Negli appalti il principio di equivalenza va applicato anche in assenza di un’espressa previsione nel bando

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Il contenzioso nasce dall’espletamento di una procedura di gara per l’affidamento triennale del servizio di igiene urbana in un territorio comunale.

Fatto

La sentenza impugnata accoglie il ricorso ritenendo fondata, tra le censure, quella relativa alla carenza, nell’offerta dell’aggiudicataria, delle “condizioni minime capitolari”. Per il Tar, infatti, non può essere applicato il principio di equivalenza, poichè nella fattispecie de qua non rileverebbero “specifiche tecniche”, ma “minime” di prestazione del servizio. Nella decisione, inoltre, i giudici di primo grado evidenziano che “le giustificazioni proposte dalla contro-interessata non appaiono comunque idonee a dimostrare l’equivalenza delle prestazioni in esame, invero le stesse risultano obbiettivamente differenti da quelle indicate come modalità minime nella documentazione di gara”.

L’aggiudicataria impugna la decisione sfavorevole fondando uno dei motivi dell’appello sulla circostanza che il proprio progetto si baserebbe su una forte implementazione del “porta a porta” tale da condurre prospetticamente ad una percentuale di raccolta differenziata (74%) superiore agli “obiettivi minimi” indicati in sede regionale e richiamati dal bando (65%), il cui conseguimento costituirebbe il fine principale dell’affidamento.

Il Collegio, ritenendo infondate le censure accolte dal Tar, accoglie l’appello e dà un’esegesi della normativa di gara opposta rispetto a quella fornita dalla ricorrente dinanzi al giudice di prime cure.

Il Collegio pone l’attenzione su un contenuto della lex specialis, in particolare delle “Linee Guida per la messa a punto della raccolta differenziata e degli altri servizi di igiene urbana” nella parte in cui tratta espressamente degli “obiettivi minimi di raccolta differenziata”, rimarcando il rilievo fondamentale rivestito, nell’ambito della procedura di gara, dal “miglioramento delle percentuali di raccolta differenziata nel corso dell’affidamento”. Ne consegue che, “in una visione sistemica, complessiva e, per così dire, teleologicamente orientata delle Linee Guida, il punto nevralgico, lo scopo caratterizzante dell’affidamento è il miglioramento della performance comunale in termini di recupero, così da poter raggiungere gli obiettivi di raccolta differenziata inderogabilmente fissati in sede nazionale”. Per i giudici, infatti, “l’intera documentazione di gara è costruita attorno ad un nucleo centrale irrinunciabile (il miglioramento della percentuale di raccolta differenziata), cui sono strumentali le puntuali declinazioni, recate dalle Linee Guida, dei singoli segmenti in cui si articola il complessivo servizio”.

Pertanto, dalla lettura complessiva e sistematica della documentazione di gara, emerge che la volontà dell’amministrazione appaltante “non è, a ben vedere, quella di avere un servizio con quelle specifiche, precise ed immodificabili caratteristiche, bensì quella di avere un servizio che consenta di conseguire i cennati obiettivi minimi di riciclo”.

Di fatto il Comune, pur fornendo in dettaglio i caratteri dei vari segmenti di raccolta ritenuti idonei al conseguimento dello scopo di miglioramento della raccolta differenziata, non ha inteso escludere modalità alternative di svolgimento del servizio, purché concretamente idonee all’obiettivo programmato, cioè il miglioramento della performance comunale in tema di recupero e riciclo.

Lo stesso disciplinare prevede che, dei complessivi 100 punti assegnabili, ben 40 siano relativi a “servizi aggiuntivi e migliorie”, dei quali 25 attribuibili in funzione di “soluzioni aggiuntive di svolgimento dei servizi e/o complementari”, riconoscendo così la possibilità ai concorrenti di organizzare modalità diverse di prestazione con servizi aggiuntivi o innovativi, suscettibili di valutazione positiva con apposita valorizzazione, ove consentano di migliorare la performance del recupero e del ricilco dei rifiuti.

Inoltre il Collegio evidenzia come lo stesso disciplinare operi un esplicito richiamo del principio di equivalenza di cui all’art. 68 d.lgs. n. 50 del 2016, sebbene lo stesso debba essere applicato anche in assenza di un’espressa previsione nel bando, in quanto principio generale della materia degli appalti pubblici, laddove esplicitamente stabilisce che “l’offerta tecnica deve rispettare le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara, pena l’esclusione dalla procedura di gara, nel rispetto del principio di equivalenza di cui all’art. 68 del Codice”. Per i giudici di Palazzo Spada tale circostanza conferma la conclusione secondo cui le caratteristiche minime indicate nella documentazione di gara “non debbono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum: le offerte, in altre parole, rispettano la lex specialis ove comunque capaci di conseguire il fine ultimo (e, a ben vedere, esclusivo) dell’affidamento, consistente nel miglioramento delle percentuali di raccolta differenziata”.

Decisione

A parere di chi scrive la pronuncia rappresenta un esempio di corretta applicazione del principio di equivalenza inteso quale espressione del più ampio principio – di derivazione comunitaria – del favor partecipationis, finalizzato ad assicurare la parità di condizioni di partecipazione, un aperto ed esteso confronto concorrenziale e l’individuazione della migliore offerta. Ne deriva che l’ammissibilità in sede di gara di servizi o prodotti equivalenti non possa essere compressa o esclusa da prescrizioni descrittive contenute nel disciplinare che non non trovino ragionevole giustificazione in reali esigenze tecniche e funzionali (sull’infungibilità dei beni e dei servizi si vedano le Linee guida ANAC n. 8 “Ricorso a procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando nel caso di forniture e servizi ritenuti infungibili”).

In tale ottica l’applicazione del principio di equivalenza e l’obbligo per la stazione appaltante di accertare la sussistenza di più soluzioni tecniche che soddisfino le esigenze per le quali è stata bandita la procedura, rappresentano la garanzia di salvaguardia dell’effettiva concorrenza e consentono di evitare un’arbitraria e illegittima compressione del principio di non discriminazione.

Ciò induce a ritenere che la motivazione della scelta debba essere particolarmente rafforzata, con la compiuta indicazione delle ragioni che la giustificano, nel caso in cui la stazione appaltante decida di inserire nel disciplinare specifiche caratteristiche di espletamento del servizio, definite e dettagliate in maniera così minuziosa da individuare esclusivamente un dato prodotto/servizio senza possibilità alcuna di valutare e acquisire alternative tecniche sostanzialmente equivalenti.

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Giacomo Giuseppe Verde

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