Nota a Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 11 novembre 2008, n. 26972, in tema di danno non patrimoniale ed esistenziale

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Il presente scritto costituisce la trascrizione del videointervento pubblicato sulla rivista telematica Altalex, all’indirizzo http://www.altalex.com/index.php?idnot=43707 il giorno successivo al deposito della sentenza. Il tono colloquiale dello scritto è sostanzialmente lo stesso dell’intervento video, senza aggiunte od omissioni. Più compiute riflessioni sono demandate a due volumi in tema per i tipi Giuffrè e Maggioli
  
1. Mi si chiede di intervenire a caldo sulla sentenza delle Sezioni Unite in tema di danno non patrimoniale, o meglio un intervento sul danno esistenziale. La sentenza a prima lettura mi è piaciuta poco, alla seconda ancora di meno. Non è innanzitutto un problema di Scuole, ossia di vincitori e vinti, o di confronto fra esistenzialisti ed antiesistenzialisti. Innanzitutto i quesiti posti alla Cassazione a Sezioni Unite, brillavano per chiarezza, ed un risposta esaustiva-sistematica in tema non è stata data, tutt’altro.
Da dove partire? Dallo status quo precedente la sentenza, ossia dalle sentenze gemelle e dalla relativa Corte Costituzionale del 2003.
 
2. Partiamo però da quello che ci è piaciuto della sentenza. Il tentativo di mettere fuori gioco i danni bagatellari, ossia dire che in giudizio non si portano questioni oziose, inutili, prive di fondamento, in una parola non meritevoli di tutela.
Ci piace l’apertura nel novero del contratto ai danni non patrimoniali, ossia la possibilità di indagare la causa in concreto e verificare se in sede di inadempimento possano essere risarciti anche i danni non patrimoniali, ma anche qui forse il risultato, ad una seconda lettura, è un pò deludente, come proveremo a dimostrare.
 
3. Il punto è che l’intenzione di mettere in un angolo e castigare i danni bagatellari, ha trascinato con sé la teoria del danno esistenziale, come se fosse tutt’uno con questi, anzi (…).
Mi sembra di ricordare la storia di Erode, che visto minacciato il suo regno, invece di concentrarsi nella ricerca di gesù bambino, decise di uccidere tutti i bambini di due anni.
 
4. E questa paura fa diventare la sentenza “dannoestistenzialfobica”; ma ciò accade solo a parole, la negazione del danno esistenziale – perché la sentenza è ricca di varchi e richiami alla dottrina del danno esistenziale. Il risultato qual è ? Il baricentro della responsabilità civile continuerà ad oscillare e di molto.
 
5. Ma procediamo per gradi. Il punto di partenza sono le sentenze gemelle del 2003, in cui si è affermato che nel vigente assetto dell’ordinamento, nel quale assume posizione preminente la Costituzione – che, all’art. 2, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo – il danno non patrimoniale deve essere inteso nella sua accezione più ampia di danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica.
Ebbene le S.U. dicono di condividere questo aspetto affermando che Il danno non patrimoniale di cui parla, nella rubrica e nel testo, l’art. 2059 c.c., si identifica con il danno determinato dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotati da rilevanza economica. Il suo risarcimento postula la verifica della sussistenza degli elementi nei quali si articola l’illecito civile extracontrattuale definito dall’art. 2043 c.c..
6. Cioè, l’art. 2059 c.c. non delinea una distinta fattispecie di illecito produttiva di danno non patrimoniale, ma consente la riparazione anche dei danni non patrimoniali, nei casi determinati dalla legge, nel presupposto della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della struttura dell’illecito civile, che si ricavano dall’art. 2043 c.c., elementi che consistono nella condotta, nel nesso causale tra condotta ed evento di danno, connotato quest’ultimo dall’ingiustizia, determinata dalla lesione, non giustificata, di interessi meritevoli di tutela, e nel danno che ne consegue.
La rilettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., come norma deputata alla tutela risarcitoria del danno non patrimoniale inteso nella sua più ampia accezione, riporta il sistema della responsabilità aquiliana nell’ambito della bipolarità che vede l’art. 2043 demandato alla cura dei danni patrimoniali, l’art. 2059 ai danno non patrimoniali.
La risarcibilità del danno non patrimoniale postula, sul piano dell’ingiustizia del danno, la selezione degli interessi dalla cui lesione consegue il danno. Selezione che avviene a livello normativo, negli specifici casi determinati dalla legge, o in via di interpretazione da parte del giudice, chiamato ad individuare la sussistenza, alla stregua della Costituzione, di uno specifico diritto inviolabile della persona necessariamente presidiato dalla minima tutela risarcitoria.
 
