L’errore di fatto revocatorio

Redazione 08/07/10
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La svista in cui sia incorso il giudice e che autorizza e legittima la proposizione, ai sensi dell’art. 395, n. 4 c.p.c., del rimedio, straordinario e quindi eccezionale, della revocazione, è rappresentata o dalla mancata esatta percezione di atti di causa, ovvero dall’omessa statuizione su una censura o su una eccezione ritualmente introdotta nel dibattito processuale.

Non v’è dubbio, invero, che l’errore di fatto revocatorio debba cadere su atti o documenti processuali.

Conseguentemente, non sussiste vizio revocatorio quando la dedotta erronea percezione degli atti di causa – che si sostanzia nella supposizione dell’esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero nella supposizione dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è positivamente stabilita – abbia costituito un punto controverso ed abbia formato oggetto di decisione nella sentenza impugnata, ossia sia il frutto dell’apprezzamento, della valutazione e dell’interpretazione del giudice delle risultanze processuali.

N. 04130/2010 REG.DEC.

N. 05594/2009 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 5594 del 2009, proposto da:
************, ***************, *************, rappresentati e difesi dagli avv. ****************, ****************, con domicilio eletto presso Studio Bdl in Roma, via Bocca di *****, 78;

contro

Comune di Castro;

per la revocazione della sentenza del CONSIGLIO DI STATO – SEZ. IV n. 00782/2009, resa tra le parti, concernente CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 maggio 2010 il Cons. ************* e uditi per le parti l’avv. *********************** su delega dell’avv. ********;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1 – ZEZZA Cosimo, *************** e ************* hanno impugnato con distinti appelli le sentenze del T.A.R. Lecce, con le quali sono stati rigettati, rispettivamente, i ricorsi proposti avverso il provvedimento 4.10.1997 prot. 3657, concernente diniego di concessione edilizia in sanatoria e ordine di demolizione 22.10.1997 n. 19/1997 (sent. n. 3555/05) nonché avverso il provvedimento 15.12.1998 prot. 1475, di rigetto dell’istanza di riesame della precedente determinazione prot. 3657/97 (sent. 3558/05).

Con sentenza n. 782/2009 questa Sezione, riuniti i due appelli per connessione, ha dichiarato:

– improcedibile il ricorso rubricato al n. 7386 del 2006 per sopravvenuta carenza d’interesse, avuto riguardo alla successiva determinazione adottata in sede di riesame, che ribadiva, sulla base di nuovo parere della Commissione edilizia comunale, la non sanabilità del manufatto abusivamente realizzato;

– infondato il ricorso in appello n. 7385/2006.

2 – Al riguardo, la sentenza ha osservato come la stessa relazione tecnica allegata alla richiesta di concessione di costruzione in data 20 marzo 1997 evidenziasse che le modifiche di prospetto fossero strettamente correlate alla necessità di uniformare il piano terra alla nuova strutturazione, in particolare, del piano rialzato, oggetto della domanda di concessione in data 10.1.1997: il che faceva orientare per la sostanziale unitarietà dell’intervento realizzato.

3 – Si è ulteriormente statuito, da parte della sentenza d’appello qui in contestazione, che correttamente il primo giudice aveva rilevato, sulla scorta degli elaborati progettuali, “la volontà di procedere ad una trasformazione dell’intero edificio, tale da dare vita ad una struttura turistico-alberghiera sostanzialmente diversa da quella precedentemente esistente”.

In questo quadro progettuale unitario – ha ancora osservato la Sezione – si innesta l’aumento di volumetria, trattandosi della realizzazione, al 1° piano, quanto meno, di un ambiente chiuso in muratura e solaio in latero cementizio armato con apertura, sulle murature perimetrali, di vani finestre e porte, in luogo del porticato in precedenza assentito.

Sono state pertanto condivise pienamente dalla Sezione le conclusioni cui era pervenuto il primo giudice in merito ad una sostanziale alterazione delle caratteristiche fondamentali preesistenti dell’immobile – in disparte l’entità dell’aumento di volumetria – ed alla conseguente qualificazione dell’intervento come di “nuova costruzione”, e non di “ristrutturazione”, con relativa non riferibilità delle opere all’art. 31, lett. d), della legge n. 457/1978.

