Note sui trent’anni dall’entrata in vigore del codice di procedura penale: tra luci (poche) ed ombre (tante)

Scarica PDF Stampa
Sommario: 1. Premessa – 2. L’architettura normativa del sistema processuale italiano – 3. Le più rilevanti riforme intervenute di recente – 4. Le ombre: gli errori giudiziari – 5. Volume

  1. Premessa

Il diritto penale ed il diritto processuale penale hanno vissuto da sempre un’esistenza – normativa s’intende – travagliata. Entrambi i codici di riferimento sono infatti venuti alla luce sotto un regime autoritario (1931) e da esso hanno comunque ricevuto pregnanza di idee e di concetti. Ciò vale innanzitutto per il codice di rito ossia per lo strumento normativo che un paese si dà per accertare e eventualmente punire fatti ritenuti di alto disvalore sociale e perciò tipizzati come reato.

Il 24 ottobre 1989 vede la luce il primo codice dell’età repubblicana. E’ per l’appunto il codice di procedura penale([1]) che il 24 ottobre 2019 compirà trent’anni.

Ecco queste note sono più che un bilancio una ricognizione valutativa di quelli che sono stati questi tre decenni di vigenza codicistica; spunti di riflessione ed occasione per rammentare il trentennale.

Per come emerge dal titolo del presente scritto nel codice processuale vigente oggi in Italia le ombre sono superiori alle luci. La qualcosa non deve stupire giacché in termini di tempistica giudiziaria e di efficiente gestione processuale il codice di procedura italiano non ha certamente dato buona prova di sé.

Sulle ragioni di tale deficit ci sono volumi e volumi di studi ai quali può ben farsi riferimento([2]). Cionondimeno il percorso storico dei codici italiani di procedura penale continua a scontare l’incapacità di porre in congruo equilibrio i due valori fondamentali della protezione della società e della difesa delle persone imputate.

  1. L’architettura normativa del sistema processuale italiano

Uno sguardo all’indice del testo codicistico lascia agevolmente evincere come il sistema normativo elaborato alla fine degli anni ’80 del secolo scorso sia connotato da un’architettura piana e scientifica chiaramente approntata da cultori della materia e studiosi della sistematica giuridica. Si pensi per tutti all’ideale partizione in due aree dell’impianto normativo: la parte statica e la parte dinamica che accompagnano lo snodarsi dell’articolato normativo negli undici libri che lo compongono.

La staticità con la quale si presentano i soggetti, gli atti, le prove e le misure cautelari precede, attagliandosi a mo’ di parte generale per i libri a seguire compendianti il procedimento penale ordinario nel suo concatenarsi dinamico e funzionale all’esigenze del sistema. Le indagini preliminari, i procedimenti penali speciali, il procedimento davanti al tribunale quale paradigma processuale del procedimento tout court, le impugnazioni, il giudicato e le esecuzione penale, per concludere coi rapporti giurisdizionali con le autorità straniere.

Orbene tale esercizio di ingegneria giudiziaria, di architettura processuale è sicuramente un valore sistematico da salvaguardare e perciò da tenere ben saldo. Esso, lo vogliamo dire qui con chiarezza, è il frutto di uno sforzo elaborativo che deve essere tutelato e mantenuto ai fini della migliore intelligibilità e chiarezza del contenuto versato nel compendio normativo.

A fronte di tale elegante articolazione strutturale non si è rinvenuta però altrettanta efficacia funzionale dal lato della compattezza operativa e dei risultati conseguiti.

L’ultimo trentennio legislativo ha visto infatti, come mai in passato un profluvio di modifiche legislative che hanno per certi versi rivisitato nel profondo il sistema processuale vigente.

  1. Le più rilevanti riforme intervenute di recente

Volendo svolgere lo sguardo solo alle riforme intervenute nell’ultimo periodo([3]) la mente dello studioso non può non andare alla Legge nr.103 del 23 giugno 2017, apportante modifiche al codice penale, al codice di procedura penale ed all’ordinamento penitenziario. Si tratta della cosiddetta riforma Orlando la quale aveva come obiettivo per l’accelerazione dei processi, da un lato, un intervento efficientista, dall’altro, l’inibizione ed il contrasto agli abusi processuali eventualmente compiuti dai soggetti procedimentali di cui al I° libro del codice.

Sulla scorta della definizione elaborata dalla suprema corte di cassazione si è ritenuto che quando un soggetto usa gli strumenti processuali in modo contrario alla finalità per la quale l’ordinamento li contempla quel soggetto lungi dall’avvalersi del sistema, ne abusa.

