Licenziamento collettivo, basta la modifica rilevante delle clausole contrattuali

Redazione 26/09/17
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Licenziamento collettivo, quando cambiano le regole

La Corte di Giustizia è intervenuta con due pronunce in materia di licenziamento, entrambe riferite a fatti avvenuti in Polonia. Il principio stabilito dall’istituzione europea stabilisce che la modifica rilevante delle condizioni contrattuali può comportare la risoluzione del rapporto di lavoro di un alto numero di dipendenti. La situazione è analoga a quella di un licenziamento collettivo e, dunque, deve essere seguita la procedura prevista, compresa la consultazione dei sindacati. Spetta peraltro al giudice del merito accertare se, nella fattispecie, sussistono o meno i presupposti per l’attivazione delle consultazioni.

Quando la modifica può dirsi rilevante

In un caso, i dipendenti di un ospedale  si vedevano diminuita la retribuzione per un determinato periodo di tempo; nell’altro caso, il datore di lavoro modificava il meccanismo di maturazione del premio di anzianità. In entrambe le situazioni, la mancata accettazione delle modifiche da parte dei lavoratori aveva comportato la risoluzione del rapporto. Inoltre, entrambi i datori non seguivano l’iter del licenziamento collettivo, informando ciascun lavoratore, singolarmente. Precisamente, in un caso il datore aveva consultato i singoli rappresentanti sindacali, ma comunque non aveva attivato la procedura prevista per legge in caso di licenziamento collettivo.

Risoluzione equivale a licenziamento

Considerando la forte rilevanza delle modifiche che i due datori intendevano apportare al contratto, gli stessi avrebbero dovuto ragionevolmente attendersi che un elevato numero di dipendenti non avrebbero accettato. La Corte di Giustizia ha affermato che, in queste ipotesi, la risoluzione del rapporto di lavoro è avvenuta per ragioni indipendenti dalla persona del lavoratore; pertanto, deve considerarsi il numero complessivo dei licenziamenti. La norma di riferimento è la Direttiva 98/59, la quale deve essere interpretata nel senso che, nell’ipotesi di cessazione del rapporto di lavoro per motivi riconducibili al datore di lavoro, tale cessazione deve essere qualificata come licenziamento.

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