Perdita dell’occasione di aggiudicarsi un appalto, da parte di un concorrente, a seguito dell’illegittima selezione di un altro partecipante: il danno ingiusto (pari al 10% del valore dell’appalto) causato dalla Pubblica amministrazione (ancorché riferito

Lazzini Sonia 15/06/06
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Il Consiglio di Stato, con la decisione numero 2408 del 28 aprile 2006 ci offre alcuni importanti insegnamenti in tema di risarcimento del danno causato dalla Pubblica Amministrazione:
 
< pregiudizio risarcibile si compone, secondo la definizione offerta dall’art. 1223 Cod. civ., del danno emergente e del lucro cessante, ossia della diminuzione reale del patrimonio del privato, per effetto di esborsi connessi alla (inutile) partecipazione al procedimento di gara; nonché della perdita di un’occasione di guadagno o, comunque, di un’utilità economica connessa all’adozione o all’esecuzione del provvedimento illegittimo.
 
5.3. – Per quanto riguarda l’onere della prova, per la prima voce di danno (quello emergente) da parte della stessa giurisprudenza si ritiene sufficiente che siano documentate le spese sostenute; per la seconda (lucro cessante) sussistono maggiori difficoltà, in quanto il privato deve dimostrare anche il mancato accrescimento della sua sfera patrimoniale nella misura che avrebbe raggiunto se il provvedimento amministrativo riconosciuto illegittimo non fosse stato adottato od eseguito>
 
ma non solo.
 
< In particolare, per quello che concerne specificamente la questione che ci occupa – riguardante la perdita dell’occasione di aggiudicarsi un appalto, da parte di un concorrente, a seguito dell’illegittima selezione di un altro partecipante – ai fini del risarcimento del lucro cessante, corrispondente al mancato guadagno, per la elaborazione di un attendibile criterio presuntivo può farsi coerentemente riferimento alla disposizioni contenute nell’art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato F, che quantifica nel 10% del valore dell’appalto, in via forfetaria ed automatica, il margine del guadagno presunto dell’appaltatore nell’esecuzione di appalti di lavori pubblici, tenuto altresì conto che il medesimo criterio è stato di recente ripreso dall’art. 37-septies, comma 1, lettera c), della legge 11 febbraio 1994, n. 109, aggiunto dall’art. 11 della legge 18 novembre 1998, n. 415>
 
Nulla da fare invece per la richiesta relativa ai danni futuri dovuti alla mancata partecipazione ad altri appalti a seguito della mancata esecuzione dell’appalto, illegittimamente, non eseguito:
 
<b) quanto al pregiudizio per la perdita di opportunità in conseguenza dell’impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico collegato alla esecuzione dei lavori, il raggruppamento ricorrente – al fine di adempiere all’onere della prova – ha fatto presente che, qualora l’appalto fosse stato aggiudicato a suo favore, le due principali imprese del raggruppamento medesimo avrebbero aumentato l’iscrizione per l’esecuzione di lavori pubblici; il fatturato concretamente realizzato negli ultimi tre anni, quindi, sarebbe risultato sensibilmente maggiore, con una perdita di utili quantificati (unitamente ai relativi interessi) nella misura complessiva di euro 1.097.229,68. A parte, però, che le previsioni in questione si riferirebbero soltanto ad alcune delle imprese del raggruppamento, il Collegio non può non rilevare che trattasi, comunque, di valutazioni meramente ipotetiche, basate su elementi del tutto aleatori, dando per presupposti fatti non dimostrati, quale quello relativo alla tempestiva e corretta esecuzione dell’appalto in discorso, nonché quello relativo alla successiva aggiudicazione di ulteriori appalti di lavori pubblici di maggior impegno, per le imprese in parola. E ciò senza tener conto della necessità di un prova rigorosa del danno che si asserisce prodotto sotto il profilo in esame, non fornendosi neppure l’indicazione dei bandi di gara di possibile interesse, oltreché delle domande di partecipazione alle gare stesse correlativamente presentate. In tale situazione deve concludersi che, non essendosi provveduto ad adempiere in maniera adeguata all’onere della prova in proposito, questa voce di danno non può essere riconosciuta;>
 
 
a cura di *************
 
 
 