Orbene, come vedremo in appresso, l’aver prodotto – dopo averli approntati con particolare cura – tali interventi miranti al riposizionamento fisiologico dell’uso dello strumento processuale, ha, probabilmente, fatto perdere di vista il principale fine del processo penale, sostanziantesi nell’accertamento credibile e razionale dei fatti in esso dedotti.

Plurime le novelle apportate dalla riforma Orlando; le si elencano qui di seguito senza pretese di priorità o di completezza. Innanzitutto le esigenze di sicurezza attuate per il tramite di un inasprimento sanzionatorio; poi la deflazione dibattimentale introducendo, ad esempio, l’istituto delle condotte riparatorie ex art.162-ter([4]) c.p..

La tutela della persona offesa dal reato ha visto un considerevole rafforzamento per il tramite delle novelle di cui agli artt. 408([5]) co.3 e co.3-bis cpp., 335([6]) co.3-ter cpp., 129([7]) co.3-ter disp. att. cpp..

Il sistema ha quindi proceduto con la semplificazione delle impugnazioni incidendo sul relativo libro in termini di deflazione e di efficienza gestionale([8]).    

Alle Legge nr.103 del 2017 i cui capisaldi sono sopra rassegnati, hanno fatto seguito dei singoli decreti attuativi delle plurime deleghe in essa contenute, essi concernono, tra l’altro, la riforma delle intercettazioni e quella del libro undicesimo sui rapporti giurisdizionali con autorità straniere([9]).

Tale rassegna delle riforme intervenute di recente nel sistema processuale penale lascia già di per sé agevolmente intendere come le ombre del codice 1989 nell’arco dei trent’anni di vigenza abbiano di gran lunga superato le luci del pur commendevole impianto sistematico. Ma quel che rende assolutamente vulnerabile il sistema sono i dati relativi agli errori giudiziari da esso prodotti all’atto della sua applicazione.

  1. Le tante ombre: su tutte, gli errori giudiziari

Che una giustizia malamente amministrata rovini totalmente vita, onorabilità e affetti della persona coinvolta è affermazione troppo ovvia per poter essere disaminata o ribadita.

I dati ufficiali del 2017 sono a dir poco sconcertanti.

Dagli inizi dell’ultima decade del ‘900 le persone che hanno ricevuto una riparazione per ingiusta detenzione dallo Stato italiano sono oltre 25 mila([10]).

Volendone trarre una media, 1.000 ogni anno.

Se c’è un bilancio tragico per questo trentennale è proprio questo.

Lo Stato, l’Italia, noi tutti abbiamo pagato in questi tre decenni più di 630 milioni di euro, equivalenti a 25 milioni per ogni anno di vigenza del codice di procedura penale.

Il trend è in aumento, così come aumentano il dolore dei soggetti coinvolti e le somme che lo Stato si trova periodicamente a sborsare.

Le cifre riportate circa le ingiuste detenzioni – precedenti o anteriori al giudicato – sono imponenti e richiederebbero un’analisi socio-giuridica a parte.

La domanda è imperiosa: perché nel nostro paese abbiamo numeri così alti e tendenti sempre a una continua crescita?

La risposta merita un apposito studio che non è questa la sede per condurre. Ciò che in questa sede avente ad oggetto le ombre portate con sé dal vigente sistema processuale merita evidenziare è che, aldilà dell’impegno degli uomini fattore principale per la riuscita di un sistema, evidentemente nell’impalcatura normativa i pur ben scritti principi generali sul sistema probatorio non si rivelano massimamente efficienti ed efficaci o comunque, tali da garantire i diritti di libertà e di innocenza delle persone([11]).

Dal 2006 il sistema codicistico italiano impone all’organo dell’accusa (il P.M.) di ricercare le prove che siano idonee ad eliminare oltre ogni ragionevole dubbio la responsabilità penale della persona imputata. Non vi è dubbio alla luce di quello che siamo andati dicendo nelle note che precedono che se per l’affermazione di tale basilare principio si è dovuti aspettare dal 1989 il 2006, il vulnus dello standard probatorio affliggente geneticamente il codice del ’89 è evidente. Si è dovuto attendere il valicare  il millennio – dal 900 al terzo millennio – per introdurre un principio fondamentale che altri sistemi([12]) conoscono da sempre.

In buona sostanza nella sentenza di condanna emessa ai sensi dell’art.533([13]) c.p.p. il giudice, l’organo giudicante, è obbligato a valutare la possibilità di una ricostruzione alternativa del fatto sottoposto alle sue cure; ricostruzione che possa far sorgere un dubbio ragionevole sulla colpevolezza del soggetto imputato.

