Con quali altre formule, un garante può emettere una garanzia provvisoria che sia in regola con i dettami dell’articolo 75 del codice dei contratti relativamente alle clausole di < espressa rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale>> e << operatività entro quindici giorni a semplice richiesta scritta della stazione appaltante>>?
Infondata, in secondo luogo, va giudicata l’eccezione che la ditta controintessate avrebbe violato il punto 9-a) del bando di gara ed il punto 5 del relativo disciplinare, nonché l’art. 30 della legge n. 109/1994, per non aver prodotto una fideiussione che prevedesse “espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale e la sua operatività entro quindici giorni a semplice richiesta scritta della stazione appaltante”; nonché sfornita di “validità per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell’offerta”._ Ciò in quanto, avendo l’appellante presentato una fideiussione bancaria recante impegno del garante a pagare “a prima richiesta scritta, a mezzo di lettera raccomandata, senza sollevare alcuna eccezione e nonostante eventuali opposizioni, anche giudiziali, da parte dell’Impresa o di terzi, qualsiasi importo fino alla concorrenza di € 18.538, rinunciando al beneficio della preventiva escussione”, risulta evidente – per il carattere derogatorio dell’ordinaria disciplina del contratto di fideiussione che consegue alla clausola “a prima richiesta e senza eccezioni” secondo i prevalenti orientamenti della giurisprudenza civile (Cass. 1 ottobre 1999, n. 10864, e Cass. 6 aprile 1998, n. 3552) – l’assunzione da parte del garante dell’obbligo di pagare immediatamente (e, perciò, non certo oltre i 15 giorni richiesti dalla disciplina legale e convenzionale di gara) e incondizionatamente le somme eventualmente richiestegli dalla stazione appaltante
Merita di essere segnalato il seguente passaggio tratto dalla decisione numero 327 del 9 maggio 2005, emessa dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale
Infondate, invece, sono le censure formulate in via incidentale dall’appellata, originariamente aggiudicataria della gara de qua, volte a paralizzare l’accoglibilità dell’appello.
Non rileva, in primo luogo, che le due ditte abbiano offerto lo stesso ribasso, dato che raggiungendo il sorteggio la ricorrente realizzerebbe, quantomeno, un proprio interesse strumentale.
Infondata, in secondo luogo, va giudicata l’eccezione che la ditta ALFA avrebbe violato il punto 9-a) del bando di gara ed il punto 5 del relativo disciplinare, nonché l’art. 30 della legge n. 109/1994, per non aver prodotto una fideiussione che prevedesse “espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale e la sua operatività entro quindici giorni a semplice richiesta scritta della stazione appaltante”; nonché sfornita di “validità per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell’offerta”.
Ciò in quanto, avendo l’appellante presentato una fideiussione bancaria recante impegno del garante a pagare “a prima richiesta scritta, a mezzo di lettera raccomandata, senza sollevare alcuna eccezione e nonostante eventuali opposizioni, anche giudiziali, da parte dell’Impresa o di terzi, qualsiasi importo fino alla concorrenza di € 18.538, rinunciando al beneficio della preventiva escussione”, risulta evidente – per il carattere derogatorio dell’ordinaria disciplina del contratto di fideiussione che consegue alla clausola “a prima richiesta e senza eccezioni” secondo i prevalenti orientamenti della giurisprudenza civile (Cass. 1 ottobre 1999, n. 10864, e Cass. 6 aprile 1998, n. 3552) – l’assunzione da parte del garante dell’obbligo di pagare immediatamente (e, perciò, non certo oltre i 15 giorni richiesti dalla disciplina legale e convenzionale di gara) e incondizionatamente le somme eventualmente richiestegli dalla stazione appaltante.
Mentre, per quanto riguarda il termine di validità dell’impegno fideiussorio, esso era richiesto dal bando “per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell’offerta” (il cui termine era fissato per il 6 novembre 2003), sicché doveva restare valido sino al 4 aprile 2004; condizione ampiamente soddisfatta per la ditta ALFA, la validità della cui fideiussione è stata espressamente prevista fino al 6 aprile 2004.