R E P U B B L I C A     I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
sul ricorso iscritto al NRG 3657/2005, proposto dalla A.T.I. costituenda dalle seguenti società: **** ACQUE S.r.l.; **** S.r.l.; **** AGOSTINO; **** S.r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentata e difesa dall’avvocato **************** ed elettivamente domiciliata presso il medesimo in Roma, Via degli Avignonesi, n. 5;
 
contro
 
–     PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente in carica;
 
– COMMISSARIO DELEGATO PER L’EMERGENZA AMBIENTALE NEL TERRITORIO DELLA REGIONE CALABRIA, in persona del Commissario in carica
 
Non costituiti in giudizio;
 
e nei confronti di
 
VINCENZO **** COSTRUZIONI S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa in giudizio dall’avvocato ************** ed elettivamente domiciliato presso il medesimo in Roma, Via G. Antonelli, n.45.
 
per l’annullamento
 
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Roma, Sez. 1-bis, n. 457 del 20 gennaio 2005.
 
Visto il ricorso in appello;
 
visto l’atto di costituzione in giudizio della società controinteressata;
 
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
 
visti gli atti tutti della causa;
 
relatore alla pubblica udienza del 20 dicembre 2005 il consigliere *************** e udito, per la parte appellante, l’avv. ****************;
 
visto il dispositivo n. 724/2005 del 22 dicembre 2005;
 
ritenuto e considerato quanto segue:
 
FATTO
 
Con atto notificato il 27-28 aprile 2005 e depositato il successivo 5 marzo, la costituenda associazione temporanea di imprese indicata in epigrafe ha proposto appello avverso la sentenza del T.A.R. Lazio (Roma) n. 457/05, che aveva respinto il ricorso proposto dalla medesima per: a) l’annullamento degli atti relativi al procedimento della gara inerente all’appalto concorso per la progettazione esecutiva e la costruzione dell’impianto di depurazione in località ******* S ******* e dei relativi collettori, indetta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della Protezione Civile; b) il risarcimento dei danni subiti in conseguenza della assegnazione dell’appalto alla controinteressata S.r.l. *************************.
 
L’appellante lamenta che l’anzidetta società controinteressata non sia stata esclusa per la mancata presentazione della offerta economica in busta separata e sigillata, insistendo, altresì, sul punto del carattere anomalo dell’offerta presentata dalla medesima società, per un ammontare complessivo di euro 3.836.022,77, ritenuto dall’appellante eccessivamente esiguo, se raffrontato con l’offerta della medesima appellante, pari ad euro 4.490.563,14.
 
Si è costituita la menzionata società controinteressata deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto. Con memoria ha fatto anche presente che i lavori relativi all’appalto sono stati conclusi alla data del 3 maggio 2005.
 
In relazione a ciò l’appellante, non essendo più possibile la riassegnazione dell’appalto, con memoria chiede che venga disposto a suo favore il risarcimento del danno, quantificato in base ad apposita perizia prodotta agli atti.
 
La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 20 dicembre 2005.
 
DIRITTO
 
1. – Il raggruppamento di imprese appellante contesta la decisione del Giudice di primo grado – che ha ritenuto infondata l’impugnativa avverso l’aggiudicazione in favore della società controinteressata dell’appalto-concorso relativo ad un impianto di depurazione – riproponendo le censure già in precedenza prospettate.
 
2. – In primo luogo ribadisce che la detta controinteressata doveva essere esclusa dalla procedura di gara, in relazione alla irregolarità dell’offerta economica da essa presentata, in quanto non contenuta in apposita busta sigillata e controfirmata, come prescritto dal bando di gara e dal capitolato speciale prestazionale.
 
3. – Ritiene la Sezione che tale doglianza sia fondata ed assorbente.
 
3.1. – Come indicato nel bando di gara, i plichi sigillati contenenti l’offerta e le documentazioni richieste, da far pervenire alla Stazione appaltante nel termine stabilito, pena l’esclusione dalla gara, dovevano contenere al loro interno tre buste, a loro volta sigillate con ceralacca e controfirmate sui lembi di chiusura, recanti l’intestazione del mittente e la dicitura, rispettivamente: “A – Documenti per l’ammissione alla gara”; “B – Elementi tecnici”; “C – Offerta economica e garanzie”.
 