Ed ecco che la dommatica della logica e dell’argomentazione giuridica col loro portato scientifico in termini di credibilità razionale ed alta persuasività concettuale ed ideale, tornano ad essere gli strumenti esegetici per eccellenza di cui l’operatore pratico deve disporre padroneggiandoli con maestria.

Orbene in occasione dei trent’anni dalla promulgazione del codice, aldilà del punto sulle ultime riforme e sulla giurisprudenza di legittimità e costituzionale, quello che questo trentennale lascia trans lucere è che la strada che il nostro paese deve percorrere per ammodernarsi in materia è ancora lunga, tortuosa ed irta di imbrigli e difficoltà. Ma questa strada – è profondo convincimento di chi scrive – va’ percorsa; ne và delle garanzie di libertà e di diritti civili di tutti, in buona sostanza dei valori di solidarietà sociale. La ragione umana, prima ancora della carta fondamentale della Repubblica pongono a base di una civile convivenza degna dell’organizzazione di uno Stato giusto e democratico([14]) i criteri – precisi e puntuali – cui, chi è preposto istituzionalmente all’applicazione della legge, deve attenersi onde far si che la decisione adottata sia ed appaia alla comunità come equa e conforme al sentimento di giustizia (ancorché con la g minuscola).

Volume consigliato

Note

([1]) Cosiddetto codice Vassalli dal nome del guardasigilli proponente, il professore emerito Giuliano Vassalli, ministro della giustizia dell’epoca.

([2]) Per tutti Paolo Tonini, Manuale di procedura penale, Giuffrè editore Milano, 2018, XIX edizione; ma già, per le ragioni di criticità evidenziate nel testo, le prime diciotto edizioni evidenziavano i deficit applicativi esaustivamente.

([3]) Tra l’estate del 2017 e quella del 2018.

([4]) Art.162-ter c.p. Estinzione del reato per condotte riparatorie – Nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall’imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo. Quando dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine di cui al primo comma, l’imputato può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento; in tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito e comunque non oltre novanta giorni dalla predetta scadenza, imponendo specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso. Si applica l’articolo 240, secondo comma. Il giudice dichiara l’estinzione del reato, di cui al primo comma, all’esito positivo delle condotte riparatorie. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi di cui all’articolo 612-bis.

([5]) Art. 408 c.p.p.. Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato – 1. Entro i termini previsti dagli articoli precedenti, il pubblico ministero, se la notizia di reato è infondata, presenta al giudice richiesta di archiviazione. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. 2. L’avviso della richiesta è notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere essere informata circa l’eventuale archiviazione. 3. Nell’avviso è precisato che, nel termine di venti giorni, la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari. 3-bis. Per i delitti commessi con violenza alla persona e per il reato di cui all’articolo 624-bis del codice penale, l’avviso della richiesta di archiviazione è in ogni caso notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa ed il termine di cui al comma 3 è elevato a trenta giorni.

([6]) Art. 335 c.p.p. Registro delle notizie di reato – 1. Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell’apposito registro custodito presso l’ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito. 2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura l’aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza procedere a nuove iscrizioni. 3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno dei delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), le iscrizioni previste ai commi 1 e 2 sono comunicate alla persona alla quale il reato è attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori, ove ne facciano richiesta. 3-bis. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine, il pubblico ministero, nel decidere sulla richiesta, può disporre, con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabile. 3-ter. Senza pregiudizio del segreto investigativo, decorsi sei mesi dalla data di presentazione della denuncia, ovvero della querela, la persona offesa dal reato può chiedere di essere informata dall’autorità che ha in carico il procedimento circa lo stato del medesimo.

