Pacchetto giustizia: in dirittura di arrivo una nuova procedura per risolvere l’insolvenza di consumatori e di piccoli imprenditori

Redazione 21/12/11
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di Anna Costagliola

Nella seduta del 16 dicembre 2011, il Consiglio dei Ministri ha approvato una serie di provvedimenti in materia di giustizia civile e penale tra i quali si segnala, in particolare, un decreto legge sul sovraindebitamento del piccolo imprenditore e del consumatore e sull’efficienza del processo civile.

Il suddetto decreto legge, come rimarcato nella relazione di accompagnamento, rinviene la sua ratio giustificativa nel contesto dell’attuale, eccezionale, situazione di crisi economica, che investe indifferentemente famiglie ed imprese, e richiede una risposta urgente anche sul piano degli strumenti per la gestione delle situazioni di conflitto nell’ambito dei rapporti civili ed economici. Il provvedimento, in attesa di pubblicazione, detta, pertanto, una serie di norme finalizzate a porre rimedio alle sempre più diffuse situazioni di indebitamento di soggetti (persone fisiche ed enti collettivi) cui non siano applicabili le disposizioni vigenti in materia di procedure concorsuali. A questi soggetti viene offerta la possibilità di concordare con i creditori un piano di ristrutturazione dei debiti che determini la finale esdebitazione del soggetto in crisi.

Comunemente si ritiene che una situazione di «sovraindebitamento» ricorra ogni qualvolta sussista l’impossibilità manifesta per il debitore di far fronte all’insieme dei propri debiti non professionali. In particolare, l’art. 1 del decreto intende per «sovraindebitamento» una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni. Si tratta, in sostanza, di una situazione di difficoltà finanziaria non temporanea, ma permanente, ad adempiere alle obbligazioni assunte facendo ricorso ai redditi ed ai propri beni mobili ed immobili.

Con le nuove norme approvate dal Consiglio dei Ministri, anche nella prospettiva di una deflazione del contenzioso civile derivante dall’attività di recupero forzoso dei crediti, si introduce per la prima volta nel nostro ordinamento un meccanismo di estinzione di tutte le obbligazioni del soggetto sovrindebitato facendo ricorso al concetto di «esdebitazione». L’esdebitazione è una novità introdotta dal legislatore con la riforma del diritto fallimentare, avvenuta con il D.Lgs. 5/2006, poi modificato dal successivo D.Lgs. 169/2007, mediante la quale si consente al fallito persona fisica la liberazione, dopo la chiusura del fallimento, dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti integralmente, sempre che ricorrano talune condizioni attinenti alla «buona condotta» del debitore fallito.

In sostanza, il decreto legge in oggetto introduce una forma di risoluzione delle crisi da sovraindebitamento che riguardano sia le piccole imprese al di sotto delle soglie di fallibilità (che aprono invece le porte all’applicazione delle procedure concorsuali), sia i consumatori, secondo la definizione di essi riportata nel Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005), per cui son tali quei soggetti, persone fisiche, che agiscono per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Scopo del provvedimento d’urgenza è quello di varare, anche per quelle situazioni che non siano assoggettabili alla procedura di fallimento, una soluzione transattiva della crisi che consenta, da un lato, al debitore di porre fine alle sue pendenze e, dall’altro ai creditori di ottenere il proprio credito senza dar vita a procedure esecutive lunghe e costose.

La proposta di accordo da avanzare ai creditori andrà presentata al Tribunale del luogo ove ha sede o residenza il debitore e dovrà prevedere il regolare pagamento dei creditori estranei all’accordo e l’integrale pagamento dei creditori privilegiati che non abbiano rinunciato, anche parzialmente, al privilegio. Se i beni del debitori non appaiono sufficienti a coprire l’accordo, è possibile anche l’intervento di terzi che garantiscano, con il loro patrimonio, l’adempimento delle obbligazioni derivanti dall’accordo, nonché il pagamento di tutti i creditori estranei. Nell’accordo dovranno altresì essere indicate le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori, anche divisi in classi, nonché le eventuali garanzie per l’adempimento dei debiti e le modalità di liquidazione dei crediti.

Oltre alla proposta di accordo, il debitore dovrà depositare un elenco dettagliato dei propri debiti, una descrizione del suo patrimonio e degli atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni, unitamente alle dichiarazioni dei redditi degli ultimi 3 anni. Il piccolo imprenditore dovrà produrre anche le scritture contabili dell’ultimo triennio.

Il giudice, che decide in composizione monocratica secondo il rito camerale, verificata la ricorrenza dei requisiti di ammissibilità della proposta, fissa una finestra di 120 giorni per porre al riparo il patrimonio del debitore da eventuali azioni esecutive individuali, da sequestri conservativi ovvero da acquisizioni di diritti di prelazione.

La trattativa si conclude, entro l’indicato arco temporale, con l’adesione all’accordo di un numero di creditori pari al 70% dei crediti che formano l’indebitamento, ovvero al 50% nel caso in cui il debitore sia qualificabile come consumatore. Una volta raggiunto l’accordo, spetterà al Tribunale omologarlo. Se il giudice omologa l’accordo si producono, per un periodo non superiore ad un anno, gli effetti di inammissibilità ed improseguibilità delle procedure esecutive e delle azioni conservative.

Nell’ambito della procedura descritta un ruolo senza dubbio più incisivo rispetto a quello ricoperto dal giudice svolgono gli organismi di composizione della crisi, di nuova istituzione, che favoriscono la definizione dell’accordo e ne seguono l’attuazione. Tali organismi costituiscono elemento centrale del neo-istituto, essendo deputati ad affiancare il debitore nella predisposizione e definizione del piano di ristrutturazione, a raccogliere le adesioni prestate e a comunicare a tutti i creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale per l’accordo, nonché a risolvere eventuali difficoltà in sede di esecuzione dell’accordo, vigilando sul suo adempimento e segnalando ai creditori possibili irregolarità. La legge chiama a svolgere le funzioni di organismi per la composizione della crisi, oltre a quelli costituiti dagli enti pubblici, anche gli organismi di mediazione costituiti presso le Camere di commercio, gli Ordini professionali degli avvocati, dei commercialisti e dei notai. Le disposizioni transitorie prevedono, peraltro, che sino all’adozione del provvedimento del Ministero della giustizia con cui verranno definite le caratteristiche del Registro in cui dovranno risultare iscritti tutti gli organismi di composizione della crisi, le relative funzioni possono essere assolte altresì da professionisti abilitati a svolgere il ruolo di curatore fallimentare.

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