Non vi è alcuna automatica correlazione tra accertamento dell’illegittimità del provvedimento e insorgenza del diritto al risarcimento del danno

Lazzini Sonia 30/06/11
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Risarcimento per equivalente – illegittimità del provvedimento non sempre correlata con il diritto al risarcimento del danno – differenza fra vizi sostanziali e formali – bisogna comprovare la spettanza del bene della vita – non vi è risarcimento se l’amministrazione il potere di rinnovare il procedimento, eliminando il vizio riscontrato

Non vi è alcuna automatica correlazione tra accertamento dell’illegittimità del provvedimento e insorgenza del diritto al risarcimento del danno.

È però discussa l’individuazione dei casi in cui il diritto al risarcimento del danno debba ritenersi escluso o vada comunque drasticamente circoscritto nella sua misura.

In prima approssimazione, la giurisprudenza ritiene necessario distinguere, a tal fine, tra illegittimità di carattere “sostanziale” e illegittimità di natura “formale”.

Solo nel primo caso, il vizio del provvedimento costituisce titolo per il risarcimento del danno subito dall’interessato, perché risulta comprovata, in modo certo, la “spettanza” del bene della vita fatta valere dal ricorrente e la correlata lesione derivante dal provvedimento illegittimo, che, in quella particolare circostanza, contrasta, in radice, con i presupposti normativi per la sua adozione con un determinato contenuto

Si tratta di stabilire se l’accertamento della illegittimità del provvedimento amministrativo contestato dal soggetto interessato sia sufficiente per affermare il diritto al risarcimento del danno, in presenza degli altri presupposti generali indicati dall’articolo 2043 del codice civile (colpa e nesso di causalità), o se, al contrario, occorra considerare analiticamente – e selettivamente – il tipo di vizio individuato dal giudice, in funzione della possibilità, riconosciuta all’amministrazione, di intervenire nuovamente sul rapporto giuridico controverso, anche in seguito al definitivo annullamento dell’atto illegittimo

Tra gli interpreti è ormai acquisita la conclusione secondo cui non vi è alcuna automatica correlazione tra accertamento dell’illegittimità del provvedimento e insorgenza del diritto al risarcimento del danno.

È però discussa l’individuazione dei casi in cui il diritto al risarcimento del danno debba ritenersi escluso o vada comunque drasticamente circoscritto nella sua misura.

In prima approssimazione, la giurisprudenza ritiene necessario distinguere, a tal fine, tra illegittimità di carattere “sostanziale” e illegittimità di natura “formale”. Solo nel primo caso, il vizio del provvedimento costituisce titolo per il risarcimento del danno subito dall’interessato, perché risulta comprovata, in modo certo, la “spettanza” del bene della vita fatta valere dal ricorrente e la correlata lesione derivante dal provvedimento illegittimo, che, in quella particolare circostanza, contrasta, in radice, con i presupposti normativi per la sua adozione con un determinato contenuto.

Al contrario, la pretesa risarcitoria non potrebbe trovare accoglimento qualora il vizio accertato non contenga alcuna valutazione definitiva in ordine al rapporto giuridico controverso, risolvendosi nel riscontro di una violazione del procedimento di formazione del provvedimento. Ciò avviene, in particolare, quando, in seguito all’annullamento dell’atto impugnato, l’amministrazione conserva, intatto, il potere di rinnovare il procedimento, eliminando il vizio riscontrato.

Nell’ambito di queste coordinate interpretative, ormai largamente consolidate, restano aperte, tuttavia, diverse questioni applicative, tutte rilevanti nella presente vicenda contenziosa.

a) Non è univoco l’inquadramento concettuale dei vizi riconducibili alla categoria dell’eccesso di potere, con specifico riferimento alle “figure sintomatiche” delle carenze istruttorie e del difetto di motivazione. La natura “sostanziale” e non meramente formale del vizio, infatti, potrebbe lasciare un certo spazio per il rinnovo del procedimento, sia pure nei limiti all’esercizio del potere discrezionale derivanti dal giudicato.

B) È incerta la rilevanza concreta della distinzione dei diversi tipi di vizi nelle ipotesi in cui il ricorrente faccia valere in giudizio un interesse meramente oppositivo e il pregiudizio lamentato riguardi proprio l’illegittima compressione delle facoltà spettanti al titolare.

C) Non è pacifica, in questo contesto, l’esatta collocazione delle illegittimità riguardanti la violazione delle garanzie procedimentali e dell’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento.

Senza analizzare, nel dettaglio, tutti i diversi aspetti delle indicate problematiche, che implicano rilevanti questioni di taglio dogmatico, la Sezione ritiene opportuno lo svolgimento delle seguenti osservazioni.

AA) Il vizio dell’eccesso di potere, nella sua attuale evoluzione, presenta una connotazione “multiforme”, ancorché risulti ormai prevalente il riconoscimento della caratteristica strettamente funzionale della illegittimità e la sua stretta connessione con la verifica del corretto esercizio del potere discrezionale. Questo significa, quindi, che, in linea di principio, in seguito all’annullamento per eccesso di potere, l’amministrazione non ha esaurito la propria potestà (salvi i casi in cui sono previsti perentori termini per il suo esercizio), ma ben può “rinnovare” il procedimento, incidendo sulla stessa realtà giuridica e materiale.

Va rilevato, però, che in tali eventualità, proprio perché risulta accertata l’illegittimità del precedente esercizio del potere, il procedimento rinnovato non ha, normalmente, una proiezione retroattiva e, quindi, è destinato ad operare solo per il futuro.

La retrodatazione degli effetti non è preclusa, ma essa è ammessa nel rispetto dei generali principi che governano l’azione amministrativa e delle regole riferite a quel particolare tipo di atto.

Si pensi, esemplificativamente, all’ipotesi in cui sia stata accertata l’illegittimità, per eccesso di potere e per inadeguatezza della motivazione, di un provvedimento di annullamento di ufficio. In tal caso è evidente che l’amministrazione potrà, con congrua motivazione, reiterare il provvedimento di annullamento di ufficio, il quale, per sua natura, avrà effetti retroattivi.

Nelle ipotesi in cui, invece, l’atto annullato per eccesso di potere o per difetto di motivazione abbia effetti solo ex nunc, il rinnovo del provvedimento potrà retroagire solo in presenza di comprovate ragioni di interesse pubblico, che giustifichino l’esercizio di un’attività sostanzialmente riconducibile all’autotutela.

Lazzini Sonia

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