Manovra Monti (D.L. 201/2011): revisione degli ordini accelerata e tirocinio forense ridotto a 18 mesi

Redazione 07/12/11
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di Anna Costagliola

 

Con l’art. 33 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, pubblicato ieri sulla Gazzetta Ufficiale, il Governo Monti ha imposto un’accelerata al processo di revisione degli ordini professionali, prevedendo l’automatica decadenza delle norme attualmente vigenti a partire dal 13 agosto 2012, se entro quella data non saranno stati adottati i regolamenti governativi previsti per adeguare gli ordinamenti degli Albi professionali ai principi dettati dai provvedimenti legislativi adottati la scorsa estate (D.L. 138/2011 e D.L. 98/2011: si veda l’articolo su questo sito). Con tali provvedimenti è stato dato un primo impulso alla riforma delle professioni, imponendosi l’eliminazione di numerosi vincoli all’esercizio della professione, l’abolizione delle tariffe minime, l’equo compenso dei tirocinanti, regole per rendere più imparziali e trasparenti le procedure disciplinari, l’obbligo per i professionisti di tenersi costantemente aggiornati, nonché di stipulare un’assicurazione anti-rischi a tutela di eventuali danni arrecati al cliente,

Successivamente, la Legge di Stabilità per il 2012 (L. 183/2011), oltre ad aprire le porte alle società tra professionisti ed aver cancellato anche il mero «riferimento» alle tariffe professionali nella contrattazione del compenso del professionista, ha dettato una norma in base alla quale si prevedeva l’abrogazione dei vecchi ordinamenti professionali con effetto dalla data di entrata in vigore del  decreto del Presidente della Repubblica di riforma degli Ordini e dei collegi professionali (vedi articolo su questo sito). La necessità di intervenire sul punto da parte del Governo Monti si spiega, evidentemente, con il carattere meramente ordinatorio del termine di 12 mesi contemplato dal D.L. 138/2011 per l’adozione dei regolamenti attuativi della riforma, per cui, al fine di accelerare la riforma delle professioni in un contesto di misure dettate per incentivare la produzione ed incrementare le opportunità lavorative, si è ritenuto opportuno sancire la «perentorietà» di quel termine, prevedendosi «in ogni caso» la soppressione automatica delle norme attualmente vigenti se la riforma degli Ordini non sarà stata completata alla scadenza dell’anno dall’entrata in vigore dello stesso D.L. 138/2011 (e dunque entro la data del 13 agosto 2012).

Un’ulteriore notazione concerne l’intervento del Governo anche sulla durata del tirocinio per l’accesso alla professione che, secondo il già citato D.L. 138/2011, deve conformarsi a criteri che garantiscano l’effettivo svolgimento dell’attività formativa e il suo adeguamento costante all’esigenza di assicurare il miglior esercizio della professione. Al fine di agevolare l’accesso dei giovani al mondo del lavoro, il nuovo decreto provvede a ridurre dagli originari 3 anni a 18 mesi la durata complessiva del periodo di tirocinio, previsto come obbligatorio in coerenza con le competenze professionali richieste per l’iscrizioni ai diversi Ordini e Collegi.

L’obiettivo di una generale riforma degli ordini è un obiettivo condiviso dal mondo delle professioni, nell’ottica di una sburocratizzazione e di un ammodernamento dei rispettivi ordinamenti, assicurando al cittadino prestazioni di qualità e costi equi e trasparenti e garantendo al contempo il ruolo essenziale svolto dai professionisti, sia sotto il profilo sociale che economico. In quest’ottica si condivide, pertanto, l’idea di un intervento fondato su alcuni punti essenziali, comuni alle diverse professioni. Ciò che invece si contesta è che la previsione di scadenze inderogabili implica una «minaccia» di abolizione degli Ordini che non può essere tollerata. Se, infatti, si osserva tra gli operatori del settore, il Governo non dovesse ottemperare nei termini previsti alla delega in materia di riordino degli Ordini, questi decadrebbero immediatamente, cancellando in un attimo le professionalità e le competenze di milioni di professionisti. Ciò che sarebbe in stridente contrasto con l’opposta esigenza della valorizzazione della funzione economica e sociale della professione, quale risorsa prioritaria del settore dell’economia della conoscenza.

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