Effettività
L’ordinamento giuridico italiano, nel settore penale, prevede, per il magistrato, la possibilità di irrogare provvedimenti provvisori, che prendono il nome di “misure cautelari”, volti a garantire la funzione giurisdizionale, quando si ravvisi il pericolo che, durante le indagini preliminari o nel corso del processo, possano verificarsi eventi capaci di compromettere, appunto, la stessa funzione giurisdizionale.
I presupposti per l’emanazione di tali misure sono: la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza (art. 273 c. 1 c.p.p.) nonché di esigenze cautelari (art. 274 c.p.p.), quando cioè vi sia uno dei tre rischi codicisticamente stabiliti (inquinamento delle prove, fuga dell’imputato, reiterazione del reato).
Tra le misure cautelari, si annoverano le misure personali coercitive come gli arresti domiciliari (art. 284 c.p.p).
E’ da sottolineare che il pericolo deve essere effettivo e territoriale ovvero concreto ed attuale: la misura cautelare, dunque, non è legittima se irrogata, ad es., per eventuali comportamenti futuri.
Accade, così, che il pericolo non sussiste se il soggetto, sia pur responsabile del danno (es. inquinamento), risulti trasferito all’estero, non configurandosi il rischio di reiterazione del reato (Cass. Sez. III Pen. 08-01-2020 n. 235).
Eventus damni
In sede giudiziale, la causa petendi (i fatti e gli elementi di diritto, art. 163 c.p.c.) ed il petitum (contenuto della domanda), quest’ultimo distinto tra immediato/processuale (natura della tutela richiesta) e mediato/sostanziale (il diritto soggettivo esercitato ovvero il bene richiesto), sono gli elementi identificativi oggettivi su cui si fonda l’azione esercitata dinanzi al magistrato.
Tale distinzione rileva ai fini dell’individuazione dell’autorità giudiziaria competente nel singolo caso: si configura, così, giurisdizione ordinaria (e non amministrativa) quando la contestazione riguardi il comportamento (ad es., violazione di diligenza, prudenza, perizia e/o di nome di legge o di regolamenti) piuttosto che il potere autoritativo ovvero quando risulti la violazione del principio del neminem laedere (art. 2043 c.c.) e ne derivi, quindi, un danno, più che la violazione di un interesse legittimo.
E’ il caso di colui che, avendo effettuato un investimento in azioni rivelatesi poi fasulle, agisca nei confronti di Consob (e/o Bankitalia), per omesso esercizio dei relativi poteri di vigilanza a tutela del mercato e degli investitori (Cass. Sez. III Civ. 05-09-2019 n. 22164 e Cass. Sez. Un. Civ., ordin. 05-03-2020 n. 6324).
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Fiducia
Il rapporto di lavoro si basa sulla fiducia tra datore e dipendente: la “fiducia” si sostanzia nell’adempimento preciso e puntuale, da parte del lavoratore, di una serie di obblighi contrattualmente previsti (art. 2094 c.c.).
In caso di comportamento (anche extra-lavorativo) inadempiente, che non risponda cioè al “minimo etico”, e configurandosi dunque giusta causa o giustificato motivo, viene meno il presupposto della fiducia e ciò elide, alla radice, il rapporto inter partes: in tal caso, il datore ha il “potere” di licenziare il dipendente.
E’ il caso del conducente di autobus che faccia uso abituale, anche senza finalità di spaccio, di sostanze stupefacenti (Cass. 03-03-2020 n. 5897).
Gerarchia “cautelare”
Il Governo è titolare del potere esecutivo ma può, in via straordinaria, esercitare la funzione legislativa mediante appositi atti aventi forza di legge (artt. 76 e 77 Cost.): tali atti, stante la natura giuridica “propria”, si pongono, nell’ambito della gerarchia, al rango delle fonti primarie (art. 1 disp. prel. c.c.).
Più precisamente, nei casi straordinari di necessità ed urgenza, il Governo emana, di propria iniziativa e sotto la propria responsabilità, decreti-legge per contrastare fenomeni che richiedono un intervento normativo e soluzioni in tempi celeri: in tali casi, il decreto-legge stabilisce norme e presupposti validi erga omnes e su tutto il territorio nazionale.
Ciò significa che le Regioni, in sede di propria legiferazione (art. 117 Cost.), sono tenute a rispettare, appieno, le disposizioni di rango sovraordinato: in mancanza, il provvedimento della Regione risulta in contrasto e, dunque, può essere sospesa, anche in via cautelare, l’efficacia dello stesso.
E’ il caso dell’ordinanza della Regione Marche 25-02-2020 n. 1 su “contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19” emanata in assenza del presupposto (ratione temporis) della positività di almeno una persona, stabilito dal d.l. 23-02-2020 n. 6, non essendo sufficiente invece la prossimità del territorio ad un’altra regione in cui siano stati accertati casi di contagio (T.A.R. Ancona Sez. 1, decreto 27-02-2020 n. 56).
Migrazione probatoria
L’ordinamento giuridico italiano prevede l’autonomia e l’indipendenza dei tre poteri dello Stato e, nell’ambito giudiziario, l’autonomia e la separazione dei procedimenti, sia pur disciplinando i relativi rapporti tra azioni (art. 75 c.p.p.): in tal senso, non sussiste, quindi, unità della giurisdizione né prevalenza del giudizio penale su quello civile (Cass. 18-01-2007 n. 1095 e Cass. Sez. 2 25-03-2005 n. 6478).
Può configurarsi, invece, un rapporto di dipendenza tra giudizio civile e giudizio penale quando, oltre alla rilevanza dei medesimi fatti, l’effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel giudizio penale (Cass. civ. 10-03-2015 n. 4758).
Accade, così, che la sentenza di patteggiamento può essere utilizzata come prova nel corrispondente procedimento di responsabilità in sede civile (Cass. 03-03-2020 n. 5897).
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