Maremma amara per il sindaco per la ritardata autorizzazione di un impianto a biogas: deve un maxi indennizzo alla ditta.

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Il Comune di Capalbio, secondo il Tar Toscana, ha agito per fini diversi dall’interesse pubblico ed ignorando quello della ditta: ha così indotto la Provincia a revocare l’autorizzazione per la costruzione di un impianto a biogas. Dovranno risarcirla in solido per gli illeciti ritardi e per le perdite economiche con una cifra record. È quanto stabilito dalle sentenze del Tar Toscana, sez II, nn.1492 e 1493 del 6 novembre 2013 che hanno avuto vasta eco sulla stampa nazionale e locale (Corriere della sera, Capalbio, i vip volevano bloccare il biogas, ma perdono la battaglia del 7/11/13). Si noti che tale comportamento illecito e temerario del Comune è stato acclarato malgrado l’improcedibilità dei ricorsi e, per completezza d’informazione, ha aperto una crisi politica che ha portato al commissariamento del comune.

Il caso. Le liti sono strettamente connesse. La Sacra << aveva presentato al Comune di Capalbio un Piano di Miglioramento Agricolo Ambientale (PAPMAA) allo scopo di realizzare un impianto a biogas delle culture provenienti dalla lavorazione agricola dei terreni circostanti la centrale e di proprietà di un’azienda controllante.>>. Il Comune concedeva la variante dopo la stipula di preliminare di vendita di terreni siti vicino all’oasi di Burano, subordinato all’ottenimento del permesso e di contestuale affitto agricolo pari alla durata della concessione (15 anni): l‘impianto non doveva sorgere, infatti, sulla vasta tenuta della controllante (di proprietà di nobili e noti industriali) , ma questi. Approvava il piano ed il progetto << indicando minime prescrizioni di mitigazione ambientale e di monitoraggio di acqua e di aria>>, chiedendo la presentazione di una Valutazione di Incidenza Ambientale (V.Inc.A.). Ciò ha scatenato le ire di altri vips proprietari delle terre ove doveva sorgere la centrale: sostenevano che il patto era nullo per simulazione e per difetto di legittimazione del rappresentante della Sacra (revoca di poteri), ma erravano perché l’atto era stato siglato dalla controllante e quindi valido. Lamentavano anche che questa area era soggetta a vincoli paesaggistici ed era una ZPS ( Zona di Protezione speciale ). Ciò ha innescato una spirale che ha portato il comune ad avere una condotta temeraria (v.infra) che ha determinato la Provincia a revocare l’autorizzazione concessa nel maggio 2012 e definitivamente negata dalla conferenza dei servizi del 3/1/13. Nelle more il Comune varava un PAPMAA che qualificava come nuovo, ma era una mera rinnovazione del precedente legittimante la concessione de qua. La Sacra ed i proprietari hanno impugnato questa decisione per diversi motivi (v. testo sentenza), ritenuti improcedibili anche se sono state acclarate dette responsabilità ed il diritto della ditta di ricevere un maxi risarcimento.

Improcedibilità dei ricorsi. L’ultimo piano è una ripetizione di quello favorevole alla ricorrente che, quindi, non trarrebbe alcun utile vantaggio dal ricorso. Questo atto sana anche l’effetto lesivo del provvedimento in autotutela della Provincia, consentendo di ottenere l’agognata autorizzazione. Il controricorso è improcedibile perché le parti lo avevano proposto al solo fine di avere un titolo per ottenere un risarcimento in sede civile. Inopponibile l’avverarsi della clausola risolutiva per la mancata disponibilità dei terreni, in quanto superata dalla rinnovazione del PAPMAA, sì che era irrilevante per la definizione della lite.

Rispetto dei vincoli paesaggistici e delle linee guida sull’ambiente. Gli artt.5 DPR 357/97, 191 del Trattato di Lisbona, 3 ter D.lgs. 152/2006, 12 Dlgs 187/03 e le linee guida nazionali del DM del 10/9/10 sono stati rispettati. Queste norme impediscono la costruzione di impianti che sfruttano le fonti di energia rinnovabile nelle zone sottoposte a vincoli paesaggistico-ambientali e ZPS individuate anche dal SIR. Dal piano urbanistico e dal PEC, però, si desume l’obbligo di destinare tali opere alle sole zone industriali, salvo quelle realizzate, come nella fattispecie, per attività connesse all’agricoltura (l’impianto avrebbe usato per l’80% scarti delle lavorazione agricole).Inoltre la ditta aveva dettagliatamente previsto l’impatto ed il numero di camion circolanti ogni giorno per rifornire la centrale, i relativi accurati controlli ed un monitoraggio giornaliero del traffico durante l’estate: la strada presso cui sorge, in quel periodo, è particolarmente trafficata. In ogni caso le preoccupazioni dei proprietari erano infondate perché i terreni non rientrano tra quelli soggetti a vincoli, pur se vicini all’oasi.

Rischi d’inquinamento anche delle falde acquifere (botulino ed altri agenti patogeni). Non sono provati né che la zona sia storicamente soggetta ad alluvioni. Si noti che, se fosse stato dimostrato questo pericolo, la competenza, però, sarebbe stata del Tribunale delle Acque (Tar Toscana 1525 dell’11/11/13 su una lite analoga relativa al Cogeneratore di Scarlino), tema, però, non affrontato da queste pronunce.

Vizi dell’atto in autotutela. Non era assolutamente necessario, perché contrario ai principi della PA (art.97 Cost.), antieconomico e privo di pubblica utilità, tanto più che le ordinanze cautelari del Tar intervenute in corso di causa e la rinnovazione del piano negavano la necessarietà del diniego dell’autorizzazione, essendo venuto meno anche l’unico vizio del PAPMAA (disponibilità dei terreni) che aveva influito anche sulle precedenti statuizioni del Tar sulla lite. L’ente, poi, non ha valutato <<l’esistenza di un interesse pubblico attuale all’esercizio dello ius poenitendi che tenga conto, anche in ossequio al principio di proporzionalità degli interessi del privato che ha richiesto l’atto creativo ed ha fatto affidamento sullo stesso>>. Ergo è fondata ed è stata accolta la sua richiesta di annullamento, malgrado l’improcedibilità dei ricorsi.

Comportamento contraddittorio e non cristallino del Comune. In primis ha annullato il piano senza impugnare e revocare tutti i provvedimenti endoprocedimentali intervenuti ed ad esso collegati, sì che il nuovo era una mera rinnovazione, come sempre sostenuto della Sacra che aveva correttamente assolto ai suoi oneri. Per altro l’Asl e l’Arpat avevano sempre espresso pareri favorevoli alla realizzazione dell’impianto, perciò l’opposizione dell’ente per questo motivo, per altro supportato da rilievi generici e non provati concretamente, era pretestuosa ed infondata. Infine non rientra fra le competenze del sindaco, quando agisce come autorità sanitaria, <<quella di rilasciare pareri preventivi circa la compatibilità con le norme esistenti a tutela ambientale di un nuovo impianto produttivo; diversamente opinando tale parere si verrebbe a sovrapporre a quelli della ASL e dell’ARPAT senza che il sindaco disponga di strutture amministrative aventi la competenza tecnica per la formulazione del parere>>. Questi li aveva fraintesi, considerando le indicazioni ivi contenute come vincolanti ed ostative alla concessione, anziché consigli su misure per arginare l’impatto ambientale e ne contestava erroneamente la validità, perché espressi fuori dalla conferenza dei servizi, cui l’Asl non aveva potuto intervenire.

Mancata disponibilità dei terreni: clausola ostativa al rilascio della concessione? Per il Tar no, anzi ritiene che <<il mutamento di parere da parte del Comune di Capalbio, pertanto, non appare sorretto da adeguata motivazione e appare piuttosto frutto di un mutamento di opinione circa l’opportunità del nuovo impianto derivante dalla pressione che alcuni proprietari di abitazioni nei pressi dell’impianto hanno senz’altro esercitato come si può facilmente dedurre anche dal loro intervento ad opponendum>> e volto a precostituire le condizioni di un’azione civile di risarcimento. A conferma di ciò questi avevano firmato il contratto a seguito della causa (indennizzo) proposta nei loro confronti dalla ricorrente, consentendo così di rinnovare la richiesta di concessione. << La condotta del comune successivamente non è apparsa coerente poiché, da un lato respinse la richiesta di annullare l’atto di autotutela alla luce dei chiarimenti intervenuti sulla disponibilità dei terreni, dall’altro con un certo ritardo aveva finito per approvare un nuovo PAPMAA che altro non era che la ripresentazione di quell’originario. Di conseguenza le ragioni per cui il comune aveva cambiato il proprio parere appaiono nella sostanza illogiche e determinate solamente dalla mutata volontà politica rispetto alla realizzazione dell’impianto >>.

Documentazione sulle scelte tecniche e perdita delle agevolazioni tariffarie. La Sacra aveva correttamente prodotto materiale che le attestavano, comprovando anche l’accettazione delle stesse da parte dell’Enel: <<il preventivo presentato dall’Enel, la sua accettazione ed il pagamento del corrispettivo per circa € 60.000 erano già presenti agli atti fin dal febbraio 2012.>>. Tutto quanto sinora detto ha comportato pesanti ritardi nel completare il progetto e la perdita di agevolazioni tariffarie.

Ripartizione delle responsabilità. Gli enti dovranno risarcirla in solido, perché, <<anche se il provvedimento illegittimo è stato emanato dalla sola Provincia competente ex art. 12 D.lgs. 387/2003, il contributo causale dato dal comune circa l’approvazione dell’atto illegittimo, tenuto conto anche di tutte le condotte precedenti di cui si è dato atto nel giudizio, è certamente rilevante e tale da consentire che tale ente risponda in solido con la Provincia al ristoro del danno subito dalla società ricorrente.>>.

Criteri di calcolo del risarcimento. Le parti potranno concordarne l’importo in base alle linee guida fissate dal giudice ex art. 34 cpa, stante l’onere della vincitrice di presentare << tutta la documentazione relativa ai costi sostenuti per poterne determinare la pertinenza >>. Per il lucro cessante si dovrà tenere conto che l’impianto avrebbe potuto essere operativo dal 3/4/13, sì che << sulla base delle relazioni estimative che la società ha prodotto in giudizio gli enti valuteranno l’ipotizzabilità dell’utile che sarebbe maturato durante tutta la gestione dell’impianto per effetto delle tariffe agevolate. Le somme così determinate saranno soggette a rivalutazione monetaria trattandosi di credito di valore.>> Si noti che da fonti giornalistiche si apprende che la perizia << individuava costi per oltre 700.000 euro e un mancato utile lordo, nei 15 anni, compreso tra i 9 e i 13 milioni di euro>> (Corriere della Sera cit.). A loro carico anche le spese di lite.

 

Per consultare le sentenze clicca qui:

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Firenze/Sezione%202/2012/201200576/Provvedimenti/201301492_01.XML

http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Firenze/Sezione%202/2012/201201956/Provvedimenti/201301493_01.XML

Dott.ssa Milizia Giulia

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