([7]) Art. 129 disp. Att. c.p.p. Informazioni sull’azione penale – 1. Quando esercita l’azione penale nei confronti di un impiegato dello Stato o di altro ente pubblico, il pubblico ministero informa l’autorità da cui l’impiegato dipende, dando notizia dell’imputazione. Quando si tratta di personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica, ne dà comunicazione anche al comitato parlamentare per i servizi di informazione e sicurezza e per il segreto di Stato. 2. Quando l’azione penale è esercitata nei confronti di un ecclesiastico o di un religioso del culto cattolico, l’informazione è inviata all’Ordinario della diocesi a cui appartiene l’imputato. 3. Quando esercita l’azione penale per un reato che ha cagionato un danno per l’erario, il pubblico ministero informa il procuratore generale presso la Corte dei conti, dando notizia della imputazione. Quando esercita l’azione penale per i delitti di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 346-bis, 353 e 353-bis del codice penale, il pubblico ministero informa il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, dando notizia dell’imputazione. 3-bis. Il pubblico ministero invia la informazione contenente la indicazione delle norme di legge che si assumono violate anche quando taluno dei soggetti indicati nei commi 1 e 2 è stato arrestato o fermato ovvero si trova in stato di custodia cautelare. 3-ter. Quando esercita l’azione penale per i reati previsti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ovvero per i reati previsti dal codice penale o da leggi speciali comportanti un pericolo o un pregiudizio per l’ambiente, il pubblico ministero informa il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e la Regione nel cui territorio i fatti si sono verificati, dando notizia dell’imputazione. Qualora i reati di cui al primo periodo arrechino un concreto pericolo alla tutela della salute o alla sicurezza agroalimentare, il pubblico ministero informa anche il Ministero della salute o il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Le sentenze e i provvedimenti definitori di ciascun grado di giudizio sono trasmessi per estratto, a cura della cancelleria del giudice che ha emesso i provvedimenti medesimi, alle amministrazioni indicate nei primi due periodi del presente comma. I procedimenti di competenza delle amministrazioni di cui ai periodi precedenti, che abbiano ad oggetto, in tutto o in parte, fatti in relazione ai quali procede l’autorità giudiziaria, possono essere avviati o proseguiti anche in pendenza del procedimento penale, in conformità alle norme vigenti. Per le infrazioni di maggiore gravità, sanzionate con la revoca di autorizzazioni o con la chiusura di impianti, l’ufficio competente, nei casi di particolare complessità dell’accertamento dei fatti addebitati, può sospendere il procedimento amministrativo fino al termine di quello penale, salva la possibilità di adottare strumenti cautelari.

([8]) Sul sistema delle impugnazioni elaborato dalla riforma Orlando vedi per tutti “Il sistema delle impugnazioni nel processo penale italiano dopo la riforma Orlando”, Sergio Ricchitelli, Gazzetta Forense n.4/2018, Ed. Giapeto, Napoli.

([9]) Su tali due ultimi aspetti innovativi ci sia consentito rinviare, rispettivamente agli scritti di Sergio Ricchitelli: “La riforma delle intercettazioni: punti critici e profili di incostituzionalità” – “La nuova disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni. Una mappa concettuale d’insieme. Profili generali del nuovo sistema normativo” su www.asaps.it, dic.2017 e feb.2018; “Il trasferimento dei procedimenti penali all’estero nel quadro dei rapporti giudiziari internazionali. Note in calce al d.lgs. 3 ottobre 2017, n. 149, recante disposizioni di modifica del libro XI del codice di procedura penale in materia di rapporti giurisdizionali con autorità straniere” Gazzetta Forense n.2/2019, Ed. Giapeto, Napoli.

([10]) Tutti i dati riportati nel testo sono rilevati dall’istituto CENSIS nel 2017.

([11]) E’ noto come ormai da oltre un ventennio nelle università – nei dipartimenti di giurisprudenza – e nella stessa manualistica campeggino le tematiche della tecnica dell’argomentazione giuridica e della logica probatoria unitamente a quelle sulla psicologia della testimonianza, discipline che se approfondite e studiate con cura potrebbero portare un considerevole contributo ai deficit tematici sin qui evidenziati.

([12]) Ad esempio quello nord americano e quello anglosassone, su tutti.

([13]) Art. 533 c.p.p. Condanna dell’imputato – 1. Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza. 2. Se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione. Nei casi previsti dalla legge il giudice dichiara il condannato delinquente o contravventore abituale o professionale o per tendenza. 3. Quando il giudice ritiene di dover concedere la sospensione condizionale della pena  o la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, provvede in tal senso con la sentenza di condanna. 3-bis. Quando la condanna riguarda procedimenti per i delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), anche se connessi ad altri reati, il giudice può disporre, nel pronunciare la sentenza, la separazione dei procedimenti anche con riferimento allo stesso condannato quando taluno dei condannati si trovi in stato di custodia cautelare e, per la scadenza dei termini e la mancanza di altri titoli, sarebbe rimesso in libertà.

([14]) Sui valori di giustizia ed equità che permeano l’ordinamento repubblicano del nostro paese vedi per tutti Vittorio Italia, Diritto costituzionale, per i tipi della Piccola biblioteca, Giuffrè, Milano, 2000.

Prof. Sergio Ricchitelli

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento