Pensione anticipata: a quanti anni posso andare in pensione?

Redazione 08/05/17
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Chi ha diritto alla pensione anticipata? Come e a quanti anni si può andare in pensione prima del tempo? A tutte queste domande ci sono risposte legislative, alcune già operative, altri dall’imminente entrata in vigore. Certo non è facile raccapezzarsi in una materia così vasta quale quella previdenziale, che muta non solo in base all’anno di nascita del pensionando di riferimento, ma anche a seconda degli anni contributivi effettivamente lavorati. Vi forniamo una prima infarinatura sul tema, così da acquisire gli strumenti con i quali comprendere a quale tipologia di Ape fare riferimento, tramite un estratto dal manuale di Gabriele Bonati – Pietro Gremigni, Previdenza 2017 – Guida alle Novità, Maggioli Editore, 2017.

 

Che cos’è l’Ape?

“Le due novità principali che interessano la pensione anticipata riguardano l’introduzione della pensione anticipata “ridotta” rispetto a quella ordinaria a vantaggio esclusivo dei “vecchi iscritti” che hanno iniziato a lavorare presto (cosiddetti precoci) e l’abolizione definitiva della penalizzazione della misura della pensione che avrebbe dovuto entrare in vigore dal 2018 per gli under sessantaduenni.

Prima di entrare nel merito vediamo di inquadrare la disciplina della pensione anticipata dopo la legge Fornero del 2011.

La pensione anticipata sostituisce quella di anzianità e dal 2012 spetta, per la generalità degli assicurati, in presenza di un minimo di anzianità contributiva (al posto dei precedenti 40 anni) a prescindere dall’età agli iscritti in tutti i regimi previdenziali obbligatori che abbiano un’età inferiore ai limiti di età per avere diritto alla pensione di vecchiaia (art. 24 comma 10):

– 42 anni e 10 mesi per gli uomini;

– 41 anni e 10 mesi per le donne in relazione al triennio 2016-2018 e soggetto agli incrementi per la speranza di vita dal 2019 in poi.

 

Pensione anticipata: quali sono i requisiti contributivi?

Ai fini del raggiungimento di tali requisiti è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità disciplinata dalla previgente normativa (INPS, circ. 35/2012). Pertanto ai fini del raggiungimento di tale requisito è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurato.

Ai fini della maturazione del requisito dei 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità resta ferma la previgente disciplina secondo la quale dalla contribuzione utile resta esclusa quelle figurativa per malattia e per disoccupazione (INPS ex gestione Enpals, circ. 36/2012). Resta fermo l’obbligo di cessare il rapporto di lavoro subordinato.

 

Come conteggiare gli anni di malattia e disoccupazione?

Il requisito dei 35 anni di anzianità contributiva. La previgente disciplina alla legge Fornero stabiliva che dalla contribuzione utile ai fini del calcolo dei 35 anni di anzianità contributiva resta esclusa quelle figurativa per malattia e per disoccupazione. In pratica, riprendendo un passaggio della circolare INPS 44/1996, ai fini del perfezionamento del requisito della maggiore anzianità contributiva (all’epoca pari ai 40 anni a prescindere dal requisito anagrafico), richiesto per l’accesso al pensionamento di anzianità, deve essere computata tutta la contribuzione, ivi compresa quella non utile per il diritto alla pensione di anzianità, fermo restando che, in ogni caso, deve risultare contestualmente perfezionato anche il requisito dei 35 anni di contribuzione utile per il diritto a pensione, requisito che non può comprendere i periodi di malattia e disoccupazione.

Ciò significa che, in relazione all’attuale requisito per la pensione anticipata, che una volta maturati i 35 anni con il predetto criterio, i periodi di malattia e disoccupazione sono da conteggiare ai fini del diritto e non solo della misura della pensione. In ogni caso soprattutto per i periodi di malattia occorre distinguere: 

  • i periodi di malattia retribuiti in misura ridotta (con intervento dell’INPS ma anche del datore di lavoro che integra l’indennità di malattia), diversamente dai periodi di malattia per i quali non sussiste il diritto ad alcuna retribuzione, sono utili ai fini del diritto alla pensione di anzianità, trattandosi comunque di periodi retribuiti;
  • i periodi di malattia (con assenza di retribuzione) inferiori a 7 giorni o che eccedono il massimale (24 mesi) non sono accreditabili; 3) gli altri periodi di assenza che nell’anno superano i 7 giorni e non retribuiti in misura ridotta devono essere sommati, il risultato diviso 7 (con arrotondamento per eccesso), per ottenere il n. di settimane accreditabili.

I soggetti con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre dal 1° gennaio 1996 possono conseguire il diritto alla pensione anticipata al ricorrere dei predetti requisiti di anzianità contributiva. Ai fini del computo di detta contribuzione non concorre quella derivante dalla prosecuzione volontaria, mentre quella accreditata per periodi di lavoro precedenti il raggiungimento del 18° anno di età è moltiplicata per 1,5 (v. INPS, circ. 35/2012)”.

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