Lotta alla prostituzione: il ddl Bini e le sanzioni ai clienti

Redazione 29/05/17
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Quando si vuole usare una perifrasi, la si definisce “il mestiere più antico del mondo”. In termini economici, è la terza industria illegale per fatturato dopo armi e droga: la prostituzione. Si tratta di un fenomeno sommerso che sfugge ad indagini sistematiche, ma le cifre stimate sono impressionanti e il legame con la tratta di esseri umani è a doppio filo.
Infatti, secondo il Global Report on Trafficking in Persons 2014 delle Nazioni Unite, il 59% delle vittime di tratta nel mondo (in tutto sarebbero 21 milioni) è trafficato a scopo di prostituzione. In Italia, questo giro coinvolgerebbe tra le 75 e le 120 mila persone, che per il 37% sono minorenni, provenienti in massima parte dall’Est Europa, dalla Cina e, negli ultimi anni, dai Paesi africani interessati in modo sempre più intenso dai flussi migratori. I clienti stimati sono più di 3 milioni, il giro di affari è di circa 90 milioni di Euro.
La legge non ha al momento deciso in quali termini rapportarsi alla prostituzione; il Parlamento italiano sta discutendo su due proposte di segno opposto: una va in direzione della regolamentazione e, quindi, della legalizzazione di quella che viene vista come un’attività professionale (Atto Camera 3180 “Disciplina dell’esercizio dell’attività di prostituzione”); l’altra, detta legge Bini dall’onorevole prima firmataria, prevede l’aggiunta di un capoverso alla Legge Merlin, dove si renda manifesta la punibilità del cliente (Atto Camera 3890 “Modifica all’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75, concernente l’introduzione di sanzioni per chi si avvale delle prestazioni sessuali di soggetti che esercitano la prostituzione”). La prima è stata firmata da 70 parlamentari, la seconda da 33.
A sostegno della legge Bini è partita anche una raccolta firme promossa dalla campagna “Questo è il mio corpo”, condotta dalla Comunità Papa Giovanni XXIII con un cartello di associazioni. La campagna, grazie ad azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, rivolte a cittadini e Comuni ha già raccolto 24.600 firme (l’obiettivo sono 200.000) e in alcuni Comuni (Piacenza, Verona, Ferrara, Sarzana) sono state approvate ordinanze antiprostituzione che prevedono la sanzione del cliente.
“Come diceva il nostro fondatore don Oreste Benzi, nessuna donna nasce prostituta ma c’è sempre qualcuno che la fa diventare. La prostituzione, infatti, è una forma di violenza di genere, abuso ed esercizio del potere dell’uomo nei confronti della donna” — afferma Giovanni Ramonda, responsabile generale della Comunità Papa Giovanni XXIII, che fin dagli anni ’90 opera attivamente per liberare le donne e le ragazze minorenni costrette a prostituirsi con 31 Unità di Strada in tutta Italia, fatte di volontari che escono per le strade a parlare con le ragazze. Da questo impegno, avviato da Don Oreste Benzi, sono state liberate più di 7000 vittime di sfruttamento sessuale e di accattonaggio forzato, e attualmente 200 donne e minorenni strappate alla schiavitù della prostituzione sono accolte nelle case della Papa Giovanni. “Queste donne appartengono per lo più a categorie vulnerabili: arrivano da paesi in guerra o in estrema povertà, da ambienti degradati, sono spesso vittime di stupro e violenza e i clienti si rendono complici della loro riduzione in schiavitù e del loro sfruttamento. Scoraggiando il cliente possiamo colpire le organizzazioni criminali che gestiscono questo mercato, costruito su povertà, ignoranza e sfruttamento» conclude Ramonda.
A livello europeo troviamo entrambi gli esempi: per primi Svezia, Finlandia e Norvegia, seguiti da Islanda, Irlanda del Nord (Regno Unito), Irlanda e Francia hanno introdotto la legge sulla punibilità del cliente; al contrario, in Germania, Danimarca e Paesi Bassi è stato deciso di regolamentare e legalizzare la prostituzione.
Sulla base dei dati emersi dall’attuazione di questi due modelli, nel 2014 il Parlamento Europeo ha approvato la cosiddetta Risoluzione Honeyball, che chiede agli Stati dell’Unione, anche se in maniera non vincolante, di adottare il “modello nordico“. L’azione deterrente esercitata sulla tratta, e non solo, infatti, è stata ritenuta efficace: in Svezia il numero di persone che si prostituiscono è diminuito del 65% in seguito all’applicazione della legge, in Norvegia del 60%. Al contrario, il 75-80% delle donne presenti nei bordelli olandesi e tedeschi è stata trafficata contro la propria volontà – e infatti ai primi posti della classifica dei paesi europei coinvolti nella tratta di esseri umani troviamo proprio Paesi Bassi e Germania.
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