Patteggiamento: modifiche apportate dalla riforma Cartabia

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Tra gli interventi operati dalla riforma Cartabia per quanto concerne i procedimenti speciali, vanno segnalati quelli riguardanti l’applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento).
Ebbene, scopo del presente scritto è quello di vedere come la suddetta riforma abbia operato per questo rito speciale.

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Indice

1. Le modifiche apportate all’art. 444 c.p.p.


Per quanto inerisce l’art. 444 cod. proc. pen. che, come è noto, regola l’applicazione della pena su richiesta, l’art. 25, co. 1, lett. a), d.lgs., 10/10/2022, n. 150 dispone quanto segue: “1) al comma 1, la parola: «sanzione» è sostituita con la seguente: «pena» e, dopo il primo periodo, è aggiunto il seguente: «L’imputato e il pubblico ministero possono altresì chiedere al giudice di non applicare le pene accessorie o di applicarle per una durata determinata, salvo quanto previsto dal comma 3-bis, e di non ordinare la confisca facoltativa o di ordinarla con riferimento a specifici beni o a un importo determinato.»; 2) al comma 2, dopo le parole: «circostanze prospettate dalle parti,» sono inserite le seguenti «le determinazioni in merito alla confisca,» e le parole: «congrua la pena indicata» sono sostituite dalle seguenti: «congrue le pene indicate,»;”.
Pertanto, oltre alla sostituzione della parola sanzione con la parola pena (in guisa tale che il primo periodo del primo comma dispone adesso che l’“imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l’applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una pena sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria”, la seconda modifica “riguarda la latitudine dell’accordo tra le parti che può essere sottoposto al giudice, essendo previsto, per effetto dell’introduzione del secondo periodo dell’art. 444, comma 1, cod. proc. pen., ad opera dell’art. 25, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 150 del 2022, che «l’imputato e il Pubblico ministero possono altresì chiedere al giudice di non applicare le pene accessorie o di applicarle per una durata determinata, salvo quanto previsto dal comma 3-bis, e di non ordinare la confisca facoltativa o di ordinarla con riferimento a specifici beni o a un importo determinato»” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, Rel. n. 2/2023 del 5/01/2023, p. 109), trattandosi di “disposizione che, all’evidenza, assolve alla funzione di incentivare il ricorso alla definizione dei procedimenti tramite il rito alternativo oggetto dell’intervento riformatore, laddove amplia l’oggetto della negoziazione «nella consapevolezza del fatto di comune esperienza per cui sono spesso le pene accessorie e la confisca ad essere avvertite come le sanzioni più afflittive»” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 109), rimanendo però “fermo il microsistema separato del patteggiamento nel caso di procedimenti per reati contro la Pubblica amministrazione, oggetto di una specifica clausola di riserva formulata con l’espressione «salvo quanto previsto dal comma 3-bis»” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 109).
Ciò posto, per quanto invece concerne il comma secondo, si è proceduto all’“estensione del controllo giudiziale di cui all’art. 444, comma 2, cod. proc. pen. che ha ad oggetto anche le determinazioni delle parti in merito alla confisca e la congruità delle pene indicate” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 109), nel senso di estendere “la verifica del giudice ai due nuovi oggetti, la confisca e le pene accessorie” (così: la relazione illustrativa), ritenendosi, in particolare, “che passare dall’attuale singolare (“congrua la pena indicata”) al plurale (“congrue le pene indicate”) sia idoneo a ricomprendere le pene accessorie” (così: la relazione illustrativa).
Pertanto, è adesso stabilito al primo periodo di tale comma che se, “vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, le determinazioni in merito alla confisca, nonché congrue le pene indicate, ne dispone con sentenza l’applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti”.


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2. La modifica apportata all’art. 445 c.p.p.