Infine, del tutto infondata in punto di fatto è l’asserzione secondo cui detta obbligazione fideiussoria sarebbe difforme da quanto richiesto dal bando di gara, per effetto della clausola di cui all’art. 2 delle condizioni generali di contratto che – in tesi di parte appellata – prevederebbe che “se la ditta obbligata non rimane aggiudicataria dell’appalto indicato nel retro della polizza, la ******à si intende senz’altro liberata dagli obblighi assunti e il premio pagato resterà integralmente acquisito alla ******à stessa”: tale clausola, infatti, non è affatto relativa all’impegno del garante provvisorio (Banca Intesa s.p.a.), bensì è prevista nel modulo (prestampato) della GAN Assicurazioni s.p.a. (che si è impegnata al rilascio della fideiussione assicurativa definitiva ai sensi dell’art. 20, comma 1, lettera a), della Legge regionale Sicilia 19 maggio 2003, n. 7), come risulta dal doc. n. 4 di parte appellante e dal doc. n. 6 di parte appellata.
È ovvio che il ricordato termine di cui al punto 9-a) del bando di gara è riferito alla cauzione provvisoria, mentre per quella definitiva, disciplinata dal punto 9-b), non può logicamente neppure ipotizzarsi il caso di mancata aggiudicazione, dato che essa opera solo dopo la conclusione del contratto ed a garanzia della sua esecuzione.
A cura di *************
N. 327/05 Reg.Dec.
N. 386 ********
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello n. 386/2004, proposto da
ALFA COSTRUZIONI s.r.l.,
in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. ******************, con domicilio eletto in Palermo, via Libertà, 171, presso lo studio dello stesso;
contro
l’ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI DELLA PROVINCIA DI MESSINA, in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dall’avv. *******************, con domicilio eletto in Palermo, via Nicol Turrisi, 35 presso lo studio dell’avv. ******************;
e nei confronti di
BETA COSTRUZIONI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria dell’associazione temporanea di imprese con la BETABIS IMPIANTI s.r.l., quest’ultima anche in proprio, rappresentate e difese dall’avv. ***************, con domicilio eletto in Palermo, via D. Trentacoste, 89, presso lo studio dell’*******************;
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. della Sicilia, Sezione di Catania, (Sez. int. III) n. 582 del 11 marzo 2004.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’avv. ************** per lo I.A.C.P. di Messina e dell’avv. ********** per la BETA Costruzioni in proprio e n.q. ed altri;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Relatore, alla pubblica udienza del 2 febbraio 2005, il Consigliere ********************;
Uditi, altresì, l’avv. ************ per l’impresa appellante, l’avv. ********, su delega dell’avv. ************** per lo IACP di Messina e l’***************, su delega dell’avv. **********, per le imprese controinteressate;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Viene in decisione l’appello avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha dichiarato irricevibile il ricorso proposto in prime cure dall’odierna appellante, per l’annullamento della propria esclusione dalla gara d’appalto per la costruzione di due edifici, otto botteghe ed un impianto sportivo speciale, nonché dell’aggiudicazione della gara medesima alla ditta controinteressata.
All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. – Il ricorso in prime cure è stato dichiarato irricevibile per tardività, in quanto promosso oltre il termine decadenziale di sessanta giorni dal 19 novembre 2003, data in cui il seggio di gara ha disposto l’esclusione della ricorrente (in presenza di un suo rappresentante che ne ha acquisito immediata conoscenza) dalla gara de qua, per essere stato (asseritamente) notificato l’atto introduttivo il 30 gennaio 2004.
Il primo motivo di appello – che deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 21-bis della legge n. 109/1994, nel testo recepito dalla L.R. Sicilia n. 7/2002 – è fondato.
Invero, detto art. 21-bis (aggiunto, limitatamente alla Regione Sicilia, alla legge n. 109/1994, dall’art. 18 della L.R. Sicilia 2 agosto 2002, n. 7), dispone che “in assenza di rilievi o di contestazioni, che devono essere effettuati nei sette giorni successivi a quello di espletamento della gara, il verbale di gara diviene definitivo” (comma 2); invece, “in caso di rilievi e contestazioni l’ente appaltante, e per esso il responsabile del procedimento, è tenuto a decidere entro il termine perentorio di dieci giorni dalla loro trasmissione” (comma 3), e, “decorso inutilmente il termine di cui al comma 3, in mancanza di decisione, i rilievi e le contestazioni si intendono respinti ed il verbale di gara diviene definitivo” (comma 4).
In punto di fatto è incontroverso che il rappresentante della ALFA Costruzioni, che era presente alle operazioni di gara del giorno 19 novembre 2003 nel corso delle quali la ditta medesima fu esclusa, presentò, contestualmente al momento in cui venne a conoscenza di detta esclusione, un reclamo avverso di essa, che non consta essere mai stato esaminato e deciso dal seggio di gara.
Ne deriva – ai sensi della citata disposizione di legge ed in piena conformità con l’orientamento esegetico già espresso da questo C.G.A.R.S. con decisione 20 gennaio 2003, n. 9, riferita alla previsione normativa del tutto analoga (salvo che nel termine per la formazione del silenzio-rigetto, che allora era di 20 giorni) espressa dai commi 3, 4 e 5 del previgente art. 23 della L.R. Sicilia 8 marzo 1971, n. 5, ora abrogato dall’art. 42, comma 1, della stessa L.R. n. 2/2002) – che il termine per l’impugnazione giurisdizionale dell’esclusione comminata in corso di gara inizia a decorrere, in caso di tempestiva proposizione del ricorso amministrativo previsto dal citato comma 3 dell’art. 21-bis, solo dal momento in cui esso sia stato deciso ovvero su di esso si sia formato il silenzio-rigetto previsto dal successivo comma 4.
Applicando detti principi al caso di specie, si comprende che, per effetto della presentazione del reclamo ad opera del rappresentante della ditta appellante presente alle operazioni di gara, l’esclusione irrogata alla ditta medesima è divenuta definitiva con lo spirare del decimo giorno dal 19 novembre 2003, e dunque il 29 novembre 2003.
Il ricorso di primo grado è pertanto tempestivo – alla stregua dell’orientamento esegetico risultante dalla combinazione tra le sentenze 26 novembre 2002, n. 477, e 23 gennaio 2004, n. 28, della Corte costituzionale (la seconda, invero, astrattamente non vincolante per il giudice, trattandosi di una sentenza interpretativa di rigetto) – in quanto consegnato all’ufficiale giudiziario per le notifiche, ritualmente avvenute in date successive, sin dal 28 gennaio 2004 (data comprovata dal timbro dell’Ufficio notifiche rinvenibile sull’originale del ricorso).
2. –Il secondo motivo di appello – che denuncia errori di calcolo dell’ordine di frazioni di decimali, senza specificarne gli effetti sugli atti di gara – è inammissibile non essendo stato dedotto, né risultando (in funzione dell’eventuale rilievo, che invece non consta, di dette frazioni sull’esito della gara), alcun interesse della ricorrente alla sua proposizione.
3. – Il terzo motivo di appello ripropone le censure, non esaminate in primo grado, contro l’esclusione disposta dal seggio di gara – come si legge nel verbale di gara del 19 novembre 2003 – sulla base del rilievo “che non risulta dalle certificazioni SOA la qualificazione OG11, qualifica II, a qualificazione obbligatoria”; deduce in proposito l’appellante che – essendo qualificata per la categoria prevalente OG1 per l’intero ammontare dei lavori e, in effetti, non essendolo per la categoria OG11 – aveva espressamente dichiarato nella domanda di partecipazione alla gara “di voler subappaltare i lavori rientranti nelle categorie OG11, OS6, OS7, ad imprese debitamente qualificate, …” e che pertanto, essendo l’ammontare dei lavori ascrivibili alla categoria OG11 inferiore al 15% di quello complessivo dell’opera, non avrebbe potuto essere esclusa con la riferita motivazione.
Il motivo è fondato.
Risulta dal bando di gara che i lavori in categoria OG11 (pari ad € 356.487,51) sono di ammontare inferiore al 15% dell’importo complessivo dell’appalto (che è pari ad € 3.707.442,04).
Ne consegue che, ai sensi dell’art. 30, comma 1, lettera c), del D.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, le controverse parti dell’opera in OG11, essendo di importo inferiore al 15% del totale (e, quindi, non comprese nel divieto di subappalto posto dall’art. 13, comma 7, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e richiamato dal citato art. 30) e, al contempo, essendo altresì diversi da quelli rientranti nella categoria prevalente (che, nella specie, era la OG1), “sono tutte, a scelta del concorrente, subappaltabili o affidabili a cottimo, e comunque scorporabili”.
Sicchè risulta illegittima l’esclusione della ricorrente perché priva della qualificazione OG11, avendo essa legittimamente dichiarato di volere subappaltare (a ditte fornite, ovviamente, di tale “qualificazione obbligatoria” per la parte scorporabile, nel rispetto dunque del punto 3.6-b) del bando di gara) tale parte dei lavori.
Infatti, il partecipante qualificato per la categoria principale OG1, ma non anche per quella scorporabile OG11, II Cat., ben può, nel pieno rispetto sia della legge che del bando di gara, o scorporare tali lavori relativi alla categoria non prevalente, affidandoli ad un impresa verticalmente associata, ovvero alternativamente subappaltarli (come, appunto, l’odierna ricorrente ha dichiarato di voler fare).
4. – Il quarto motivo di appello – concernente l’ammissione in gara di una ditta terza – è inammissibile, avendo la stessa appellante ammesso, senza confutazione delle altre parti, l’ininfluenza di siffatta vicenda sulla determinazione della media di aggiudicazione.
5. – Il quinto motivo di appello – che deduce la violazione e falsa applicazione, in favore della controinteressata ditta aggiudicataria, degli artt. 8 e 10 della legge n. 109/1994 e 17, lett. d), del D.P.R. n. 34/2000, nonché 75, lett. e), del D.P.R. n. 554/1999 – è infondato.
Il Collegio, infatti, non condivide la tesi, su cui si fonda il motivo in esame, che l’attestazione INAIL del 9 dicembre 2003, versata in atti, non avrebbe un’adeguata efficacia probatoria, ai fini suddetti.
La citata attestazione rilasciata dall’Istituto creditore fa piena prova del fatto che “la Ditta può essere considerata in regola, alla data del 23 aprile 2004, con il versamento dei premi di assicurazione, in quanto è debitrice di somme nei confronti dell’Istituto per le quali ha in corso il pagamento rateizzato”.
Si tratta di una forma di pagamento agevolato che non consegue ad un accordo di natura vagamente transattiva (che lasci cioè presumere, come vorrebbe l’appellante, un previo inadempimento grave), bensì di un’agevolazione prevista in via generale.
In tale contesto fattuale, peraltro non limitato alla presente fattispecie, deve ritenersi adeguatamente comprovata la regolarità assicurativa della ditta aggiudicataria, senza bisogno di ulteriori attività istruttorie; laddove sarebbe la parte che intendesse avvalersi di una pregressa situazione d’inadempimento (soggettivamente imputabile) ad essere gravata dall’onere – nel caso di specie non assolto – di allegare fatti specifici che dimostrino quantomeno la verosimiglianza dei propri assunti, così potendo attivare l’esercizio del potere acquisitivi ufficioso che è proprio del giudice amministrativo.
6. –Infondate, invece, sono le censure formulate in via incidentale dall’appellata, originariamente aggiudicataria della gara de qua, volte a paralizzare l’accoglibilità dell’appello.
Non rileva, in primo luogo, che le due ditte abbiano offerto lo stesso ribasso, dato che raggiungendo il sorteggio la ricorrente realizzerebbe, quantomeno, un proprio interesse strumentale.
Infondata, in secondo luogo, va giudicata l’eccezione che la ditta ALFA avrebbe violato il punto 9-a) del bando di gara ed il punto 5 del relativo disciplinare, nonché l’art. 30 della legge n. 109/1994, per non aver prodotto una fideiussione che prevedesse “espressamente la rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale e la sua operatività entro quindici giorni a semplice richiesta scritta della stazione appaltante”; nonché sfornita di “validità per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell’offerta”.
