Omicidio stradale: quando si può essere condannati?

Redazione 20/02/17
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L’eccesso di velocità non è sufficiente a ritenere un automobilista colpevole di omicidio stradale. È infatti necessario che il superamento del limite consentito sia stata una delle cause dirette dell’incidente, soprattutto nel caso in cui anche la vittima si sia resa colpevole di infrazioni al Codice stradale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la recente sentenza n. 6366 del 10 febbraio 2017.

Vediamo allora in quali casi si può essere ritenuti colpevoli di omicidio stradale.

 

Che cos’è l’omicidio stradale?

L’omicidio stradale è un reato introdotto nel marzo 2016 e disciplinato dall’Art. 589 bis del Codice penale.

Il nuovo articolo del Codice è andato a integrare l’articolo 589, che inseriva l’incidente stradale mortale nel caso più generico dell’omicidio colposo. L’omicidio stradale, ora un reato specifico, prevede invece pene più elevate per chi causa la morte di una persona in seguito di una condotta illecita al volante: reclusione da 2 a 7 anni aumentata fino a 10 e a 12 anni in caso di assunzione di alcool e droghe.

 

Omicidio stradale: di chi è la colpa?

Non è sufficiente, tuttavia, il mancato rispetto delle norme del Codice della strada per essere ritenuti colpevoli di omicidio stradale. La violazione deve avere infatti avuto un ruolo concreto nell’incidente e quindi nella morte dell’altro conducente.

Nel caso di specie, molto importante per capire in quali casi l’automobilista deve rispondere del reato, l’imputato era rimasto coinvolto in un incidente dopo che la sua auto, che procedeva a velocità più alta rispetto a quella lecita, era entrata in collisione con una moto che stava effettuando un’inversione a “U” non consentita. La moto, inoltre, non aveva specchietto retrovisore e targa, e il conducente non portava il casco.

Ebbene, dopo che il Tribunale di primo grado aveva giudicato l’imputato innocente e la Corte d’Appello l’aveva invece dichiarato colpevole, la Cassazione è intervenuta a stabilire la non colpevolezza dell’automobilista.

 

L’eccesso di velocità deve essere causa dell’incidente

Perché l’imputato non è colpevole, visto che andava a velocità elevata e l’incidente è effettivamente risultato mortale per il motociclista?

La Cassazione, così come il Tribunale di primo grado, ha specificato che l’alta velocità tenuta dall’automobilista, seppur non consentita, non ha avuto un ruolo diretto nell’incidente e nella conseguente morte del motociclista. La causa dell’impatto è da ricercarsi, secondo la ricostruzione dei fatti e l’analisi del perito, nella manovra improvvisa e scorretta della vittima.

 

Cosa succede se l’incidente mortale è imprevedibile?

L’improvvisa inversione a “U” effettuata dal motociclista, infatti, come precisa la Corte, è stata effettuata senza alcun riguardo alle più elementari norme di prudenza e in maniera del tutto repentina e improvvisa. L’incidente, quindi, non era oggettivamente prevedibile: l’automobilista non avrebbe potuto evitare l’impatto neanche se la sua velocità fosse stata entro i limiti consentiti.

A nulla vale, per lo stesso motivo, la tesi della Corte d’Appello secondo la quale l’automobilista avrebbe dovuto tenere una velocità più bassa e prestare particolare attenzione proprio perché la condizione di precarietà del motociclo di fronte a lui era facilmente rilevabile (assenza di specchietto retrovisore e di casco). Anche tenendo conto di tutti questi dati, la manovra azzardata del motociclista sarebbe risultata imprevedibile e non avrebbe potuto essere evitata, come visto, neanche prestando un’attenzione maggiore.

 

Davide Basile

Sentenza collegata

612556-1.pdf 1.15MB

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