formulazione antecedente alla modifica avvenuta con il D. Lgs. 9/2002, che richiede l’autorizzazione prefettizia per l’organizzazione di gare su strade aperte al pubblico, nella quale devono essere indicate le prescrizioni che vincolano gli organizzatori.

Nel caso di specie l’imputato, nella veste di organizzatore della manifestazione sportiva, aveva omesso di rispettare le specifiche prescrizioni contenute nella cennata autorizzazione prefettizia.

Pi? specificamente, dall’istruttoria dibattimentale era emersa la situazione di grave pericolo per coloro i quali si erano posti in prossimit? della sede stradale per assistere allo svolgimento della gara pi? da vicino, e che sarebbe stato onere del direttore di gara predisporre tutte le cautele necessarie ad evitare il manifestarsi di tale pericolo.

In realt?, nulla di quanto sarebbe stato necessario ad impedire l’evento fatale fu posto in essere ed, anzi, ? certo che nel luogo in cui la famiglia fu investita non erano stati apposti cartelli segnalatori della situazione di pericolo, con il conseguente divieto di fermarsi.

Quanto poi alla colpa generica, ? pacifico che l’organizzatore di un rally debba conoscere i rischi a cui vanno incontro gli spettatori che assistono alla manifestazione e che l’organizzatore-modello, secondo il parametro dell’ homo eiusdem professionis et condicionis, avrebbe dovuto adottare le pi? elementari cautele a difesa del pubblico, specialmente nei tratti di percorso nei quali era prevedibile la fuoriuscita di strada di un’autovettura, dimodoch? che se tali cautele fossero state predisposte ci? avrebbero verosimilmente evitato il verificarsi dell’evento lesivo.

Il problema delle connessioni tra le diverse condotte colpose. L’interferenza tra le diverse condotte colpose pu? rilevare sotto il duplice profilo, affrontato in sentenza, sia di un’eventuale concorso di colpa tra gli imputati, sia di un concorso di colpa delle vittime.

Per quanto riguarda il primo aspetto, qualche perplessit? ha suscitato l’originaria contestazione, contenuta nel capo d’imputazione, di cooperazione colposa tra il concorrente ed il direttore di gara.

Com’? noto, l’art. 113 c.p. dispone che "nel delitto colposo quando l’evento ? stato cagionato dalla cooperazione di pi? persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso".

Il caso di scuola ? quello del proprietario di un’automobile che istighi il conducente a spingere la macchina ad una velocit? eccessiva, dalla quale derivi l’investimento di? un pedone.

Senonch?, a ben riflettere, si tratta di una terminologia impropria, in quanto la cooperazione che si verifica nel delitto colposo non ? mai completa, limitandosi ad investire la condotta esteriore e non anche l’evento. La convergenza delle volont?, quindi, riguarda solo una parte del fatto che costituisce reato.

Sul punto, pertanto, il Giudice ha correttamente configurato in sentenza la diversa ipotesi del concorso di fatti colposi indipendenti, il quale si verifica quando vari individui contribuiscono a determinare un evento senza avere la consapevolezza dell’azione altrui, e cio? l’uno all’insaputa dell’altro. In tal caso, mancando ogni collegamento psicologico tra le varie azioni, ciascun soggetto risponde autonomamente del singolo reato colposo.

Nel caso di specie, non vi era alcuna prova che dimostrasse la consapevolezza di ciascuno dei due imputati di partecipare alla condotta colposa dell’altro, per cui rettamente sono stati condannati a pene di diversa entit?.

?? Per quanto riguarda, invece, la sussistenza di un eventuale concorso di colpa delle persone offese nella produzione dell’evento lesivo, la sentenza ha negato tale possibilit? sulla scorta, peraltro, della soluzione adottata in una precedente decisione pronunciata, in una fattispecie del tutto analoga, da parte di una Corte di merito (cfr. App. Bologna, sez. II 4/10/1989, Gramellini).

In quel caso, la Corte d’Appello del capoluogo emiliano aveva parzialmente riformato la sentenza di I? grado in ordine alla statuizione sul risarcimento dei danni, che aveva ritenuto l’esistenza del concorso di colpa delle vittime sotto il profilo dell’imprudenza nella misura del 30 %, per non essersi rese conto della palese pericolosit? del luogo, scelto come punto di osservazione, in cui si era verificato l’investimento.

Tale affermazione, come gi? detto, ? stata ribaltata dal Giudice del gravame sul presupposto che le persone offese non avevano potuto rendersi conto del pericolo imminente, in quanto nessuno si era curato di avvertirle.

La soluzione adottata dalla sentenza, che qui si annota, anche sotto tale ultimo profilo appare pienamente condivisibile, quando nega che l’esistenza di un concorso di colpa delle vittime possa escludere la responsabilit? dell’imputato ipotizzando un’interruzione del nesso causale, alla luce dell’interpretazione comunemente accolta in giurisprudenza dell’art. 41 co. III c.p.

Infatti, ? stato affermato che in tema di omicidio colposo, atteso il principio dell’equivalenza delle cause stabilito nell’art. 41 co. I, la condotta pur colposa della vittima del reato, quando non sia caratterizzata da eccezionalit?, abnormit? e straordinariet? tali da stravolgere il normale corso degli accadimenti e da farla quindi assurgere al ruolo di causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l’evento, non pu? escludere il rapporto di causalit? fra quest’ultimo e le cause preesistenti poste in essere da altri soggetti (cfr., ex plurimis, Cass. Pen. sez. IV 10/1/2201, D’Amelio).

Nel caso di specie, le prove acquisite nel corso del dibattimento avevano dimostrato che numerosissimi spettatori erano posizionati un po? ovunque lungo il percorso di gara e, dunque, che non poteva ragionevolmente ipotizzarsi che la condotta imprudente delle persone offese si presentasse ai piloti come del tutto imprevedibile ed improvvisa, soprattutto al terzo giro, quando si ? verificata la tragica fatalit?.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento