Motivazioni e conflitti nel reddito di cittadinanza

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            Con l’entrata alla fine del novecento nella terza rivoluzione industriale si entra dalla società industriale alla società post-industriale, definita da alcuni anche come società post-moderna (Lyotard) se si assumono non soltanto le strutture sociali ed economiche ma anche gli aspetti culturali e gli stili di vita, si passa dalla produzione fordista della catena di montaggio alla produzione di tipo Toyota incentrata sulla produzione Just in time e sulla qualità totale, dove scorte e magazzini sono ridotti al minimo e la produzione viene conformata il più possibile alle esigenze del cliente (Martorello).

            L’introduzione della robotica e dell’informatica, la sua larga diffusione, miniaturizzazione, potenziamento e riduzione dei costi, fa sì che automazione e informazione permettano una sempre più larga delocalizzazione, favorita dal venire meno dei blocchi politico-economici contrapposti della guerra fredda che favoriscono una globalizzazione finanziaria e dei trasporti, come nella prima e nella seconda rivoluzione industriale anche in questa si produce nell’immediato, intorno agli anni settanta/ottanta, un calo della produttività e una progressiva diseguaglianza economica (Greenwood) causata dall’introduzione delle nuove tecnologie, vi è una perdita di lavoro e una diminuzione dei redditi nelle fasce inferiori a causa della loro sostituzione con apparati informatici e della delocalizzazione, si punta sui servizi e sull’incremento del campo della conoscenza.

            Il decentramento produttivo non si limita allo spostamento all’estero delle attività (offshoring), ma avviene anche all’interno con la trasformazione del dipendente in lavoratore autonomo o formalmente in piccolo imprenditore, di fatto dipendente dalle commesse della grande impresa, nei casi di distretti industriali si crea una rete orizzontale di piccole imprese tuttavia sottoposta alla pressione nei costi della delocalizzazione (Bonomi), la stessa compartecipazione non può limitare la tendenza al decentramento e all’espulsione dei lavoratori delle fasce inferiori (Molesti).

            Al crollo iniziale della produzione che ogni passaggio tecnologico comporta per la necessità dell’adattamento, segue un notevole incremento produttivo a cui si affianca la crescita della massa monetaria e del sistema finanziario in generale, avvenuto negli anni settanta e ottanta del novecento con la massa dei petrodollari quale conseguenza degli aumenti petroliferi e nei successivi decenni dallo sviluppo dell’ingegneria finanziaria, il controllo dell’inflazione a partire dagli anni ottanta con l’introduzione dello SME e la parallela tecnicizzazione delle banche centrali, necessarie alla trasformazione della leva monetaria dei tassi di interesse in strumento di riequilibrio a sostegno del cambio, ha favorito gli investimenti in tecnologia per l’acquisizione di settori di mercato, rendendo l’economia meno vulnerabile agli shock energetici e concentrata in settori a maggiore valore aggiunto.

            Si è venuta pertanto a creare una discrasia tra aumento della capacità produttiva ed espulsione della manodopera dal circuito produttivo, crolla il mercato interno con conseguenti tensioni sociali, né la produzione può essere interamente assorbita dai nuovi mercati emergenti, si introduce quindi una graduale trasformazione dei singoli da produttori/consumatori a semplici consumatori, la cittadinanza viene ad acquisire nuove valenze impostate prevalentemente su una ampia gamma di diritti e obbligazioni contrattuali che si risolvono economicamente nell’accrescere la capacità di consumo, nella richiesta di nuovi consumi, si introduce per tale via il concetto di “reddito di cittadinanza”, il quale permetterebbe , tra l’altro, di fare accettare più facilmente il definitivo superamento della stabilità del rapporto di lavoro, con l’unico problema di evitare che il reddito venga portato su residenze esterne al territorio nazionale.

            La totale flessibilità del mercato del lavoro che si otterrebbe in cambio, permetterebbe alle imprese di assorbire solo quella parte di lavoratori necessaria al loro funzionamento e per il tempo richiesto, comunque evitando che l’introduzione di nuove forme di intelligenza artificiale applicata alle macchine entri in conflitto con la necessità di mantenere il lavoro umano, né si crea tensione nel rapporto tra la capacità di assorbimento nelle nuove forme di lavoro, quali i nuovi servizi, e le masse espulse, i cittadini manterrebbero la capacità di scelta tra le produzioni secondo il concetto di concorrenza sul libero mercato, permettendo di competere agli stessi mercati finanziari, d’altronde già attualmente vi sono paesi ricchi in cui soltanto la metà della popolazione attiva lavora mentre l’altra metà gode di meccanismi di redistribuzione del reddito (Meade, Hans Moravec), né la compartecipazione al reddito di impresa proposta da Weitzman (teoria della stabilità) sembra offrire le stesse potenzialità di flessibilità.

            Si afferma una nuova cultura in cui il reddito non è più un premio proporzionale allo sforzo lavorativo, la società diventa solo parzialmente fondata sul lavoro, su un lavoro comunque selettivo, l’essere umano diventa antiquato rispetto allo stretto rapporto macchina/intelligenza artificiale (Anders), si crea una “industria del vivente” che fornisce servizi e prodotti per superare i limiti biologici dell’essere umano, il quale si raffronta sia con se stesso che con le potenzialità della stessa Intelligenza Artificiale da lui creata con cui entra di fatto in competizione, la biotecnologia fa sì che l’essere umano diventi “consumatore di se stesso” sia nelle potenzialità creative che distruttive.

            La trasformazione del cittadino in puro consumatore pone dei problemi innanzitutto politici ed etici nello sminuire il valore del lavoro, non vi è più il rapporto stretto tra cittadinanza piena ed esercizio della capacità lavorativa così come strutturato nella Carta Costituzionale, il lavorare diventa non un dovere ma una delle tante possibilità, il dovere etico si trasferisce nel consumo, il reddito di cittadinanza acquista quindi la doppia valenza di inclusione dignitosa ma al contempo di supporto al consumo nella necessaria e opportuna flessibilità di una frammentata vita lavorativa, resta peraltro il potenziale rischio di una perdita di potenzialità, il risolversi in una dissipazione dell’esistere in frammenti di vita slegati fra loro, l’industria del vivente accoglie accanto alle biotecnlogie nuovi servizi psicologici, quali l’industria del cuddler-giver, nati dal progressivo senso di vuoto che il singolo sostanzialmente solo prova, la disponibilità del tempo non conduce alla raffinazione culturale dell’essere ma, più semplicemente, alla ricerca dei nuovi metodi di consumo, le problematiche sono quindi più ampie di un semplice rapporto in equilibrio tra capacità produttiva/sostegno al consumo che il reddito di cittadinanza sembra porre.

 

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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