La rivelabilità d’ufficio della nullità
La nullità rilevata d’ufficio non ha come unica ratio quella di eliminare il contratto nullo dalla sfera del rilevante giuridico, ma quella di impedire che esso possa essere il fondamento di una decisione giudiziale che ne assuma la validità o la produzione di effetti.
L’accertamento del giudice ha, dunque, a oggetto non solo il diritto domandato, ma in generale l’esistenza del rapporto in contestazione su cui la pretesa si fonda.
Come si inserisce in questo contesto il principio della domanda?
Ciò detto, il potere dell’organo giudicante viene limitato dal principio della domanda di cui all’art 112 c.p.c., di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato; rilevante, per un certo verso, anche l’aspetto processuale con cui qualora il giudicante evidenzi i presupposti di una questione rilevabile d’ufficio, assegna alle parti ex art 101 co 2 c.p.c. un termine a pena nullità, non superiore a 20 giorni e non superiore a 40 giorni dalla comunicazione per il deposito in cancelleria di memorie contenenti osservazione sulla medesima questione, nei limiti di cui all’art. 183 co 4 c.p.c. dell’udienza di trattazione.
L’art. 112 c.p.c. stabilisci al tempo stesso un principio e una deroga: la regola stabilisce che i fatti estintivi, modificati e imperativi sono revocabili d’ufficio, laddove assumano carattere eccezionale le ipotesi in cui il loro rilievo è subordinato all’iniziativa di parte.
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