Testualmente la suddetta norma statuisce, ad oggi, nel seguente modo: “Il figlio [naturale] assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio [naturale] assume il cognome del padre.
Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata [269 ss.], o riconosciuta [250] successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio [naturale] può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.
Se la filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta successivamente all’attribuzione del cognome da parte dell’ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il secondo comma del presente articolo; il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento da parte di entrambi.
Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l’assunzione del cognome del genitore [51], previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento”.
Dal dettato normativo dell’articolo in scrutinio emerge con evidenza l’attribuzione del cognome ai figli da parte del padre, dunque, solo lui. Ciò finisce oggi. Finalmente, donne e uomini raggiungono la parità, almeno, in seno a questa dibattuta e importante tematica. Non più, in automatico, l’attribuzione del cognome del padre, bensì la norma diventa che il nato assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dagli stessi concordato, tranne che essi, di comune accordo, decidano di attribuire un solo cognome a fronte dei due possibili.
La Corte Costituzionale ha statuito “l’illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi”. Invero appare ictu oculi, a tal proposito, come asserisce espressamente la medesima Corte che sarà “compito del legislatore regolare tutti gli aspetti connessi alla decisione assunta”.
Il giudice delle leggi ha ritenuto “discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre”, argomentando che “nel solco del principio di eguaglianza e nell’interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell’identità personale”.
Aspettando il deposito della sentenza, l’Ufficio comunicazione e stampa della Corte costituzionale rende noto che le norme censurate sono state dichiarate illegittime per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Oggi l’Italia risponde ai rimproveri e alle indicazioni delle Corti europee, si pensi a quella di Strasburgo che aveva già contestato all’Italia l’esistenza di quel solo cognome. Era il lontano 2006 quando, per la prima volta, la Corte Costituzionale in merito alla trasmissione del cognome paterno statuiva nel seguente modo: “il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con il valore costituzionale dell’uguaglianza uomo donna” invitando il Parlamento di allora ad adeguarsi alle direttive comunitarie nonché al mutamento dei costumi. Da allora sono passati 16 anni ma oggi il risultato è pienamente raggiunto.
Ripercorrendo le tappe che hanno portato al riconoscimento in oggetto non può non menzionarsi la sentenza 286/2016 che consente, se i genitori sono d’accordo, di dare al figlio il doppio cognome. Invero, due anni prima, nel 2014, la Corte europea dei diritti umani aveva condannato l’Italia per aver violato il diritto di una coppia di coniugi avendo loro negato la possibilità di trasmettere alla figlia il cognome materno in luogo di quello paterno. Nella sentenza di allora i giudici europei statuirono che “dare ai figli il cognome della madre è un diritto” e esortarono in nostro Paese ad “adottare riforme legislative o di altra natura” in modo da porre fine alla condotta censurata. Tuttavia, nonostante la condanna, l’invito cadde nel vuoto. Oggi la decisione è stata presa.
Altra pietra miliare di questo tortuoso e lungo percorso è da rinvenire nella decisione dei giudici del tribunale di Bolzano del 2019. Una coppia di coniugi si era rivolta ai giudici in quanto voleva attribuire al figlio il cognome materno, più idoneo ad esprimere le origini del figlio a parere della coppia. Gli stessi giudici si rivolsero alla Consulta poiché l’articolo del 262 del codice civile si poneva in contrasto “tanto con l’articolo 2 della Costituzione, sotto il profilo della tutela dell’identità personale, quanto con l’articolo 3, sotto il profilo del riconoscimento dell’eguaglianza tra donna e uomo”. Il resto è storia di oggi.
Il risultato odierno è stato accolto con favore dagli avvocati gli avvocati che hanno portato il caso all’attenzione della Corte costituzionale. Parlando di risultato storico, i difensori hanno espresso il seguente pensiero: “La pronuncia sul cognome del nato rappresenta una piccola rivoluzione. Da oggi i genitori potranno scegliere il cognome della madre o del padre o di entrambi e, in mancanza di accordo, il nato avrà il cognome di entrambi”. Ed ancora, degne di nota sono le considerazioni espresse dall’ Ami – ovvero – Avvocati Matrimonialisti Italiani – in merito alla decisione della Corte parlando di cambio radicale nel nostro diritto di famiglia “…Si tratta di una pronuncia importante. Adesso toccherà al legislatore mettere in atto questa rivoluzione perché solo così possiamo scrivere la parola fine al paternalismo e al maschilismo del nostro diritto”.
Infine si segnalano le dichiarazioni della ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia: “…abbiamo bisogno di dare corpo, anche nell’attribuzione del cognome, a quella pari responsabilità tra madri e padri che è insita nella scelta genitoriale, ed è compito alto e urgente della politica farlo. Andiamo avanti presto e insieme su questa strada, che più volte ho sollecitato a percorrere”. “Da ministra garantisco all’iter parlamentare tutto il sostegno del Governo per fare un altro passo fondamentale nel realizzare l’uguaglianza di diritti tra le donne e gli uomini del nostro Paese”.
Giunti alle conclusioni, è bene ricordare come in altri paesi europei come la Spagna e il Portogallo è normale che il/la nascituro/a assuma il cognome di entrambi i genitori. Il verdetto statuito dalla Corte Costituzionale, riunitasi in camera di consiglio, parifica il nostro Paese a molti Stati europei dove l’attribuzione del cognome da dare al/alla nascituro/a non avviene per prassi ma per comune accordo tra i coniugi. Sarà così anche nel nostro Paese dopo la presente statuizione. Tuttavia giova rammentare che in assenza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l’intervento del giudice in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico.
La statuizione, infine, fornisce la possibilità di evitare la trasmissione, ai figli, di “improbabili” quanto “bizzarri” cognomi. Non sono rari i casi di persone che, nel corso del tempo, hanno modificato una consonante, una vocale o omesso una parte del proprio cognome. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.
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