Niente mantenimento alla figlia maggiorenne che rifiuta le ricevute offerte di lavoro

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La Cassazione, con ordinanza n. 7970/2013, in ossequio alla consolidata giurisprudenza (per tutte, Cass. N. 4765/2002; n. 1830 del 2011), dispone che ai fini dell’esonero dell’assegno per il figlio maggiorenne è necessario che il mancato svolgimento di attività lavorativa dipenda da inerzia o da rifiuto ingiustificato.

Il nostro ordinamento è chiaro sugli obblighi ed i doveri che i genitori hanno nei confronti dei propri figli, non riconducibili, unicamente, al solo obbligo alimentare, ma anche all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sociale, sanitario, fino a quando quest’ultimi non abbiano realizzato le proprie aspirazioni.

Trattasi di un dovere sancito, innanzitutto, dall’art. 30 della Costituzione secondo cui è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare la prole, confermato dall’art. 147 c.c. che “impone” ai genitori l’obbligo di mantenere, istruire ed educare la prole, tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli, fornendo loro quanto necessario per acquisire una piena capacità di autodeterminazione nelle scelte personali di vita e nelle relazioni sociali, per un graduale esercizio di tutti i diritti fondamentali riconosciuti dalla nostra Costituzione, la cui violazione è punibile penalmente ex art. 570-572 c.p..

I coniugi devono adempiere a tale obbligazione in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo ex art. 148 c.c..

Tale responsabilità non viene meno, ipso facto, in caso di separazione e/o divorzio tra i genitori, così come chiarito dall’art. 155 c.c. e dall’art. 6 della L. 898/1970, nè con il raggiungimento della maggiore età del figlio, ma persiste finchè il figlio stesso non abbia raggiunto l’indipendenza economica, ovvero è stato posto nelle concrete condizioni per poter essere economicamente autosufficiente.

Ed invero, l’art. 155 quinquies c.c., introdotto con la legge n. 54/2006, in tema di affido condiviso, statuisce che il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni e non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico che, salva diversa determinazione, è versato direttamente all’avente diritto.

Tale obbligo perdura fino a quando il mancato inserimento nel mondo del lavoro non sia causato da negligenza o comunque non dipenda da fatto imputabile al figlio.

Così il Giudice a quo, nel corso di un procedimento di modifica delle condizioni di divorzio, accoglie la richiesta di esonero dell’assegno per la figlia, con motivazione adeguata e non illogica, facendo riferimento all’età (anni 37) e agli studi da questa effettuati, ipotizzando che essa abbia ricevuto offerte di lavoro, benché non rispondenti pienamente alle sue aspirazioni, e non le abbia accettate, ravvisando, in tale condotta, profili di colpa, per libera (ma discutibile) scelta delle opportunità offertele.

Zecca Maria Grazia

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