Licenziamento per scadenza del periodo di comporto, la conciliazione preventiva non costituisce condizione di procedibilità

Redazione 05/12/12
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Lilla Laperuta

In materia di tentativo obbligatorio di conciliazione in caso di licenziamento, il Ministero del Lavoro, con la nota protocollo n. 12886/2012 ha chiarito che la scadenza del periodo di comporto, ossia l’intervallo di tempo durante il quale il lavoratore ha il diritto di assentarsi dal lavoro per motivi di salute, non integra la motivazione di giustificato motivo oggettivo (economico), per il quale la Riforma Fornero introdotta con la L. 92/2012, ha voluto l’introduzione del filtro della conciliazione obbligatoria presso le Direzioni Territoriali del Lavoro.

Novellando l’art. 7 L. 604/1966, la L. 92/2012 ha previsto in ordine alla fattispecie dei licenziamenti che presuppongono un giustificato motivo oggettivo l’obbligo di esperire il tentativo di conciliazione preventiva peri datori di lavoro che rientrino nell’ambito della tutela reale e che occupino più di 15 dipendenti. Tale procedura costituisce una condizione di procedibilità ai fini dell’intimazione del licenziamento.

Nel documento il vertice del Welfare precisa che il legislatore ha circoscritto l’ambito di applicazione della conciliazione esclusivamente a quei licenziamenti intimati per esigenze aziendali connesse a ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. L’esame svolto dalle parti con la partecipazione attiva della commissione riguarda l’organizzazione del lavoro e l’attività produttiva e non questioni attinenti alla persona del lavoratore.

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