7. Fin qui tutto bene, anche perché altro non è questa impostazione che lo specchio dell’assetto della responsabilità civile (precedente la sentenza). La Corte però afferma che il risarcimento del danno patrimoniale da fatto illecito è connotato da atipicità, postulando l’ingiustizia del danno di cui all’art. 2043 c.c. la lesione di qualsiasi interesse giuridicamente rilevante, mentre quello del danno non patrimoniale è connotato da tipicità, perché tale danno è risarcibile solo nei casi determinati dalla legge e nei casi in cui sia cagionato da un evento di danno consistente nella lesione di specifici diritti inviolabili della persona.
A me sembra una falsa tipicità in quanto il rimando è alla Costituzione, la quale ha poche norme di immediata applicazione precettiva, ma le altre trovano applicazione nelle leggi, e nell’interpretazioni giurisprudenziali, o nelle opinioni dei dottori. E – soprattutto – il riconoscimento dei diritti inviolabili di cui all’art. 2 rimanda ad una realtà sociale in continua evoluzione. E l’art. 2 in combinazione con il 3 diventa la fucina dei nuovi diritti. Per cui questa tipicità come dire non è pura, ma relativa, o meglio è una falsa tipicità.
 
8. Ancora più singolare sembra la riflessione sul danno morale, in verità a cercare di ricomporre i vari passaggi in tema, si fa veramente una grossa difficoltà nel capire cosa la Corte abbia effettivamente voluto dire in tema (addirittura in un punto per lapsus calami probabilmente si afferma che il danno morale è voce del danno biologico).
Comunque stando al punto, si dice che danno morale non è un autonoma sottocategoria ma descrive i vari pregiudizi che ne possano derivare; salvo voi insistere sul codice penale (e sull’ormai ex danno morale) quale riferimento in relazione agli interessi tutelati che possano essere portati nell’alveo del risarcimento. Per cui si guardano più agli interessi cristallizzati nel codice penale del 1930, ma va bene una lettura stantìa, non fresca o dinamica della Costituzione, e degli interessi ad essa sottesi.
In più – a seguire – anche la categoria del danno biologico viene indicata come descrittiva, per poi valorizzare al massimo gli aspetti dinamici dello stesso.
Vengono altresì indicati i casi previsti dalla legge a rimando dell’art 2059 c.c., la normativa sulla privacy, quella antidiscriminatoria, e così a seguire; in verità si dimenticano altre normative di riferimento e soprattutto si nomina la L. 675/96, dimenticandosi che è confluita nel testo unico sulla privacy; certo importa poco, ma il “pezzo” della sentenza sembra tratto da una precedente o da uno scritto precedente al 2003.
 
9. Insomma la sentenza inizia sinceramente a sapere di vecchio, ad avere paura della categoria del danno esistenziale, ad essere ondivaga, ed in alcuni punti ossessiva.
 
10. Ma improvvisamente nel momento in cui la sentenza stava piegandosi, inginocchiandosi, … un sussulto. Una espressione che porta con sé tutta la teoria del danno esistenziale o meglio che ne garantisce tutti gli interessi sottesi alla dottrina del danno esistenziale. Ben venga! Nella responsabilità civile contano poco gli articoli, il posizionamento degli stessi nel codice, ma contano gli interessi e i diritti violati che effettivamente vengono risarciti.
Ed infatti: la tutela non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virtù dell’apertura dell’art. 2 Cost. ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all’interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l’ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana.
 
11. A questo punto alle Sezioni Unite sembra di aver concesso troppo, ossia di aver salvaguardato il nucleo del danno esistenziale, tale per cui vi è necessità di relegare la categoria del danno esistenziale a valore descrittivo, dimenticandosi che è una delle attività dei giuristi e della giurisprudenza quella di catalogare, descrivere, organizzare; preminentemente nell’area della Responsabilità Civile.
Le cose sembrano stare in questi termini: il danno non patrimoniale è risarcibile purchè con i riferimenti alla Costituzione (e i danni da enucleare sono quelli, e dice la Corte di “badare bene”, ossia che si sta limitando solo a descriverli: morale, biologico, esistenziale).
Anzi no: nuovamente l’aspetto dannoesistenizialfobico si afferma nel senso di non volere nominare questa tipologia di danno, (…) e pensare che la categoria nell’area della responsabilità civile puntava a chiarire alcune poste di danno, non a moltiplicarle.
La Corte a livello descrittivo “discute di” ed “unisce”, il danno morale, il danno biologico, il danno parentale. Ancora una volta risulta singolare come nella trilogia descrittiva il terzo danno da indicarsi doveva essere l’esistenziale, invece no, si preferisce citare il parentale. Suona strano: infatti i primi due (morale e biologico) hanno una valenza generica, come vale per il danno esistenziale; il danno parentale invece ha una valenza specifica, si riferisce solo all’ambito familiare. Mah!
 