4 – Le stessa sentenza n. 782/2009 ha ritenuto non configurabili profili di carenza istruttoria in presenza della corposa documentazione progettuale versata in atti, che ha consentito all’Amministrazione di pervenire ad una compiuta, esatta rappresentazione degli elementi di fatto occorrenti ai fini della adozione della determinazione gravata in prime cure, avendo legittimamente ritenuto l’amministrazione che la modifica della ontologica strutturazione dell’edificio e l’aumento di volumetria conducevano ad escludere la connotazione di ristrutturazione pretesa dagli appellanti.

5 – Avverso la riportata sentenza propongono ricorso per revocazione gli appellanti soccombenti nel giudizio di secondo grado, deducendo, sotto il profilo rescindente, che nella sentenza n. 782/09 sarebbero da rinvenire due errori revocatori riconducibili ad una “errata percezione del contenuto degli atti versati nel giudizio introdotto con ricorso n. 7385/06 proposto per l’annullamento della sentenza n. 3558/05 resa dal T.A.R. Puglia Lecce – Sez. III- sul ricorso n. 487/99”.

6 – In particolare, i ricorrenti censurano la pronuncia all’esame, nella parte in cui assume che “correttamente l’Amministrazione di ****** avrebbe esaminato congiuntamente le domande presentate in data 16.1.1997 ed in data 20.3.1997, atteso che, pur attenendo, la prima, «alla realizzazione di alcune camere con servizi all’interno della struttura esistente al piano rialzato dell’hotel «Euromare”», la seconda «a lavori al piano terra dello stesso, comportanti variazioni del prospetto dell’immobile», “è la stessa relazione tecnica allegata alla richiesta di concessione di costruzione in data 20.3.1997 ad evidenziare come le modifiche di prospetto siano strettamente correlate alla necessità di uniformare il piano terra alla nuova strutturazione, in particolare, del piano rialzato, oggetto della domanda di concessione in data 10.1.1 997: il che orienta – rectius, orienterebbe – per la sostanziale unitarietà dell’intervento»”.

7 – Al riguardo, si assume, da parte dei ricorrenti, che in realtà sarebbe dato desumere dal tenore della domanda in data 20.3.1997, nonché della relazione tecnica e dell’elaborato di progetto alla stessa allegato, che la stessa domanda atteneva, oltre che alle modifiche di prospetto considerate come «strettamente correlate alla necessità di uniformare il piano terra alla nuova strutturazione, in particolare, del piano rialzato, oggetto della domanda di concessione in data 10.1.1997”, anche a modifiche interne non considerate dalla revocanda sentenza, ma realizzate indipendentemente dall’intervento oggetto dell’istanza protocollata in data 10.1.1997.

Peraltro – continuano i ricorrenti – se è vero che la relazione tecnica innanzi citata riconnetteva le modifiche di prospetto di cui sopra all’esigenza di uniformare l’esteriorità dei piani terra e rialzato, è anche vero che in alcuna parte della stessa relazione era dato leggere che, in assenza dell’intervento di cui al piano rialzato, non si sarebbe potuto modificare il prospetto del piano terra.

Di talché, la documentazione prodotta nel giudizio introdotto con ricorso n. 7385/06 dimostrerebbe l’autonomia degli interventi oggetto delle domande presentate in data 16.1.1997 ed in data 20.3.1997, inerenti, la prima, alla realizzazione di alcune camere con servizi che avrebbero aumentato la capacità ricettiva dell’hotel senza la creazione di nuovi volumi e l’alterazione delle caratteristiche strutturali (sagoma e superficie) dell’edificio, la seconda, a modifiche interne al piano terra dell’hotel che avrebbero comportato variazioni del prospetto dello stesso.

8 – L’errore revocatorio consisterebbe, dunque, nell’avere presupposto, in contrasto con quanto inequivocamente deducibile dalla produzione documentale dell’appellante, la sostanziale unitarietà degli interventi resi oggetto delle domande protocollate agli atti del Comune di Castro in data 10.1.1997 ed in data 20.3.1997.