Per quanto invece inerisce l’art. 445 cod. proc. pen. che, come risaputo, regolamenta gli effetti dell’applicazione della pena su richiesta, l’art. 25, co. 1, lett. b), d.lgs., 10/10/2022, n. 150 statuisce quanto sussegue: “«1-bis. La sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia e non può essere utilizzata a fini di prova nei giudizi civili, disciplinari, tributari o amministrativi, compreso il giudizio per l’accertamento della responsabilità contabile. Se non sono applicate pene accessorie, non producono effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, alla sentenza di condanna. Salvo quanto previsto dal primo e dal secondo periodo o da diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna.»;”.
Orbene, come rilevato in sede scientifica (GIALUZ), per effetto delle modifiche apportate a siffatta disposizione legislativa, si è operata “una profonda riscrittura del comma 1-bis dell’art. 445 c.p.p., che si fonda su diversi livelli” (M. GIALUZ, Per un processo penale più efficiente e giusto. Guida alla lettura della riforma Cartabia. Profili processuali, 2/11/2022, in sistemapenale.it, p. 55).
Nel dettaglio, a un primo livello (art. 445, comma 1-bis, primo periodo c.p.p.), si è voluta “sancire l’irrilevanza probatoria della sentenza di patteggiamento in ogni procedimento giurisdizionale diverso da quello penale e, quindi, innanzi al giudice civile, a quello amministrativo, a quello tributario e a quello della responsabilità erariale, quando il fatto storico oggetto della sentenza di patteggiamento possa avere una qualche rilevanza in quelle sedi” (così: la relazione illustrativa).
Dunque, sembrerebbero essere esclusi, dal margine applicativo di codesto precetto normativo, “i procedimenti penali” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 111), così come “dovrebbe discendere che il divieto di utilizzabilità, anche a fini probatori, della sentenza di patteggiamento, sia limitata ai giudizi diversi da quello penale” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 111).
Ciò posto, invece, a “un secondo livello (art. 445, comma 1-bis, secondo periodo c.p.p.), ricordando la formulazione dell’art. 20 c.p. («le pene principali sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna; quelle accessorie conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali di essa»), si propone di stabilire che, ogni qual volta, per effetto della sentenza di patteggiamento, non si applichino le pene accessorie (ciò già avviene ex lege sino ai due anni ed avverrà in base ad eventuale accordo di parte sopra i due anni, per effetto del nuovo art. 444, comma 1 c.p.p.), non produrranno effetti le disposizioni di leggi diverse da quelle penali che equiparano la sentenza prevista dall’articolo 444, comma 2, c.p.p. alla sentenza di condanna” (così: la relazione illustrativa).

3. Le modifiche apportate all’art. 446 c.p.p.


L’art. 25, co. 1, lett. c), d.lgs., 10/10/2022, n. 150, invece, interviene sull’art. 446 cod. proc. pen. nella seguente maniera: “1) al comma 1, al secondo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o all’udienza prevista dal comma 2-bis dello stesso articolo»; 2) al comma 3, le parole: «nelle forme previste dall’articolo 583, comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore»;”.
Orbene, la ragione di siffatte modificazioni è riconducibile al fatto che, da un lato, essendo “stato modificato l’art. 458 cod. proc. pen. mediante l’introduzione del comma 2-bis che prevede la possibilità di chiedere il giudizio abbreviato non condizionato, il patteggiamento o la sospensione del procedimento con messa alla prova nel caso in cui sia stata rigettata la richiesta di giudizio abbreviato condizionato successivamente alla notifica del decreto di giudizio immediato, il legislatore ha armonizzato l’art. 446 cod. proc. pen. con la predetta disposizione prevedendo, nell’ultima parte, l’indicazione dell’udienza prevista dall’art. 458, comma 2-bis, cod. proc. pen. fra le fasi procedimentali nel corso delle quali è possibile formulare la richiesta di patteggiamento” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 112), dall’altro, la “soppressione dell’art. 583 cod. proc. pen. ha determinato la modifica dell’art. 446, comma 3, cod. proc. pen. attraverso la sostituzione del riferimento alla predetta norma con quello a «notaio, persona autorizzata o difensore», analogamente a quanto visto in materia di giudizio abbreviato relativamente alla forma di espressione della volontà dell’imputato” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 112).

4. Le modifiche apportate all’art. 447 c.p.p.


L’art. 447 cod. proc. pen. che, come noto, disciplina la richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari, è stato modificato dall’art. 25, co. 1, lett. d), d.lgs., 10/10/2022, n. 150 nei seguenti termini: “all’articolo 447, comma 1, al primo periodo le parole: «in calce alla richiesta» sono soppresse e, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Nel decreto di fissazione dell’udienza la persona sottoposta alle indagini è informata che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa.»”.
Di conseguenza, è adesso stabilito “che il decreto di fissazione dell’udienza venga emesso non già in calce alla richiesta ma con provvedimento autonomo che deve contenere l’informazione della facoltà, per la persona sottoposta alle indagini, «di accedere ai programmi di giustizia riparativa» di cui all’art. 53 d.lgs. n. 150 del 2022” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 112).
“L’accesso a tali programmi, pertanto, si pone quale alternativa che deve essere conosciuta dal richiedente l’applicazione della pena quale requisito necessario prima della decisione sull’istanza di accesso alla definizione del giudizio secondo il rito alternativo in esame” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 112).
“In sostanza, ad un provvedimento predisposto «in calce alla richiesta» si sostituisce un decreto autonomo che deve contenere un requisito ulteriore rispetto a quelli di cui alla prima parte dell’art. 447, comma 1, cod. proc. pen., ossia l’informazione che è in facoltà del richiedente di accedere ai programmi di giustizia riparativa” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 112), fermo restando che, in “assenza di specifiche sanzioni per il caso in cui tale avviso manchi o sia formulato in termini tali da non consentirne la effettiva fruibilità da parte del destinatario, potrebbe ritenersi che trovino applicazione le regole generali in punto di tassatività delle nullità processuali” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 112).
“In ogni caso, l’interesse a presidio del quale è posta la norma, a fronte di un soggetto che ha, nella pratica, il preciso interesse alla rapida e sollecita conclusione del procedimento penale, è quello di far sì che costui sia edotto della possibilità di una definizione alternativa (che nell’ottica del legislatore della riforma è sempre auspicabile) attraverso un procedimento esterno al processo” (Ufficio del Massimario della Suprema Corte di Cassazione, op. cit., p. 112).

