Malpractice medica: è discrezionale il potere del giudice di rinnovare la CTU a fronte di contestazioni nel merito. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Indice
1. I fatti: la malpractice medica
Una signora si rivolgeva ad una chirurga estetica per sottoporsi ad un trattamento estetico volto alla rimozione degli stati superficiali cutanei al viso, al decolleté e alle mani. Tuttavia, dopo l’esecuzione del predetto trattamento di peeling, la paziente lamentava immediato intenso dolore e bruciore locale nelle zone trattate e così si rivolgeva più volte nei giorni successivi alla chirurga estetica per risolvere la problematica. Quest’ultima, però, la rassicurava circa l’esito positivo del trattamento, senza intervenire in alcun modo.
Circa un mese dopo l’intervento, la paziente, resasi conto che nelle zone interessate dal trattamento erano rimaste delle cicatrici retraenti e parzialmente ipertrofiche, si rivolgeva nuovamente alla chirurga estetica, che le suggeriva di applicare dei cerotti al silicone. Nonostante l’uso di detti cerotti per circa dieci mesi, la problematica non veniva risolta e così la paziente si rivolgeva ad un chirurgo plastico, che le suggeriva l’esecuzione di un intervento di riduzione chirurgica delle cicatrici al costo di €. 8.500.
In considerazione di ciò, la paziente adiva il tribunale locale chiedendo la condanna della chirurga estetica che aveva effettuato il trattamento di peeling al risarcimento dei danni subiti, sia di carattere non patrimoniale (e precisamente il danno estetico, connesso agli esiti cicatriziali di carattere permanente sul viso e sul corpo, nonché il danno morale, connesso alla depressione cronica che era insorta sulla paziente a causa della vista delle cicatrici), sia di carattere patrimoniale (e precisamente la perdita del lavoro presso una emittente televisiva proprio a causa delle cicatrici nonché i costi necessari per l’eliminazione delle cicatrici).
Si costituiva in giudizio la chirurga estetica, la quale chiedeva il rigetto delle domande attoree, ritenendo che i danni lamentati non erano connessi dal punto di vista causale alla condotta posta in essere dalla medesima.
Il giudice di primo grado accoglieva parzialmente la domanda formulata da parte attrice, fondandosi sulla CTU che era stata svolta nel precedente giudizio per ATP e liquidando così un importo di €.2.213,19 a titolo di danno biologico permanente e €.737,66 a titolo di danno morale soggettivo, nonché l’importo di €. 2.000 a titolo di danni patrimoniali (corrispondenti alla spesa necessaria per effettuare l’intervento di camouflage che avrebbe attutito del 95% gli inestetismi dovuti all’errato intervento di peeling posto in essere dalla convenuta).
L’attrice, non soddisfatta della decisione di primo grado, ricorreva in appello, lamentando – per quanto qui di interesse – l’errore del tribunale nell’aver rigettato la richiesta di rinnovazione della CTU medico-legale che era stata formulata dall’attrice nel corso del giudizio di primo grado. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Manuale pratico operativo della responsabilità medica
La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.
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2. Le valutazioni della Corte di Appello: il rinnovo della CTU
Preliminarmente, la Corte di Appello di Roma ha ricordato che, a fronte di una richiesta di rinnovazione di una CTU formulata in giudizio, si possono verificare tre distinte ipotesi.
In primo luogo, potrebbe verificarsi che le critiche e le osservazioni alla CTU formulate delle parti siano generiche e indimostrate ed inoltre non si richiamino ad alcun elemento di prova.
In tal caso, il giudice non ha alcun obbligo di prenderle in considerazione e di rispondere in merito, potendosi invece limitare ad aderire alle conclusioni del CTU tramite il rinvio alla relazione peritale.
In secondo luogo, potrebbe verificarsi che le parti o i loro consulenti abbiano contestato le conclusioni del CTU in maniera precisa e circostanziata, indicando analiticamente i dati pretermessi dal CTU oppure gli errori in cui quest’ultimo sia incorso.
In tal caso, il giudice è obbligato a prendere posizione sui rilievi delle parti in maniera esplicita oppure anche in maniera implicita (cioè svolgendo nella sentenza delle considerazioni che sono incompatibili con le critiche formulate dalle parti oppure riportandosi alla relazione del CTU qualora questa abbia già preso in esame e confutato le critiche delle parti).
In terzo luogo, potrebbe verificarsi che le parti muovano dei rilievi precisi e circostanziati all’operato del CTU dopo che la relazione sia stata depositata.
In questo caso, il giudice deve sempre prendere in esame detti rilievi e non si può limitare a rigettarli mediante il rinvio alla relazione peritale. Ciò in quanto, in tale ultima ipotesi, il CTU non ha potuto rispondere a detti rilievi delle parti (proprio perché formulati per la prima volta soltanto dopo il deposito della relazione peritale).
Infine, il Collegio ha ricordato che la valutazione dell’opportunità di disporre indagini tecniche suppletive o integrative rispetto ad una CTU, nonché di sentire a chiarimenti il consulente sulla relazione già depositata ovvero di rinnovare, in parte o del tutto, le indagini, sostituendo l’ausiliare del giudice, rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito. In particolare, è discrezionale la scelta se rinnovare o meno una Ctu a fronte di contestazioni che riguardino il merito delle conclusioni tratte dal consulente (e non siano invece relative alla regolarità del procedimento). Ciò soprattutto se la richiesta di rinnovazione è supportata da allegazioni generiche ed i CTU hanno già puntualmente risposto alle medesime osservazioni e contestazioni già sollevate dai consulenti di parte.
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3. La decisione del Tribunale
Nel caso di specie, la corte d’appello di Roma ha ritenuto che l’appellante abbia formulato delle deduzioni del tutto generiche e prive di riferimenti a dati oggettivi (sia medici che fattuali) alle valutazioni dei CTU che hanno redatto la relazione depositata nel procedimento per ATP (poi fatta propria e condivisa dal giudice di primo grado).
Infatti, l’appellante si è limitata ad affermare che la stessa ha avuto delle ripercussioni negative dal punto di vista psicologico, con forti connotati depressivi, a causa degli esiti cicatriziali conseguenti all’intervento di peeling, ribadendo che i CTU avrebbero del tutto trascurato detti aspetti e quindi sottostimato i danni dalla medesima subiti.
Tuttavia, l’appellante non ha dedotto alcun accertamento medico successivo all’intervento in questione che potesse scardinare le valutazioni dei CTU in ordine alla mancanza di qualsivoglia riscontro diagnostico di uno stato depressivo in capo alla paziente. Né tantomeno l’appellante ha indicato alcuna letteratura medico-legale che induca ad una diversa determinazione del danno subito dalla paziente. Infine, i giudici hanno ritenuto che dalle foto allegate dall’appellante si evinca che gli esiti estetici dell’intervento sono molto meno gravi di quanto la stessa abbia dedotto nel proprio atto di appello (senza contare che quest’ultima non ha neanche dimostrato adeguatamente quale fosse la situazione estetica precedente all’intervento di peeling in questione: ciò in quanto le foto pregresse depositate ritraevano l’appellante qualche decennio prima rispetto all’intervento).
In considerazione di quanto sopra, la Corte di Appello di Roma ha ritenuto di non disporre alcuna rinnovazione della CTU svolta nel procedimento per ATP e di confermare la sentenza di primo grado (che pure aveva ritenuto di non rinnovare detta CTU, ritenendo di condividere le valutazioni che erano state espresse dai consulenti), rigettando così l’appello promosso dalla paziente.
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