Ciò in quanto, avendo l’appellante presentato una fideiussione bancaria recante impegno del garante a pagare “a prima richiesta scritta, a mezzo di lettera raccomandata, senza sollevare alcuna eccezione e nonostante eventuali opposizioni, anche giudiziali, da parte dell’Impresa o di terzi, qualsiasi importo fino alla concorrenza di € 18.538, rinunciando al beneficio della preventiva escussione”, risulta evidente – per il carattere derogatorio dell’ordinaria disciplina del contratto di fideiussione che consegue alla clausola “a prima richiesta e senza eccezioni” secondo i prevalenti orientamenti della giurisprudenza civile (Cass. 1 ottobre 1999, n. 10864, e Cass. 6 aprile 1998, n. 3552) – l’assunzione da parte del garante dell’obbligo di pagare immediatamente (e, perciò, non certo oltre i 15 giorni richiesti dalla disciplina legale e convenzionale di gara) e incondizionatamente le somme eventualmente richiestegli dalla stazione appaltante.
Mentre, per quanto riguarda il termine di validità dell’impegno fideiussorio, esso era richiesto dal bando “per almeno centottanta giorni dalla data di presentazione dell’offerta” (il cui termine era fissato per il 6 novembre 2003), sicché doveva restare valido sino al 4 aprile 2004; condizione ampiamente soddisfatta per la ditta ALFA, la validità della cui fideiussione è stata espressamente prevista fino al 6 aprile 2004.
Infine, del tutto infondata in punto di fatto è l’asserzione secondo cui detta obbligazione fideiussoria sarebbe difforme da quanto richiesto dal bando di gara, per effetto della clausola di cui all’art. 2 delle condizioni generali di contratto che – in tesi di parte appellata – prevederebbe che “se la ditta obbligata non rimane aggiudicataria dell’appalto indicato nel retro della polizza, la ******à si intende senz’altro liberata dagli obblighi assunti e il premio pagato resterà integralmente acquisito alla ******à stessa”: tale clausola, infatti, non è affatto relativa all’impegno del garante provvisorio (Banca Intesa s.p.a.), bensì è prevista nel modulo (prestampato) della GAN Assicurazioni s.p.a. (che si è impegnata al rilascio della fideiussione assicurativa definitiva ai sensi dell’art. 20, comma 1, lettera a), della Legge regionale Sicilia 19 maggio 2003, n. 7), come risulta dal doc. n. 4 di parte appellante e dal doc. n. 6 di parte appellata.
È ovvio che il ricordato termine di cui al punto 9-a) del bando di gara è riferito alla cauzione provvisoria, mentre per quella definitiva, disciplinata dal punto 9-b), non può logicamente neppure ipotizzarsi il caso di mancata aggiudicazione, dato che essa opera solo dopo la conclusione del contratto ed a garanzia della sua esecuzione.
La terza censura incidentale, identica a quella di cui al quarto motivo di appello, va disattesa per le medesime ragioni.
7. –In conclusione, l’appello va accolto nei sensi e nei limiti testè indicati, e vanno conseguentemente annullati, in parte qua, gli atti impugnati in prime cure; per l’effetto, l’amministrazione dovrà procedere alle ulteriori operazioni di gara, necessarie per la definitiva scelta del contraente.
Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano nella misura di cui in dispositivo.
********
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, accoglie l’appello nei sensi e limiti di cui in motivazione; condanna gli appellati a rifondere all’appellante le spese del doppio grado del giudizio, liquidate in € 8.000, oltre accessori di legge, che pone a carico dei soccombenti in parti uguali e con vincolo di solidarietà.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo, il 2 febbraio 2005, dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, riunito in camera di consiglio con l’intervento dei signori: *****************, Presidente, ********************, ********************, estensore, ****************, ****************, componenti.
F.to: *****************, Presidente
F.to: ********************, Estensore
F.to: **************, **********
Depositata in segreteria
il 9 maggio 2005
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