12. Ma la Corte allora prova a scusarsi. Afferma che (…), la figura del danno esistenziale era stata proposta nel dichiarato intento di supplire ad un vuoto di tutela, che ormai più non sussiste. Verrebbe da dire: excusatio non petita, accusatio manifesta. Anche questo passaggio infatti ci porta ad approfondire la questione e chiederci, se il danno esistenziale ha supplito ai vuoti di tutela della responsabilità civile, come sembra voler alludere la Corte di Cassazione, … allora questi vuoti sono stati suppliti, e quindi poco conta la categoria del danno esistenziale.
Bene direi, ma delle due l’una: o è il danno esistenziale a ricoprire per così dire il ruolo di “salvatore della patria” (scilicet, nel senso che ha consentito il risarcimento del danno integrale della persona), o gli ambiti di tutela offerti dal danno esistenziale sono stati valorizzati – per così dire – da altre categorie (più o meno descrittive …).
 
13. Al contempo si dice che: il pregiudizio di tipo esistenziale è quindi risarcibile solo entro il limite segnato dalla ingiustizia costituzionalmente qualificata dell’evento di danno.
Ma anche che: deve ribadirsi che il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata “danno esistenziale”, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità di tale tipo di danno, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione.
Un piccolo rompicapo.
Sappiamo però che il pregiudizio di tipo esistenziale può essere risarcito dove vi è lesione di un diritto costituzionalmente tutelato, ma non provate a chiamarlo danno esistenziale diversamente la tipicità ( di cui già abbiamo detto, “falsa”,”presunta” tipicità) del danno non patrimoniale ne potrebbe risentire !
Ma dobbiamo chiederci allora se (…) l’espressione più volte utilizzata dalla Corte “diritto costituzionalmente tutelato” stia ad intenderne uno espressamente menzionato nella Costituzione, o è sufficiente che questo diritto trovi un suo addentellato nella Costituzione, o per così dire la ratio di tutela di questo diritto ben sta sotto l’ombrello della Carta Costituzionale ?
 
14. La sentenza in più punti cerca di tenere chiusa la sacca dei diritti ed interessi meritevoli, cercando di insistere – ossessivamente – sui diritti costituzionalmente tutelati (in verità le S.U. dovevano indicarci quali !; sarebbe stato gradito un catalogo, un primo embrionale abbozzo dei diritti meritevoli di tutela, …), senza dirci molto.
 
15. In un punto però un varco si apre, a favore di una lettura dinamica della Costituzione, che fa proprie le istanze relazionali che vi sono peraltro all’interno della famiglia.
Dice la Corte: altri pregiudizi di tipo esistenziale attinenti alla sfera relazionale della persona, ma non conseguenti a lesione psicofisica, e quindi non rientranti nell’ambito del danno biologico, saranno risarcibili purché siano conseguenti alla lesione di un diritto inviolabile della persona diverso dal diritto alla integrità psicofisica. Ipotesi che si verifica nel caso (esaminato dalla sentenza n. 6607/1986) dell’illecito che, cagionando ad una persona coniugata l’impossibilità di rapporti sessuali è immediatamente e direttamente lesivo del diritto dell’altro coniuge a tali rapporti, quale diritto-dovere reciproco, inerente alla persona, strutturante, insieme agli altri diritti-doveri reciproci, il rapporto di coniugio. Nella fattispecie il pregiudizio è conseguente alla violazione dei diritti inviolabili della famiglia spettanti al coniuge del soggetto leso nella sua integrità psicofisica.
 
