Manovra Monti (D.L. 201/2011): da oggi “altri” canali distributivi per i farmaci di fascia C

Redazione 07/12/11
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di Lilla Laperuta

Nel Servizio sanitario nazionale (SSN) viene attribuita la Fascia C , ai sensi dell’articolo 8, co. 10, lettera c) L. 537/1993, ai medicinali non essenziali o “salvavita” (per patologie non croniche bensì di lieve entità, o considerate minori). Si tratta di medicinali con obbligo di prescrizione medica ma non rimborsati dal SSN , il cui costo, dunque, è a carico dell’acquirente.

Ebbene all’art. 32 D.L. 201/2011, il decreto ”Salva Italia” (pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale) è decanalizzala la distribuzione della suddetta categoria di farmaci: essi, potranno essere venduti anche al di fuori delle farmacie, e dunque distribuiti negli appositi punti vendita (corners) allestiti all’interno della grande distribuzione e nelle parafarmacie (gli esercizi commerciali di cui all’art. 5, co. 1, D.L. 223/2006 citato nel decreto).

Sono, tuttavia, previsti alcuni limiti:

a) gli esercizi commerciali suindicati devono ricadere nel territorio di Comuni aventi popolazione superiore a 15.000 abitanti (escluse le aree rurali come individuate dai Piani Sanitari Regionali);

b) la vendita dovrà avvenire, nell’ambito di un apposito reparto delimitato, rispetto al resto dell’area commerciale, da strutture in grado di garantire l’inaccessibilità ai farmaci da parte del pubblico e del personale non addetto, negli orari sia di apertura al pubblico che di chiusura;

c) non sono ricomprese nei farmaci liberalizzati le sostanze stupefacenti e psicotrope.

Si prevede poi che concretano casi di pratica commerciale sleale le condizioni contrattuali e le prassi commerciali adottate dalle imprese di produzione o di distribuzione dei farmaci che si risolvono in una ingiustificata discriminazione tra farmacie e parafarmacie quanto ai tempi, alle condizioni, alle quantità ed ai prezzi di fornitura.

È data, inoltre, facoltà alle farmacie e agli esercizi commerciali di cui sopra, di praticare liberamente sconti sui prezzi al pubblico su tutti i prodotti venduti, purché gli sconti siano esposti in modo leggibile e chiaro al consumatore e siano praticati a tutti gli acquirenti.

Si noti che nella versione ufficiale del decreto è stata eliminata la disposizione che prevedeva l’abbassamento a 4.000 del numero di abitanti necessari per l’autorizzazione di una farmacia, quorum uniformato su tutto il territorio. Resta ancora valida, dunque, la L. 475/1968 che prevede nei Comuni con meno di 12.500 abitanti il quorum a 5 mila.

Duro il commento del presidente Assofarma Venanzio Gizzi che nel comunicato del 5 dicembre si è così espresso: “un’operazione mortale per i conti delle farmacie italiane, e certamente le metterebbe nell’impossibilità di realizzare i servizi sanitari di cui si parla da anni e previsti dalla legge 69/2009. Ma, cosa altrettanto grave, significherebbe delegittimare del tutto la farmacia come luogo primario della terapia farmaceutica, dove un professionista altamente specializzato garantisce e sviluppa la prescrizione farmaceutica elaborata dal medico curante attraverso competenze e relazioni specifiche con il paziente.
Nel mentre la recente legislazione intende caricare la farmacia di nuove funzioni, le recenti scelte del Governo sembrano privarla di quelle risorse e considerazione necessarie al proprio sviluppo.
Se tutto ciò diventasse realtà – conclude Gizzi –, l’Italia sarebbe il primo paese europeo in cui il cittadino può acquistare un farmaco prescritto con ricetta medica in un ambiente diverso dalla farmacia”.

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