L’omessa pronuncia su una domanda, un’eccezione o un’istanza ritualmente introdotta in giudizio deve essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.

Redazione 26/02/19
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Nota a Cass. civ. Sez. VI, 24 gennaio 2019, n. 2101

La recente sentenza della Suprema Corte (Cass. civ. Sez. VI, 24 gennaio 2019, n. 2101) offre lo spunto per analizzare e delineare le differenze tra il motivo di cui all’art. 360 c.p.c., 1 comma n. 4 e il novellato motivo di cui al n. 5 della medesima norma.

Le sentenze pronunciate in grado di appello o in un unico grado possono essere impugnate per Cassazione, ex art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 4 c.p.c., per nullità della sentenza o del procedimento.

Tale ipotesi si verifica quando la sentenza impugnata è inficiata da vizi di attività, ossia da errores in procedendo, derivanti dalla violazione di norme processuali che riguardano la sentenza come atto, la costituzione del giudice e il procedimento. In queste ipotesi, ossia quando si deduce in Cassazione un error in procedendo, il giudice di legittimità, che stabilirà se la violazione è avvenuta o meno, nell’esaminare il fatto e le motivazioni di diritto svolte dal giudice di merito, può interpretare autonomamente gli atti processuali.

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