Riguardo a quest’ultima busta, al punto 43.3 del menzionato capitolato speciale prestazionale veniva precisato che in essa andavano inclusi: 1) offerta economica (in apposita busta sigillata e controfirmata); 2) elenco prezzi unitari; 3) stima dei lavori; 4) oneri connessi al piano di sicurezza; 5) polizza cauzionale.
 
3.2. – Secondo l’assunto dell’appellante, l’omessa inclusione in una ulteriore busta sigillata e controfirmata della offerta economica, da parte della società controinteressata, ne avrebbe dovuto comportare l’esclusione dalla gara per la non conformità alle prescrizioni del capitolato speciale, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione giudicatrice (verbale n. 6 in data 8 giugno 2002).
 
Sostiene, in concreto, l’appellante che la mancata applicazione delle suindicata prescrizioni sarebbe suscettibile di incidere sul principio di segretezza dell’offerta e sul corretto procedimento di gara, come delineato dall’art. 46 del capitolato speciale in parola, in base al quale, una volta esaurite le operazioni relative alle valutazioni tecniche, la Commissione doveva procedere all’apertura del plico “C”, verificando la presenza dei documenti richiesti e della congruità delle offerte economiche, aprendo poi le buste contenenti le offerte economiche, per determinare, in seguito, l’offerta economicamente più vantaggiosa, ai fini dell’aggiudicazione dell’appalto- concorso di cui si tratta.
 
4. – Tali argomentazioni appaiono condivisibili.
 
4.1. – Anzitutto è opportuno precisare che, contrariamente a quanto ritenuto in prime cure, risulta in concreto irrilevante la circostanza che per la omessa osservanza delle ulteriori prescrizioni del capitolato speciale – relative in particolare alla busta “C”, ed alla inclusione della offerta economica complessiva in una apposita busta sigillata e controfirmata – non sia stata espressamente stabilita la inevitabile esclusione dalla gara d’appalto.
 
Un simile effetto, invero, in un procedimento come quello in questione, strettamente informato ai principi di segretezza delle offerte e di correttezza delle valutazioni relative alle offerte di partecipanti, deve farsi comunque derivare da ogni violazione delle norme di gara che comporti in qualche modo la mancata applicazione degli anzidetti criteri posti a presidio della “par condicio” dei partecipanti e, quindi, della trasparenza ed imparzialità nello svolgimento della procedura (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 22 aprile 2004, n. 2308; 10 aprile 2002, n. 1972).
 
4.2. – Nel caso in esame, d’altronde, ogni dubbio al riguardo può essere superato dall’esame delle disposizioni del già citato art. 46 del capitolato speciale in cui viene indicata la sequenza temporale delle operazioni demandate alla Commissione giudicatrice, prevedendosi che dopo l’apertura della busta “C” la Commissione stessa, verificata la presenza dei documenti richiesti, doveva verificare la congruità delle offerte economiche (comprendenti: elenco prezzi unitari, stima dei lavori, oneri economici connessi al piano di sicurezza, polizza cauzionale), e solo dopo tali adempimenti si dovevano aprire le buste sigillate contenenti la vera e propria “offerta economica” di carattere complessivo, per poter determinare, in seguito, l’offerta economicamente più vantaggiosa, in applicazione dei criteri stabiliti, stilando la graduatoria finale.
 
4.3. – Questo era, dunque, il procedimento esattamente prefigurato dalla normativa di gara, finalizzato, con ogni evidenza, all’espletamento delle delicate operazioni richieste in condizioni di assoluta segretezza ed imparzialità dei giudizi tecnici da formulare, non avendo alcun senso, altrimenti, il prescritto inserimento dell’offerta in una busta separata.
 
E la mancata rigorosa applicazione delle prescrizioni dettate al riguardo non potevano non riflettersi sulla legittimità delle determinazioni finali assunte in proposito.
 