Tutto ciò esposto, l’istanza revocatoria è inammissibile sul piano rescindente.

 

9 – L’orientamento di questo Consiglio è nel senso che la “svista” che autorizza e legittima la proposizione, ai sensi dell’art. 395, n. 4 c.p.c., del rimedio – straordinario e quindi eccezionale – della revocazione, è rappresentata o dalla mancata esatta percezione di atti di causa, ovvero dall’omessa statuizione su una censura o su una eccezione ritualmente introdotta nel dibattito processuale.

Secondo, infatti, il principio enunciato dall’Adunanza Plenaria con la nota decisione 22 gennaio 1997, n. 3, pacificamente seguito dalla giurisprudenza successiva e ribadito anche di recente (Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3499 ; sez. IV, 23 settembre 2008 , n. 4607 ; sez. IV, 19 ottobre 2006 , n. 6218 ; Sez. IV, 16 maggio 2006, n. 2781), non v’è dubbio che l’errore di fatto revocatorio debba cadere su atti o documenti processuali.

Conseguentemente, non sussiste vizio revocatorio se la dedotta erronea percezione degli atti di causa – che si sostanzia nella supposizione dell’esistenza di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, ovvero nella supposizione dell’inesistenza di un fatto, la cui verità è positivamente stabilita – ha costituito un punto controverso ed ha formato oggetto di decisione nella sentenza impugnata, ossia è il frutto dell’apprezzamento, della valutazione e dell’interpretazione del giudice delle risultanze processuali (cfr, ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 5 giugno 2006, n. 3343; Cass. Civ., sez. II, n. 2214 del 12 marzo 1999).

10 – Tale errata o mancata percezione materiale di documenti o atti processuali nella specie non ricorre, non avendo il ricorrente indicato un solo atto che la sentenza abbia omesso di accertare, considerare e valutare o abbia macroscopicamente frainteso nel suo contenuto reale, chiaro ed inequivoco, lamentandosi, soltanto, che “ Si acclara, dunque, in tutta la sua evidenza, l’errore revocatorio consistente nel presupporre, disattendendo quanto inequivocamente deducibile dalla produzione documentale dell’appellante, la sostanziale unitarietà degli interventi resi oggetto delle domande protocollate agli atti del Comune di Castro in data 10.1.1997 ed in data 20.3.1997.”

Si tratta, come evidente, di doglianza fondata su una presunta mancata o errata “presupposizione” scaturente da una assertivamente censurabile lettura – e non, quindi, “ percezione “, commissiva od omissiva – di atti processuali o motivi di parte.

11 – La revocanda sentenza, in definitiva, non poggia su omissioni o sviste o fraintendimenti palesi degli atti di causa, ma su una lettura degli stessi che non trova consenso nei ricorrenti, ma che non rappresenta errore revocatorio; anzi, la argomentata e documentata interpretazione degli stessi va condivisa, evidenziando “una sostanziale alterazione delle caratteristiche fondamentali preesistenti dell’immobile – in disparte l’entità dell’aumento di volumetria – per pervenire alla qualificazione dell’intervento come di “nuova costruzione”, e non di “ristrutturazione”.

Alterazione sostanziale che, in fondo, la stessa parte ricorrente ammette, laddove riconosce (pag. 8 del ricorso ) che “la relazione tecnica innanzi citata riconnetteva le modifiche di prospetto di cui sopra all’esigenza di uniformare l’esteriorità dei piani terra e rialzato”, con ciò stesso ammettendo la assoluta verisimiglianza della lettura degli atti fornita dalla sentenza di secondo grado.

12 – Il ricorso per revocazione va pertanto dichiarato inammissibile.

Nonostante l’evidentissima pretestuosità, anzi, temerarietà, del ricorso, nulla può disporsi per le spese, stante la mancata costituzione in giudizio dell’appellata amministrazione.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quarta, dichiara inammissibile il ricorso per revocazione in epigrafe.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2010 con l’intervento dei Signori:

**************, Presidente

***************, Consigliere

*************,***********e, Estensore

Vito Poli, Consigliere

****************, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L’ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

Il Segretario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 25/06/2010

(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)

Il Dirigente della Sezione

Redazione

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