16. Allora io mi chiedo, ma il diritto alla sessualità all’interno del matrimonio è un diritto costituzionalmente tutelato espressamente menzionato dalla Carta Costituzionale? No!? Possiamo però dire – ed anche con una difficoltà argomentativa nella ricerca delle norme all’interno della Costituzione relative alla famiglia – che il diritto di avere dei normali rapporti sessuali è un aspetto della personalità rilevante nel rapporto di coniugio … ecco il fondamento, la “copertura” di questo diritto la possiamo trovare nell’ambito della Costituzione (nelle norme sui diritti inviolabili, di relazione personale all’interno della famiglia, e quindi gli art. 2 e 29 della Costituzione, forse in quella relativa alla maternità, che ha alla base la capacità procreativa, e così a seguire, non sicuramente nel diritto alla salute come invocato nella vecchia sentenza della Cassazione).
Quindi lettura aperta, aggiornata ai tempi che corrono, dinamica della Costituzione.
Costituzione che ci mostra diritti in divenire, al passo con i tempi, che richiedono tutela risarcitoria integrale:
ho grossi dubbi dubbi sulla presunta tipicità del danno non patrimoniale (soprattutto a seguito dell’esempio fatto dalla Sezioni Unite).
 
17. Mettiamo un punto fermo, insieme alle Sezioni Unite: palesemente non meritevoli dalla tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale Non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto alla qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici.
Bene per la prima parte, ma non per la seconda. Certo facile dire “non invocare il diritto ad essere felice”; è – come sappiamo – una frase evocativa, del tutto e del nulla, o per dirla con le parole dell’avanspettacolo, il problema così “viene buttato in caciara”.
 
18. Noi volevamo conoscere dalle nostre Sezioni Unite, quali i diritti e quali gli interessi meritevoli di tutela. Sì, un elenco: a), b), c), d), … e così a seguire, su cui discutere, capire, riflettere: i mal di testa per i lavori del vicino, l’impossibilità per poche ore di uscire di casa per esecuzione di lavori stradali, i segnali televisivi che non consentono di vedere la partita, sono tutte ipotesi fuori gioco – benissimo – non conferenti, che non ci interessano.
 
19. Quindi non una sintesi di cosa non potrebbe essere tutelato, con frasi, mi si perdoni, “buttate lì”, ma l’indicazione della via maestra, una comprensione seria della tavola dei valori in gioco.
Le Sezioni Unite erano attese per regolare le lancette degli orologi, invece qui sono stati scombinati gli ingranaggi.
 
20. Una ultima riflessione sul punto, in merito a questa carrellata di esempi (forse utile per qualche giudice di pace che aveva utilizzato la categoria del danno esistenziale fantasiosamente, alla ricerca probabilmete di un po’ di pubblicità); dice la Corte: e per eguale ragione non è stato ammesso a risarcimento il pregiudizio sofferto per la perdita di un animale (un cavallo da corsa) incidendo la lesione su un rapporto, tra l’uomo e l’animale, privo, nell’attuale assetto dell’ordinamento, di copertura costituzionale.
Ma ancora qui l’errore è procedere con una casistica altalenante di cosa ha senso e cosa no; a noi interessavano – ripeto – i diritti e gli interessi meritevoli di tutela, perché anche gli esempi fatti non colgono peraltro sempre nel segno.
Non capisco quando la sentenza afferma – della mancanza nell’ordinamento di un rapporto uomo animale -; ma proviamo a fare un esempio: l’uccisione del cane addestrato che accompagna il cieco, e mettiamo che sia per lui lo strumento per “comunicare” con il mondo, che gli ha dato la possibilità, la libertà di movimento e di relazionarsi con gli altri, (…); in questo caso non c’entra il rapporto uomo-animale, ma che l’uccisione di un cane può incidere sui diritti inviolabili dell’uomo!
Questo interessava capire dalle Sezioni Unite. Capire la tipologia dei danni risarcibili, e non avere un elenco di casi bislacchi, che hanno sollecitato la fantasia di qualche giudice di prime cure.
 
