Pacchetto giustizia: modifiche alla disciplina della mediazione

Redazione 22/12/11
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di Anna Costagliola

L’art. 13 del decreto legge sulla giustizia varato dal Governo, con l’intento di perfezionarla, incide sulla disciplina della mediazione di cui al D.Lgs. 28/2010. In tale direzione, si è inteso rendere maggiormente efficace detta disciplina creando in primo luogo un collegamento specifico tra la mediazione delegata dal giudice ex art. 5, co. 2, D.Lgs. 28/2010 e i programmi per la gestione del contenzioso civile contemplati dall’art. 37, co. 1, del D.L. 98/2011, conv. nella L. 111/2011. Si ricorda, in proposito, come tale ultima norma incarica i capi degli uffici giudiziari di redigere, entro il 31 gennaio di ogni anno, un programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti, con il quale si provvede a determinare:

a) gli obiettivi di riduzione della durata dei procedimenti concretamente raggiungibili nell’anno in corso;

b) gli obiettivi di rendimento dell’ufficio, tenuto conto dei carichi esigibili di lavoro dei magistrati individuati dai competenti organi di autogoverno, dell’ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti pendenti, individuati secondo criteri oggettivi ed omogenei che tengano conto della durata della causa, anche con riferimento agli eventuali gradi di giudizio precedenti, nonché della natura e del valore della stessa.

Con la nuova norma viene posto a carico degli stessi capi degli uffici giudiziari l’onere di vigilare sull’applicazione effettiva della condizione di procedibilità prevista dall’art. 5, co. 1, del D.Lgs. 28/2010 e di assumere ogni iniziativa necessaria a favorire l’espletamento della mediazione su invito del giudice, anche nell’ambito della descritta attività di pianificazione. Pertanto, l’impiego dello strumento che consente al giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, di invitare queste ultime a procedere alla mediazione viene considerato quale strumento utile al conseguimento degli obiettivi di riduzione e di rendimento degli uffici giudiziari. In tal modo si mira ad incrementare l’utilizzo di uno strumento scarsamente utilizzato nella prassi dei Tribunali, con l’obiettivo precipuo di deflazionare il contenzioso civile.

Con un secondo intervento sul decreto che disciplina la mediazione civile viene resa maggiormente tempestiva la sanzione per l’ipotesi di ingiustificata mancata comparizione delle parti innanzi al mediatore. L’art. 13 del nuovo decreto precisa, infatti, che la sanzione prevista dall’art. 8, co. 5, del D.Lgs. 28/2010 a carico della parte costituita che, senza giustificato motivo, non abbia partecipato al procedimento di mediazione, deve essere applicata dal giudice con apposita ordinanza non impugnabile, e dunque non revocabile, invece che con la sentenza che definisce il giudizio, al fine di garantire una maggiore tempestività e, conseguentemente, una maggiore effettività della sanzione già prevista dalla legislazione vigente. Il citato art. 8, nella sua originaria formulazione, già consentiva al giudice di valutare come argomento di prova (art. 116, co. 2, c.p.c.) nel successivo giudizio la mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione; la previsione di una specifica sanzione è intervenuta poi con il D.L. 138/2011, conv. in L. 148/2011, che ha disposto la condanna della parte costituita che non abbia partecipato al procedimento al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio. Da ultimo, l’art. 13 del decreto legge in commento ha ulteriormente specificato che la condanna avvenga mediante ordinanza non impugnabile e che quest’ultima sia pronunciata nel corso della prima udienza di comparazione delle parti ovvero in quella successiva alla sospensione disposta a norma del comma 1 dell’art. 8 in caso di mancato esperimento del tentativo di mediazione nelle ipotesi di obbligatorietà dello stesso.

Sui correttivi alla disciplina della mediazione ha assunto una decisa presa di posizione negativa il Consiglio Nazionale Forense (CNF), che ha espresso la propria valutazione critica con riguardo ad una disposizione che «rafforza e imbriglia nelle forme e nei tempi il meccanismo di coercizione alla partecipazione al procedimento di mediazione introdotto nel 2010». Viceversa, la legittimità costituzionale dei sistemi di risoluzione delle controversie alternativi alla giurisdizione passa necessariamente attraverso l’assoluta libertà di elezione degli stessi. Per il CNF la previsione di meccanismi di coazione indiretta, come la valutazione del contegno extraprocessuale della parte in sede di decisione della causa (art. 8, co. 5), le condanne conseguenti alla mancata accettazione della proposta del difensore (art. 13), nonché, da ultimo, alla mancata partecipazione al procedimento (art. 8, co. 5), costituiscono elementi che, sia pure in maniera indiretta, rendono più difficoltoso l’accesso alla tutela giurisdizionale dei diritti garantita dall’art. 24 Cost.

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