Non vi è preavviso nello stalking

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Il Tar, con sentenza n. 2099/2011, ha rigettato il ricorso proposto da un uomo che aveva messo in atto una sorta di “grande fratello” nei confronti della ex moglie. Infatti, oltre alle telefonate ed appostamenti, aveva provveduto ad installare apparecchiature tecnologiche sia presso l’abitazione che nella vettura della donna al fine di ascoltare e registrare tutto ciò che succedeva. Su istanza della stessa, il Questore di Milano procedeva, sulla base di atti probanti, nell’ammonizione. Avverso il provvedimento di ammonizione l’uomo si appellava al Tar denunciando la mancata comunicazione di avvio di procedimento (art. 7 della legge n. 241/90), “difetto assoluto di istruttoria” e assenza di motivazione nell’emanare il provvedimento (art. 3 della legge n. 241/90) .

Il Tar, seppur riconoscendo valido il mancato avviso, ha motivato che “un opposto orientamento secondo il quale – considerato che il provvedimento di ammonimento assolve ad una funzione tipicamente cautelare e preventiva, essendo preordinato a che gli “atti persecutori” posti in essere contro la persona non siano più ripetuti e non abbiano a cagionare esiti irreparabili; e considerato che lo stesso art. 7 della legge n. 241/90 esclude, per ragioni di celerità peculiari al procedimento, l’obbligo del preventivo avviso – la comunicazione di avviso di avvio del procedimento, per tale tipologia di atti, non è necessaria (cfr. TAR Lombardia Milano, sez. III, 18 marzo 2011 n. 751).”

Ed ha aggiunto che “il ragionamento svolto per respingere il primo motivo porta necessariamente al rigetto anche del secondo mezzo di gravame. Invero è di palmare evidenza che se il provvedimento di ammonimento non deve essere necessariamente preceduto dalla comunicazione di avviso di avvio del procedimento, a maggior ragione non può ritenersi che l’amministrazione sia tenuta all’audizione preventiva del destinatario del provvedimento, il quale non è neppure a conoscenza della sussistenza del procedimento.”………” Il destinatario del provvedimento potrà semmai far valere le proprie ragioni in un secondo momento, in sede di ricorso gerarchico ovvero proponendo istanza di riesame all’autorità procedente la quale, in presenza di nuove allegazioni e di nuovo materiale probatorio, è tenuta a riaprire il procedimento.”

Circa la mancanza di motivazione ha “evidenziato che, ……, l’Amministrazione resistente ha depositato in giudizio copiosa documentazione dalla quale emerge che il ricorrente ha posto in essere condotte intrusive nella vita privata della signora R., installando apposite apparecchiature, presso l’abitazione ed a bordo dell’auto della stessa, atte a registrare le conversazioni che si svolgevano in quegli ambienti, e pedinando la medesima sia direttamente che attraverso personale di un’agenzia investigativa all’uopo da egli incaricato.” Per “il comportamento tenuto nei confronti della controinteressata sia verosimilmente suscettibile di cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto, ovvero da costringere la stessa ad alterare le proprie abitudini di vita.”

Tali motivi hanno “indotto l’Autorità procedente ad emettere il provvedimento impugnato.”

Il fenomeno dello stalking si palesa mediante: telefonate, sms, pedinamenti, lettere e fiori, appostamenti vari (casa, lavoro, ecc…), violazione di domicilio, visita sul luogo di lavoro, minacce di violenza, violenza fisica e sessuale di diversa entità, fino ad arrivare a comportamenti estremi come tentato omicidio ed omicidio.

Non è necessario, ai fini dell’ammonimento, che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura. Diversamente opinando, ovvero se si richiedesse alla vittima di fornire prove tali da poter resistere in un giudizio penale, la previsione dell’ammonimento avrebbe scarse possibilità di applicazione pratica, atteso che le condotte integranti lo stalking, per loro natura, si consumano spesso in assenza di testimoni. La disciplina normativa è infatti chiara nel delimitare i poteri-doveri del Questore in materia, prescrivendo che questi assuma “se necessario informazioni dagli organi investigativi” e senta “le persone informate dei fatti”, al fine di formarsi un prudente convincimento circa la fondatezza dell’istanza”.

Nella casistica ricordiamo:

1) “Integra il reato di molestie, la condotta di continuo ed insistente corteggiamento, che risulti non gradito alla persona destinataria, in quanto tale comportamento è oggettivamente caratterizzato da petulanza.” Cassazione penale, sezione I, sentenza18 maggio 2007, n. 19438;

2) “La pluralità di azioni di disturbo costituisce elemento costitutivo del reato di cui all’art. 660 c.p. e non può, quindi, essere riconducibile all’ipotesi di reato continuato”. Cassazione penale, sezione I, sentenza 24 marzo 2004, n. 14512.

Modalità di compilazione del modello di richiesta:

1) E’ indispensabile che la narrazione dei fatti sia stilata in maniera inequivocabile e con una successione logica e cronologica degli eventi, evidenziando le eventuali relazioni coniugali, o affettive pregresse con lo stalker.

2) E’ fondamentale, a riprova, citare i nominativi di eventuali testimoni che possano relazionare in merito all’evento, su invito dell’Autorità di P.S. in caso dell’ammonimento e poi al cospetto del giudice in presenza di querela.

3) E’ importante documentare lo stato d’ansia e paura. Ciò è realizzabile mediante esibizione di un certificato medico rilasciato dal pronto soccorso di un ospedale, ove si può ricorrere dopo uno stato ansioso derivato dalla paura scatenata da un incontro sgradevole con lo stalker.

4) E’ necessario unire tutto il supporto cartaceo di cui si è in possesso (certificati medici, lettere, copia di sporadici sms ecc.), che sia atta a documentare l’attività di stalking e le sue conseguenze sul piano psicofisico.

5) Per adire all’ammonimento non bisogna essere in presenza di reati, connessi con l’art. 612 bis c.p., che siano procedibili d’ufficio. Nell’esplicitare la sequenza degli eventi dinanzi ad un ufficiale di Polizia Giudiziaria, non devono essere ravvisabili estremi di reati per cui si procede d’’ufficio, infatti, in automatico scatterebbe la denuncia nei confronti dello stalker, a prescindere dalla volontà dell’esponente.

Il livello di stalking messo in campo e le relative conseguenze violente variano in proporzione al grado di intimità precedente esistente nella relazione. Maggiore intimità implica un maggiore rischio di violenza. A volte l’entità del fenomeno è anche associata a disturbi psichici presenti nel molestatore. Molti studiosi ritengono che il fenomeno non è osservabile da solo ma vada analizzata la relazione di coppia che è una variabile incisiva nel fenomeno dello stalking.

La conoscenza dei motivi per cui si genera il conflitto, le motivazioni e l’entità delle minacce, possono agevolare l’applicazione di restrizioni valide senza sfociare in eccessive limitazioni della libertà di movimento del destinatario del provvedimento.

Sentenza collegata

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Corbi Mariagabriella

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