5. Le modifiche apportate all’art. 448 c.p.p.


L’art. 25, co. 1, lett. e), d.lgs., 10/10/2022, n. 150, infine, stabilisce quanto segue: “all’articolo 448: 1) dopo il comma 1, è inserito il seguente: «1-bis. Nei casi previsti dal comma 1, quando l’imputato e il pubblico ministero concordano l’applicazione di una pena sostitutiva di cui all’articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, il giudice, se non è possibile decidere immediatamente, sospende il processo e fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 545-bis, comma 2.»; 2) al comma 3, dopo le parole «dell’articolo 578» sono aggiunte le seguenti: «, comma 1»”.
Orbene, va a tal proposito che siffatta disposizione legislativa contempla due presupposti applicativi, vale a dire: “a) che le parti si trovino già davanti al giudice e non abbiano potuto o voluto per qualsiasi causa raggiungere un consenso sull’applicazione di una pena sostitutiva; b) che sia raggiunto almeno un accordo sulla pena e sulla sua applicazione ai sensi dell’articolo 444 c.p.p.” (così: la relazione illustrativa), fermo restando che, per effetto di questo innesto legislativo, come emerge dalla relazione illustrativa, si è voluto proporre “questa interpretazione dell’espressione quando l’imputato e il pubblico ministero concordano l’applicazione di una pena sostitutiva, intendendo che l’accordo almeno generale deve essere già raggiunto e deve precedere la richiesta di differimento dell’udienza, di cui costituisce il presupposto” (così: la relazione illustrativa) atteso che si vuole “scongiurare il rischio di richieste esplorative o peggio dilatorie, oltre che impegnare invano l’Ufficio esecuzione penale esterna in attività preparatorie che poi non hanno concreto esito processuale” (così: la relazione illustrativa), ma, anche “in questo caso, se non può decidere immediatamente, il giudice sospende il processo e fissa una apposita udienza non oltre sessanta giorni, dandone contestuale avviso alle parti e all’ufficio di esecuzione penale esterna competente” (così: la relazione illustrativa).
Precisato ciò, va da ultimo rilevato che la norma de qua “contiene il rinvio all’applicazione del comma 2 dell’art. 545 bis c.p.p., che disciplina le attività e i poteri del giudice, delle parti e dell’Ufficio di esecuzione penale esterna, allo scopo di determinare i contenuti e la fisionomia della pena sostitutiva da sottoporre al giudice stesso” (così: la relazione illustrativa), mentre, per quanto attiene la “modifica apportata all’ultimo comma della norma in esame, essa risponde allo scopo di adeguare la disposizione al fatto che l’art. 578 c.p.p. ora si compone di tre commi, dei quali solo il primo corrisponde al precedente richiamo” (così: la relazione illustrativa).

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FORMATO CARTACEO

Procedimento ed esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia

Aggiornato al D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Riforma Cartabia) e alla L. 30 dicembre 2022, n. 199, di conv. con mod. del D.L. 31 ottobre 2022, n. 162 (Decreto Nordio), il presente volume è un’analisi operativa degli istituti del nostro sistema sanzionatorio penale, condotta seguendo l’iter delle diverse fasi processuali. Anche attraverso numerosi schemi e tabelle e puntuali rassegne giurisprudenziali poste in coda a ciascun capitolo, gli istituti e i relativi modi di operare trovano nel volume un’organica sistemazione al fine di assicurare al professionista un sussidio di immediata utilità per approntare la migliore strategia processuale possibile nel caso di specie. Numerosi sono stati gli interventi normativi degli ultimi anni orientati nel senso della differenziazione della pena detentiva: le successive modifiche del codice penale, del codice di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario, la depenalizzazione di alcuni reati; l’introduzione dell’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto; la previsione della sospensione del processo con messa alla prova operata; le stratificate modifiche dell’ordinamento penitenziario. Con attenzione alla novità, normativa e giurisprudenziale, e semplicità espositiva, i principali argomenti trattati sono: la prescrizione; l’improcedibilità; la messa alla prova; la sospensione del procedimento per speciale tenuità del fatto; l’estinzione del reato per condotte riparatorie; il patteggiamento e il giudizio abbreviato; la commisurazione della pena (discrezionalità, circostanze del reato, circostanze attenuanti generiche, recidiva, reato continuato); le pene detentive brevi (sanzioni sostitutive e doppi benefici di legge); le misure alternative, i reati ostativi e le preclusioni; le misure di sicurezza e le misure di prevenzione. Cristina MarzagalliMagistrato attualmente in servizio presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea come Esperto Nazionale Distaccato. Ha maturato una competenza specifica nell’ambito del diritto penale e dell’esecuzione penale rivestendo i ruoli di GIP, giudice del dibattimento, magistrato di sorveglianza, componente della Corte d’Assise e del Tribunale del Riesame reale. E’ stata formatore della Scuola Superiore della Magistratura per il distretto di Milano.

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