Modifiche all’azione di classe nel prossimo decreto sulle liberalizzazioni

Redazione 16/01/12
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Anna Costagliola

Nella bozza del decreto sulle liberalizzazioni, allo studio del Governo, si parla anche di class action (art. 6) ovvero il procedimento o azione di classe che i consumatori possono esercitare collettivamente per ottenere il risarcimento di un danno, ispirato alla legislazione anglosassone e ora tutelato dal Codice di consumo all’art. 140bis del Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005). Le novità attengono all’estensione del campo di applicazione della norma e all’abbreviazione dei tempi per la definizione della procedura.

In via generale, l’azione di classe consentente a consumatori o utenti, i quali abbiano patito danni derivanti da prodotti difettosi o pericolosi, oppure da comportamenti commerciali scorretti o contrari alle norme sulla concorrenza, di unire le proprie forze per ottenere il risarcimento in ipotesi in cui, ad esempio, il ricorso al giudice sarebbe troppo oneroso per un singolo individuo. Il riferimento alla natura dei diritti tutelabili (diritti individuali omogenei) lascia intendere chiaramente che deve trattarsi di situazioni soggettive che devono avere rilevanza collettiva o sovraindividuale, le quali devono quindi sussistere in modo sostanzialmente identico in capo ad una «classe» di consumatori o utenti.

Alla stregua dell’attuale formulazione dell’art. 140bis, pertanto, l’azionabilità della tutela collettiva risarcitoria è condizionata alla sussistenza di situazioni o diritti «identici», laddove il requisito dell’«identità» può rivelarsi, in concreto, di ardua configurabilità. Con le modifiche apportate dalla bozza del decreto sulle liberalizzazioni si estende il campo di applicazione dell’azione collettiva rimuovendo il limite rappresentato dalla necessità di versare in una posizione del tutto equivalente a quella del proponente. Si sostituisce, infatti, al requisito della identità quello della «omogeneità», che prescinde dalla esatta adesione alla situazione del proponente, richiedendo che si versi in situazioni semplicemente analoghe. Tale sostituzione ha imposto anche la revisione del contenuto dell’atto di adesione, il quale dovrà allegare «l’omogeneità della fattispecie ed il rinvio agli elementi costitutivi del diritto fatti valere nell’atto introduttivo dall’attore principale». Viene poi precisato che l’adesione può essere comunicata anche nel giudizio di appello, fino all’udienza di precisazione delle conclusioni.

Ulteriore indicazioni nel senso della estensione della tutela collettiva risarcitoria emerge altresì dalla previsione relativa alla possibilità di accedere ad essa da parte dei consumatori finali non più solo di un determinato prodotto, ma anche di un «servizio».

I ritocchi alla class action investono inoltre:

a) la partecipazione al procedimento del difensore, prevedendosi che l’adesione all’azione di classe possa avvenire «anche» senza il ministero del difensore;

b) la verifica dell’ammissibilità della domanda, precisandosi che le posizioni «identiche» rimangono ammissibili e limitando la possibilità per il giudice di sospendere il giudizio di ammissibilità alla sola ipotesi di pendenza di un giudizio amministrativo (non più, pertanto, anche in caso di ricorso pendente innanzi ad un’autorità indipendente). In coerenza con le modifiche apportate in ordine alla natura dei diritti tutelabili, viene specificato che il giudice può dichiarare la inammissibilità della domanda solo quando risulti la «non omogeneità» dei diritti, privando di rilevanza le situazioni di conflitto di interesse o di manifesta infondatezza;

c) il pagamento delle somme dovute ai consumatori, indicandosi un termine di 90 giorni entro cui le parti dovranno pervenire ad un accordo sulla liquidazione del danno, quando il giudice non vi provveda direttamente ma si limiti a fissare il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione delle somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all’azione. Se l’accordo viene raggiunto, il relativo processo verbale diviene titolo esecutivo; se il termine decorre inutilmente, sarà il giudice a liquidare le parti secondo il calcolo suggerito.

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