Media-conciliazione obbligatoria: per la Commissione europea è troppo onerosa e limita in modo sproporzionato il diritto di accesso al giudice

Redazione 16/07/12
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Anna Costagliola

È un parere negativo quello formulato dalla Commissione europea nella memoria consegnata alla Corte di Giustizia sul caso di media-conciliazione obbligatoria rinviato dal giudice di pace di Mercato San Severino alla Corte di Giustizia europea in vista della pronuncia pregiudiziale circa la compatibilità del D.Lgs. 28/2010 con la normativa europea.

Deve ricordarsi che il citato decreto legislativo ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto della mediazione, regolando il procedimento di composizione stragiudiziale delle controversie vertenti su diritti disponi­bili ad opera delle parti con l’obiettivo di deflazione dei processi e di diffusione della cultura del ricorso a soluzioni alternative. Mediazione e conciliazione configurano, infatti, un modo di risoluzione delle controversie civili e commerciali alternativo rispetto ai procedimenti giurisdizionali contenziosi. Il D.Lgs. 28/2010 prevede, tra l’altro, alcune ipotesi di mediazione obbligatoria, imposta dalla legge a pena di improcedibilità della domanda giudiziale (art. 5).

La questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio intende in sostanza accertare se il diritto dell’Unione, ed in particolare la direttiva 2008/52/CE, relativa a determinati aspetti della mediazione in materia civile e commerciale, letta alla luce dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), osti ad una normativa come quella italiana, la quale assortisce il procedimento di mediazione di sanzioni di tipo processuale ed economico tali da poter compromettere il carattere volontaristico nonché influenzare fortemente la scelta di ricorrere al giudice.

Le osservazioni della Commissione vertono innanzitutto sul sistema sanzionatorio delineato dal D.Lgs. 28/2010. In particolare, è analizzato il meccanismo instaurato dagli artt. 11 e 13 secondo il quale, in ipotesi di mancato accordo spontaneo tra le parti, il mediatore può o deve, se la conciliazione non riesce, formulare, anche in assenza di richiesta concorde delle parti, una proposta di mediazione che è destinata ad incidere sul regime delle spese del giudizio instaurato a seguito della fallita mediazione. Tale meccanismo finisce per costringere indirettamente le parti a conciliare o ad accettare la proposta formulata dal mediatore per non incorrere nel rischio di dover sopportare le spese processuali e di mediazione anche in caso di vittoria nel giudizio. Alla luce di ciò, la Commissione ritiene che il descritto meccanismo non è in grado di consentire alle parti di esercitare il diritto di decidere liberamente quando chiudere il procedimento di mediazione e che, pertanto, esso non è in linea con il carattere volontaristico dell’accordo che la direttiva 2008/52/CE mira a garantire. In relazione a tale ultimo profilo, la Commissione rileva come, alla stregua della citata direttiva, la mediazione sia configurata quale procedimento basato sulla ricerca di un accordo spontaneo tra le parti con la semplice assistenza del mediatore. L’istituto è dunque caratterizzato dal fatto che le parti tentino esse stesse di raggiungere volontariamente una composizione amichevole della controversia con la semplice assistenza del mediatore, il quale ha il compito di adoperarsi perché le parti raggiungano un accordo su base volontaria, anche in ipotesi di mediazione obbligatoria. Ciò implica che le parti devono avere la possibilità di porre fine al procedimento di mediazione in qualsiasi momento, possibilità che appare invece sensibilmente compromessa dalla operatività del meccanismo che si instaura ai sensi degli artt. 11 e 13 del D.Lgs. 28/2010.

Sotto altro profilo, detto meccanismo finisce per incidere anche sul diritto di accesso al giudice, producendo un forte condizionamento delle scelte delle parti che sono spinte ad acconsentire alla mediazione e, di conseguenza, sono scoraggiate dall’introduzione del processo in sede giudiziaria.

Perplessità sono espresse dalla Commissione anche in ordine ai costi richiesti per l’instaurazione e l’espletamento del procedimento di mediazione, che in talune ipotesi potrebbero rivelarsi anche più ingenti di quelli dovuti per il procedimento civile e che sono, in ogni caso, destinati ad aumentare in proporzione all’incremento di valore della causa e della sua complessità. Ciò che rischia di incidere sul diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, inducendo le parti a conciliare e così ad evitare l’introduzione del successivo giudizio per non incorrere in ulteriori spese di giudizio.

Tanto premesso, la Commissione osserva che se la previsione della mediazione (in particolare di quella obbligatoria) è destinata a realizzare l’obiettivo del decongestionamento dei Tribunali, questo, pur legittimo in sé, non può essere disgiunto dall’obiettivo della risoluzione più economica delle controversie, che è quello fissato nell’interesse delle parti. Spetterà tuttavia al giudice nazionale stabilire caso per caso se i costi di una mediazione obbligatoria sono tali da rendere la misura sproporzionata rispetto all’obiettivo di una composizione più economica delle controversie.

Sulla questione del contrasto della media-conciliazione con la normativa europea e con quella interna costituzionale non resta ora che attendere il verdetto della Corte di Giustizia e quello, fissato per il prossimo 23 ottobre, della Corte costituzionale.

 

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