4.4. – In particolare, il mancato inserimento dell’offerta economica complessiva in una busta sigillata e controfirmata, all’interno della busta “C”, rendendo immediatamente palese tale offerta, prima ancora dell’esame degli altri elementi concernenti i prezzi unitari e le stime e gli oneri relativi ai lavori, precludeva la possibilità di salvaguardare integralmente l’imparzialità di detto esame, in quanto potenzialmente influenzabile dalla avvenuta conoscenza di detta offerta complessiva.
 
4.5. – Né può ritenersi valida l’obiezione della società resistente che segnala la corrispondenza dell’offerta complessiva alla sommatoria dei prezzi unitari, trattandosi di elementi da valutare partitamente, in tempi diversi, con finalità sostanzialmente eterogenee; la corrispondenza dei dati relativi, d’altronde, non era comunque di immediata percezione, richiedendo una apposito calcolo, mediante specifiche operazioni aritmetiche, peraltro non previste dal regolamento di gara.
 
4.6. – In tale prospettiva appaiono anche fondate le censure dell’appellante che contesta il procedimento in concreto seguito dalla Commissione in parola, che avrebbe posto in essere una disparità di trattamento in favore della controinteressata, esaminando prioritariamente l’offerta economica invece della stima dei lavori e dei prezzi unitari.
 
4.7. – Per ciò solo, dunque, il ricorso deve essere accolto, in quanto la riscontrata illegittimità del procedimento di aggiudicazione comporta l’annullamento dell’aggiudicazione stessa, in favore della società controinteressata, che doveva, invece, essere esclusa della procedura, con conseguente aggiudicazione dell’appalto in favore della attuale ricorrente, classificatasi al secondo posto della graduatoria, come risulta dal verbale n. 6 redatto dalla Commissione giudicatrice in data 8 giugno 2002.
 
4.8. – Resta in tal modo assorbita ogni altra censura dedotta dall’appellante.
 
5. – Deve ora passarsi all’esame delle questioni relative alla determinazione del danno subìto dal raggruppamento d’imprese attuale ricorrente, il quale ne ha ritualmente chiesto il risarcimento, per equivalente, producendo anche apposita perizia ai fini della sua quantificazione. Nella fattispecie in esame resta, infatti, preclusa la possibilità della reintegrazione in forma specifica, ossia della assegnazione dell’appalto all’odierno ricorrente, atteso che i lavori relativi all’appalto stesso risultano ormai conclusi alla data del 3 maggio 2005.
 
5.1. – Giova premettere che il Collegio non ritiene di discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale, coerente con le esigenze di piena tutela degli amministrati postulate anche dall’ordinamento comunitario, secondo cui il danno ingiusto causato dalla Pubblica amministrazione (ancorché riferito – come avvenuto nella specie – alla lesione di interessi legittimi) comporta una responsabilità di tipo extracontrattuale che, ai sensi dell’art. 2043 Cod. civ., richiede comunque la verifica della sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 6 luglio 2004, n. 5012; 10 agosto 2004, n. 5500).
 
Nel caso in esame, peraltro, non possono sussistere dubbi in ordine alla responsabilità dell’Amministrazione la quale, ponendo in essere un comportamento chiaramente colposo, non ha dato corretta applicazione alle norme che presiedevano allo svolgimento della gara in questione.
 
5.2. – Si deve ancora ricordare, preliminarmente, che il pregiudizio risarcibile si compone, secondo la definizione offerta dall’art. 1223 Cod. civ., del danno emergente e del lucro cessante, ossia della diminuzione reale del patrimonio del privato, per effetto di esborsi connessi alla (inutile) partecipazione al procedimento di gara; nonché della perdita di un’occasione di guadagno o, comunque, di un’utilità economica connessa all’adozione o all’esecuzione del provvedimento illegittimo.
 
5.3. – Per quanto riguarda l’onere della prova, per la prima voce di danno (quello emergente) da parte della stessa giurisprudenza si ritiene sufficiente che siano documentate le spese sostenute; per la seconda (lucro cessante) sussistono maggiori difficoltà, in quanto il privato deve dimostrare anche il mancato accrescimento della sua sfera patrimoniale nella misura che avrebbe raggiunto se il provvedimento amministrativo riconosciuto illegittimo non fosse stato adottato od eseguito (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 14 febbraio 2003, n. 2).
 