21. Altra questione interessante: se l’inadempimento dell’obbligazione determina, oltre alla violazione degli obblighi di rilevanza economica assunti con il contratto, anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore. La risposta delle Sezioni Unite è positiva: la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata nell’azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all’espediente del cumulo di azioni. Che interessi di natura non patrimoniale possano assumere rilevanza nell’ambito delle obbligazioni contrattuali, è confermato dalla previsione dell’art. 1174 c.c., secondo cui la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere ad un interesse, anche non patrimoniale, del creditore. L’individuazione, in relazione alla specifica ipotesi contrattuale, degli interessi compresi nell’area del contratto che, oltre a quelli a contenuto patrimoniale, presentino carattere non patrimoniale, va condotta accertando la causa concreta del negozio, da intendersi come sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare, al di là del modello, anche tipico, adoperato; sintesi, e dunque ragione concreta, della dinamica contrattuale.
Il dubbio che qui è da porre è se anche in questo caso il richiamo ossessivo ai diritti costituzionalmente tutelati non sia troppo invasivo, nel senso che se è vero che nell’area della responsabilità extracontrattuale ci sono delle regole di governo appunto della responsabilità civile più stringenti, ben può l’autonomia delle parti, valorizzare al massimo attraverso un particolare assetto dei propri interessi, un interesse non patrimoniale di particolare pregio che in caso di inadempimento comporterà un risarcimento del danno non patrimoniale, purchè l’operazione tutta sia meritevole di tutela, anche senza che l’assetto prefissato dalle parti non rinvenga in nessuna norma della Costituzione un suo minimo referente.
Provo a spiegarmi meglio: nell’area della responsabilità extracontrattuale la tutela ed il bilanciamento degli interessi del soggetto danneggiante e danneggiato impone il limite di tutela negli interessi e nei diritti che trovano una loro copertura nella Costituzione, nell’ambito dell’area del contratto l’autonomia contrattuale consente di scegliere un particolare assetto di interessi tale per cui la violazione di un interesse dello stesso potrà comportare un danno non patrimoniale, al di là di interessi costituzionalmente orientati (perché così hanno voluto le parti).
 
22. Anche per quanto riguarda l’aspetto relativo alla prova la tara esistenzialista, fa dire al giudice che si può anche non disporre l’accertamento medico legale, ma utilizzare tutti gli elementi utili (documenti, testimonianze), ossia far ricorso alla prova testimoniale, documentale e presuntiva; ci si dimentica che per intuire le ripercussioni negative sul valore uomo, altri consulenti possono aiutare il giudice oltre che il medico legale (ossia lo psicologo, il medico sociale, il sociologo e così a seguire). (Questi soggetti sono stati considerati come dire gli ideali alter ego del medico legale che valuta i pregiudizi alla salute, per quanto concerne i pregiudizi esistenziali). Allora si preferisce dire: utilizzate tutto l’armamentario in vostro possesso consentito dal codice di procedura civile, ma di consulenti che ci ricordano il danno esistenziale preferiamo non parlarne.
 
23. Scorrendo avanti la sentenza rinveniamo la seguente affermazione: il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre. La frase è corretta, coglie nel segno, ma “quel non oltre” sembra quasi far riemergere quell’atteggiamento sempre ossessivo compulsivo nei confronti della categoria del danno esistenziale (che niente ha che vedere con la proliferazione dei danni, a patto che si scelga di fare sul serio!).
Come se la sentenza fosse animata da una paura, quella “di contenere”, (…) ma il contenimento ad avviso di chi parla avviene attraverso la chiarezza descrittiva delle poste in gioco, spiegando quali sono e come si risarciscono, non attraverso una macro categoria del danno non patrimoniale, per poi nicchiare, per dirlo, e non dirlo, o forse non ad alta voce, che esistono delle categorie descrittive, che ci aiutano probabilmente sì a raggiungere l’obiettivo dell’integrale riparazione dei danni alla persona. La specificazione della tipologia dei danni con le loro caratteristiche evita confusioni risarcitorie.
 
24. La sentenza sempre utilizza come scudo l’espressione “diritti costituzionalmente tutelati “, come se avesse una funziona catartica e riparatrice dagli attacchi della dottrina.
Alla fine però tutti gli interessi di natura esistenziale seguendo i dicta di questa sentenza possono essere risarciti (…). Ma come ? Non insistendo troppo sul sintagma “danno esistenziale”, ripetendo eventualmente più volte che la richiesta del risarcimento danni non patrimoniali da pregiudizi esistenziali deriva dalla violazione di una norma che trova il suo fondamento nella Costituzione, e qui a dimostrare che così è.
Il danno esistenziale, la femme fatale della responsabilità civile si è fatta notare troppo ed è stata guardata con troppa invidia, non importa!
Tutti i diritti costituzionalmente tutelati e gli interessi meritevoli di tutela che trovano un cappello nella Costituzione possono essere portati in giudizio; una volta portato il diritto o l’interesse da tutelare in giudizio, e dopo avere tanto insistito sulla copertura avuta dal diritto stesso dalla Carta Costituzionale, sarà il giudice a – e sono parole delle Sezioni Unite – individuare quali le ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate, provvedendo alla loro integrale riparazione.

Cassano Giuseppe

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