In questo episodio esaminiamo la pronuncia del Consiglio di Stato (Sezione III, sentenza n. 10130 del 19 dicembre 2025) che affronta due tematiche di estremo interesse pratico per il professionista: la legittimità della compensazione delle spese di lite in caso di “semplicità” della causa e le conseguenze pecuniarie derivanti dal mancato rispetto dei limiti dimensionali degli atti processuali. Per aiutare i professionisti, abbiamo pubblicato il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon, e il nuovissimo Codice di procedura Civile – Aggiornato a Legge AI e Conversione del decreto giustizia, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
Indice
- 1. Giudizio di ottemperanza, compensazione e iter giudiziario
- 2. Il “redde rationem” sui limiti dimensionali dell’atto
- 3. La disciplina della compensazione e il ruolo delle tariffe forensi
- 4. Implicazioni pratiche per la difesa legale
- 5. Principi di diritto ricavabili
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1. Giudizio di ottemperanza, compensazione e iter giudiziario
La vicenda origina da un ricorso per ottemperanza proposto innanzi al TAR Lazio per ottenere l’esecuzione di una precedente sentenza che condannava l’Amministrazione al pagamento di 600 euro per spese di lite. Il Giudice di prime cure, pur accogliendo il ricorso, disponeva la compensazione integrale delle spese di lite. Tale opzione veniva motivata sulla scorta di due elementi:
- la circostanza che i ricorrenti si fossero difesi in proprio;
- il ridotto grado di complessità dell’attività difensiva, trattandosi di una mera esecuzione per spese legali.
I ricorrenti proponevano appello parziale, lamentando come criteri siffatti non fossero previsti dalla legge processuale per giustificare una deroga al principio di soccombenza. Per aiutare i professionisti, abbiamo pubblicato il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile, acquistabile su Shop Maggioli e su Amazon, e il nuovissimo Codice di procedura Civile – Aggiornato a Legge AI e Conversione del decreto giustizia, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon
2. Il “redde rationem” sui limiti dimensionali dell’atto
Un aspetto dirompente della pronuncia in disamina afferisce al superamento dei limiti dimensionali dell’atto di appello. Il Collegio ha rilevato d’ufficio che l’atto occupava ben 27 pagine, in altre parole, circa il doppio dei 30.000 caratteri consentiti per i giudizi di ottemperanza. La Sezione III ha chiarito punti fondamentali sulla gestione di tale vizio:
- rilevabilità d’ufficio: la questione è rilevabile dal giudice senza necessità di concedere termini a difesa, in quanto i difensori sono tenuti a conoscere i limiti prefissati;
- assenza di autorizzazione: non era stata richiesta alcuna autorizzazione preventiva o postuma, che comunque non sarebbe stata concessa data l’assenza di complessità della lite (vertente solo sulla compensazione delle spese);
- sanzione pecuniaria: ai sensi dell’art. 13-ter disp. att. c.p.a., la parte è stata condannata al pagamento di una somma pari a un contributo unificato (€ 450,00) in favore del bilancio dello Stato.
3. La disciplina della compensazione e il ruolo delle tariffe forensi
Entrando nel merito del gravame, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso dei professionisti, ribadendo che i casi di compensazione sono tassativamente indicati dalla legge. In particolare, la sentenza sottolinea che:
- illegittimità dei criteri del TAR: la difesa in proprio o la semplicità del contenzioso non rientrano nelle ipotesi legali che permettono di sottrarsi alla regola della soccombenza;
- il valore delle tariffe forensi: il Collegio ha ribadito un principio di notevole rilievo per l’autonomia del giudice, e cioè che la tariffa forense è vincolante nel rapporto avvocato-cliente, bensì per il magistrato rappresenta soltanto un parametro di orientamento;
- riserva di legge: in virtù della riserva di legge in materia processuale, le fonti secondarie non possono imporre vincoli rigidi al giudice, il quale può quantificare le spese anche in misura inferiore ai minimi tabellari in base alla natura della causa.
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4. Implicazioni pratiche per la difesa legale
La pronuncia in disamina funge da monito per l’avvocatura su diversi fronti strategici:
- sinteticità degli atti: il mancato rispetto dei limiti dimensionali (30.000 caratteri per l’ottemperanza) non è un mero vizio formale bensì espone la parte a sanzioni pecuniarie dirette, indipendentemente dall’esito del giudizio;
- autorizzazioni preventive: se la complessità del caso richieda una deroga ai limiti, è indispensabile presentare istanza motivata, evitando “sforamenti” ingiustificati in liti di modesta entità;
- difesa del diritto alle spese: viene confermato che la semplicità della pratica non giustifica la compensazione; tuttavia, il professionista deve attendersi liquidazioni che, pur seguendo la soccombenza, potrebbero essere ridotte rispetto ai parametri minimi ministeriali;
- sospensione dei termini: la sentenza richiama l’attenzione sulle recenti novità legislative (L. n. 148/2025) riguardanti la sospensione dei giudizi di ottemperanza per crediti maturati entro date specifiche, sebbene non applicabili al caso di specie.
5. Principi di diritto ricavabili
Dal pronunciamento è possibile estrapolare i seguenti principi guida:
- il giudice ha il potere di liquidare le spese di lite in misura inferiore ai minimi tariffari, atteso che le tariffe forensi non hanno natura di norma processuale cogente per il magistrato;
- la compensazione delle spese può avvenire solo nelle ipotesi tassative di legge; la semplicità della materia o la difesa in proprio non costituiscono presupposti validi per derogare alla soccombenza;
- il superamento dei limiti dimensionali dell’atto, in assenza di autorizzazione e di giustificata complessità, comporta l’irrogazione d’ufficio della sanzione pecuniaria ex art. 13-ter disp. att. c.p.a.
In conclusione, l’appello è stato accolto limitatamente alla riforma della compensazione, con condanna dell’Amministrazione alle spese (liquidate in € 250,00 per grado), ma con la contestuale condanna della parte appellante al pagamento di € 450,00 allo Stato per il mancato rispetto del dovere di sinteticità.
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