5.4. – In ogni caso, poiché la legge 21 luglio 2000, n. 205, non ha introdotto nel processo amministrativo l’azione di condanna generica al risarcimento dei danni prevista dall’art. 278 del Cod. proc. civ., il Giudice amministrativo, se nella sentenza di condanna non esaurisce l’intera attività cognitoria (precisando l’esatto ammontare del risarcimento per equivalente), è comunque tenuto ad indicare alla Pubblica amministrazione le modalità cui attenersi nella fase della successiva liquidazione, in base al disposto dall’art. 35 del D.Lgs 31 marzo 1998, n. 80, che al comma 2 prevede espressamente per le ipotesi di risarcimento che “il giudice amministrativo può stabilire i criteri in base ai quali l’amministrazione pubblica o il gestore di pubblico servizio devono proporre a favore dell’avente titolo il pagamento di una somma entro congruo termine” (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 2 marzo 2004, n. 942).
 
5.5. – Soccorrono, in proposito, taluni criteri presuntivi di determinazione dell’ammontare del danno.
 
In particolare, per quello che concerne specificamente la questione che ci occupa – riguardante la perdita dell’occasione di aggiudicarsi un appalto, da parte di un concorrente, a seguito dell’illegittima selezione di un altro partecipante – ai fini del risarcimento del lucro cessante, corrispondente al mancato guadagno, per la elaborazione di un attendibile criterio presuntivo può farsi coerentemente riferimento alla disposizioni contenute nell’art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248 allegato F, che quantifica nel 10% del valore dell’appalto, in via forfetaria ed automatica, il margine del guadagno presunto dell’appaltatore nell’esecuzione di appalti di lavori pubblici, tenuto altresì conto che il medesimo criterio è stato di recente ripreso dall’art. 37-septies, comma 1, lettera c), della legge 11 febbraio 1994, n. 109, aggiunto dall’art. 11 della legge 18 novembre 1998, n. 415 (cfr. la già citata decisione Cons. Stato Sez. IV n. 478 del 2005).
 
5.6. – Tanto premesso, può procedersi alla individuazione dei criteri che, alla stregua dei principi sopra enunciati, possono prendersi come base per la determinazione in concreto dell’ammontare del risarcimento spettante al raggruppamento ricorrente il quale, in sede di proposizione dell’appello, aveva indicato come riferimento l’ammontare del 10% dell’offerta dell’aggiudicataria (euro 3.836.022,77), mentre in vista della discussione del gravame ha prodotto una “perizia ****” nella quale si determina un ammontare complessivo del danno subìto pari ad euro 2.168.380,88.
 
5.7. – La Sezione, sulla scorta di tutti gli elementi acquisiti, ritiene che il risarcimento del danno dovuto al predetto raggruppamento ricorrente debba computarsi come segue:
 
A) DANNO EMERGENTE:
 
a) in relazione alla direttiva del Consiglio delle Comunità Europee 92/13/CEE in data 25 febbraio 1992, potrà tenersi conto delle spese o dei costi sostenuti per la preparazione dell’offerta e per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione;
 
b) le spese legali non sono computabili, in quanto la relativa liquidazione è oggetto di autonoma statuizione giurisdizionale;
 
B) LUCRO CESSANTE:
 
a) in proposito deve osservarsi che il raggruppamento ricorrente – in quanto secondo classificato – senza la illegittima assegnazione dell’appalto alla controinteressata avrebbe vinto la gara di cui si tratta; non si ravvisano impedimenti, pertanto, per la eventuale determinazione della misura del lucro cessante nella misura massima del 10% dell’importo offerto dalla medesima ricorrente (euro 4.490.563,14), omettendosi le decurtazioni eventualmente da apportare in caso diverso (cfr. la citata decisione Cons. Stato, Sez. IV, n. 478 del 2005). Ciò posto, risultando ricompresa nella menzionata misura percentuale del 10%, ai fini della determinazione del lucro cessante può farsi riferimento alla somma relativa all’utile previsto (408.233,01) indicata dalla stessa interessata in sede di formulazione dell’offerta;
 
