Per il principio della buona fede la compagnia telefonica è obbligata ad informare l’utente di anomalie nei consumi

sentenza 22/02/07
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MASSIMA
 
“In tema di contratti di telefonia costituisce comportamento contrario a buona fede e correttezza l’attendere la fine del periodo di fatturazione per avvisare l’utente dell’andamento anomalo del rapporto sì da pretendere il pagamento dell’intera fattura. In sostanza, nel caso di traffico telefonico non rispondente a quello usualmente consumato dall’utente la Telecom deve inviare anticipatamente la bolletta telefonica con gli effettivi consumi o in alternativa sospendere precauzionalmente il servizio, altrimenti può incorrere in responsabilità per inadempimento”.
 
COMMENTO
 
Con la sentenza n. 505/2006 il Tribunale di Brindisi ha sancito, in forza del principio di buona fede e correttezza contrattuale, così come previsto dall’art. 1175 e 1375 c.c., l’obbligo a carico del gestore telefonico di informare tempestivamente l’utente di anomalie nei consumi ed eventualmente di procedere alla sospensione cautelativa del servizio.     
Ne consegue, pertanto, secondo il giudice di merito che, in assenza di tali “accortezze”,                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         la Compagnia telefonica deve ritenersi inadempiente nei confronti del consumatore, con conseguente riconoscimento a favore di quest’ultimo del diritto a non corrispondere l’intera somma fatturata.
 
LA QUESTIONE
La vicenda oggetto della pronuncia in commento trae origine da una bolletta telefonica, emessa in data 18 ottobre 1998 dalla Telecom Italia s.p.a. a carico del Sig. XXX, dell’importo di Lire 12.015.000 (Euro 6.205,23) relativa al periodo di utenza 30 luglio – 29 settembre 1998.
L’utente, che era solito pagare cifre irrisorie (Lire 100.000 – 200.000) per tale servizio, ha poi appreso dall’analisi dei tabulati che tali importi erano riconducibili a chiamate verso direttrici internazionali (prefisso 00) effettuate da suo figlio, affetto da disturbo psicotico – dissociativo.
Il Sig. XXX, quindi, ritenendo che fosse onere della Telecom informarlo del verificarsi di livelli anomali di traffico rispetto ai suoi normali consumi, citava in giudizio la Compagnia telefonica, al fine di sentire dichiarare che egli non era tenuto a corrispondere alla stessa la somma di Lire 12.015.000 (Euro 6.205,23).
L’attore chiedeva, inoltre, la condanna della società convenuta al risarcimento dei danni in suo favore nella misura di Lire 11.800.000 (Euro 6.094,19), pari alla differenza tra la fattura oggetto di contestazione e la medie delle bollette pregresse, o nella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia.
Il Sig. XXX invocava, a giuridico fondamento della sua pretesa, l’art. 42 del Regolamento di servizio, approvato con D.M. dell’ 8 maggio 1997 in forza del quale, in presenza di anomali livelli di traffico, il gestore telefonico ha diritto ad inviare una bolletta anticipata e/o di sospendere precauzionalmente il servizio, nonché l’obbligo di mettersi in comunicazione con l’abbonato per verificare l’effettiva esecuzione delle chiamate.
Si costituiva in giudizio la Telecom s.p.a. che si difendeva sostenendo che il richiamato art. 42 del regolamento – contratto di servizio, non comportava alcun onere a carico della compagnia, ma solo un diritto che avrebbe potuto esercitare per difendersi da future contestazioni. La società convenuta, a sostegno della propria difesa, esponeva che, in alcun modo, avrebbe potuto informare preventivamente l’utente, in quanto alla generalità dei dipendenti è precluso l’accesso ai dati e alle notizie concernenti le chiamate effettuate dagli utenti.
 
LA DECISIONE DEL TRIBUNALE
ED IL PRINCIPIO DI BUONA FEDE CONTRATTUALE
 
Il Tribunale adito, accolta la domanda dell’attore, ha osservato che, al di là della previsione dell’art. 42 del regolamento di servizio, la Telecom s.p.a. è tenuta nell’esecuzione del contratto di abbonamento telefonico a comportarsi secondo buona fede e correttezza ex art. 1175 e 1375 c.c..
Il giudice di prime cure, richiamando una recente pronuncia della Corte di Cassazione (n. 3185 del 04/03/2003), si sofferma sul contenuto del principio di buona fede e correttezza contrattuale, sottolineando come esso si sostanzi, tra l’altro, in un generale dovere di solidarietà, che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, nonché a svolgere tutte le attività necessarie alla salvaguardia degli stessi.
Il principio di buona fede contrattuale, quindi, costituisce oggetto di un vero e proprio obbligo giuridico che si considera violato dalla parte contrattuale che, anche non dolosamente, ometta di tenere un comportamento improntato alla diligente correttezza.
Esso, peraltro, si impone con maggiore forza nei contratti di adesione (qual è il contratto di abbonamento telefonico), in cui è una sola delle parti a predisporre unilateralmente il contenuto dell’accordo, senza possibilità per l’altra di disporre o modificare le clausole inserite.
Orbene secondo il Tribunale, nel caso di specie, la società convenuta, omettendo di comunicare al consumatore l’anomalo traffico telefonico ed attendendo la fine del periodo di fatturazione, sì da pretendere l’intero importo della fattura, ha violato il principio di buona fede contrattuale.
A nulla, infatti, vale l’eccezione sollevata dalla società convenuta secondo cui i dipendenti non possono accedere ai dati ed alle notizie concernenti le telefonate, in quanto la Compagnia telefonica ha, comunque, la facoltà di verificare l’andamento del traffico telefonico e, conseguentemente, avvisare l’utente di eventuali anomalie rispetto al precedente trend di consumi.
Per tali ragioni, il Tribunale ha ritenuto sussistente l’inadempimento da parte della Telecom agli obblighi di buona fede e correttezza del contratto con conseguente diritto dell’utente a non corrispondere la somma richiesta, e ove versata ad ottenerne dalla società convenuta la restituzione.
 
Dott.ssa Federica Malagesi 

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