Lo scioglimento della coppia di fatto non legittima l’estromissione violenta o clandestina del convivente dall’unità abitativa

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Il convivente, non proprietario della casa familiare, o non titolare di un diritto di godimento, anche al di là della filiazione, non è un “ospite” o un “tollerato”.

Così la Suprema Corte, con sentenza del 22.03.2013 n. 7214, sostiene la tutela delle coppie di fatto, ponendo l’attenzione sulle unioni libere che, per durata, stabilità, esclusività e contribuzione, assumono i caratteri di comunità familiare, come tale anche socialmente riconoscibile, pur in assenza di una regolamentazione ordinaria generale e speciale, superando la “preferenza” dell’ordinamento italiano nei confronti della famiglia fondata sul matrimonio ex art. 29 Cost..

Una decisione che riempie un vuoto di tutela ad un fenomeno sempre in maggiore crescita all’interno del nostro Paese, in qualità di formazione sociale tutelata ex art. 2 Cost., intesa come comunità semplice o complessa idonea a consentire il libero sviluppo della personalità dell’individuo nella vita di relazione (Cfr. sentenza n. 138/2010), fonte di doveri morali e sociali.

La qualità di formazione sociale della convivenza more uxorio ha consentito a questa Corte di riconoscere al convivente, che goda con il partner possessore iure proprietatis del medesimo bene, una posizione riconducibile alla detenzione autonoma, qualificata dalla stabilità della relazione familiare e protetta dal rilievo che l’ordinamento le riconosce (Cfr. sentenza n. 9786/2012), determinando sulla casa di abitazione, ove si svolge e si attua il programma di vita comune, un potere di fatto basato su un interesse proprio ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità, titolo giuridicamente irrilevante.

Conseguentemente, non è ammissibile l’estromissione violenta o clandestina del convivente non proprietario, in quanto contraria alla dignità stessa del rapporto di convivenza di fatto, investita di funzioni promozionali e motivata dal reciproco rispettivo riconoscimento dei diritti del partner, che si viene progressivamente consolidando nel tempo, dando rilevanza alla dignità stessa del rapporto di convivenza di fatto, fondata sull’affectio quotidiana di ciascuna delle parti, in ogni istante revocabile e per questo, sempre e comunque, ben distinta dal rapporto coniugale, caratterizzato da stabilità e certezza e dalla reciprocità e corrispettività di diritti e doveri che nascono solo dal matrimonio.

Zecca Maria Grazia

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