b) quanto al pregiudizio per la perdita di opportunità in conseguenza dell’impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico collegato alla esecuzione dei lavori, il raggruppamento ricorrente – al fine di adempiere all’onere della prova – ha fatto presente che, qualora l’appalto fosse stato aggiudicato a suo favore, le due principali imprese del raggruppamento medesimo avrebbero aumentato l’iscrizione per l’esecuzione di lavori pubblici; il fatturato concretamente realizzato negli ultimi tre anni, quindi, sarebbe risultato sensibilmente maggiore, con una perdita di utili quantificati (unitamente ai relativi interessi) nella misura complessiva di euro 1.097.229,68. A parte, però, che le previsioni in questione si riferirebbero soltanto ad alcune delle imprese del raggruppamento, il Collegio non può non rilevare che trattasi, comunque, di valutazioni meramente ipotetiche, basate su elementi del tutto aleatori, dando per presupposti fatti non dimostrati, quale quello relativo alla tempestiva e corretta esecuzione dell’appalto in discorso, nonché quello relativo alla successiva aggiudicazione di ulteriori appalti di lavori pubblici di maggior impegno, per le imprese in parola. E ciò senza tener conto della necessità di un prova rigorosa del danno che si asserisce prodotto sotto il profilo in esame, non fornendosi neppure l’indicazione dei bandi di gara di possibile interesse, oltreché delle domande di partecipazione alle gare stesse correlativamente presentate. In tale situazione deve concludersi che, non essendosi provveduto ad adempiere in maniera adeguata all’onere della prova in proposito, questa voce di danno non può essere riconosciuta;
 
C) INTERESSI E RIVALUTAZIONE MONETARIA:
 
a) sulle somme liquidate ai sensi di quanto sopra indicato, relative al risarcimento del danno e, quindi, ad un debito di valore, deve aggiungersi la rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT, da computarsi dalla data della stipula del contratto da parte dell’impresa che è rimasta illegittimamente aggiudicataria, fino alla data di deposito della presente decisone (data, quest’ultima, che costituisce il momento in cui, per effetto della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta);
 
b) sulle somme rivalutate non si ritiene, invece, che debbano altresì aggiungersi gli interessi nella misura legale (secondo il tasso vigente all’epoca della stipulazione del contratto, a decorrere dalla data della stipulazione medesima e fino a quella di deposito della presente decisione) atteso che, altrimenti, si produrrebbe l’effetto di far conseguire al creditore più di quanto lo stesso avrebbe ottenuto nel caso di assegnazione dell’appalto (cfr. Cons. Giust. Reg. Sicilia, 22 aprile 2005, n. 276);
 
c) sulla somma totale, calcolata secondo le indicazioni di cui sopra, debbono comunque farsi decorrere gli interessi legali dalla data di deposito della presente decisione fino all’effettivo soddisfo.
 
5.8. – Sulla base delle considerazioni sopra svolte, si dispone che la Stazione appaltante provveda a liquidare in favore del raggruppamento appellante una somma a titolo sia di danno emergente che di lucro cessante, determinata secondo i criteri suindicati, entro il termine massimo di sessanta giorni dalla data di comunicazione o, se anteriore, da quella di notifica della presente decisione.
 
6. – Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato in dispositivo.
 
P.Q.M.
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe:
 
accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso in primo grado e annulla l’aggiudicazione dell’appalto disposta in favore della società ********************************;
condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri -Dipartimento per la protezione civile – a risarcire il danno subìto dalla ricorrente A.T.I. costituenda dalle seguenti società: **** Acque S.r.l.; **** S.r.l.; **** Agostino; **** S.r.l., liquidato secondo i criteri indicati in motivazione;
condanna la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della protezione civile – e la società ********************************, in solido fra loro, a rifondere in favore del suindicato raggruppamento ricorrente le spese di ambedue i gradi di giudizio, che liquida in complessivi euro 8.000,00 (ottomila).
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 20 dicembre 2005
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA – 28/04/2006
 

Lazzini Sonia

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