Legittima l’escussione della provvisoria se l’aggiudicataria non ha dichiarato la pendenza di condanne penali in capo all’amministratore anche se lo stesso, al momento della partecipazione, non ricopriva più tale ruolo

Lazzini Sonia 21/12/06
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L’esclusione dagli appalti pubblici di lavori è doverosa qualora gli amministratori della ditta partecipante, risultino condannati per reati che indicono sull’affidabilità morale o professionale, anche se i soggetti hanno cessato di rivestire tale carica nel triennio anteriore alla data di pubblicazione del bando
 
Il Tar Toscana, Firenze, con la sentenza n. 6205 del 23 dicembre 2003, ci offre un’importante riflessione in tema di possibilità di escussione della garanzia provvisoria fornita dall’aggiudicataria nel caso in cui, in sede di verifica dei requisiti morali, l’amministrazione scopre alcune irregolarità che comportano, secondo la normativa vigente, l’incapacità legale a sottoscrivere i contratti di appalto pubblici
 
Vediamo la fattispecie presa in esame dai giudici toscani
 
L’Amministrazione Provinciale di Grosseto ha escluso l’odierna ricorrente vincitrice dalla gara in esame ritenendo integrata l’ipotesi di violazione di cui all’art. 75 del D.P.R. n. 554/1999, "essendo emerso dal certificato del Casellario Giudiziale che un consigliere dell’Impresa (carica ricoperta dal 19.04.2000) che ha, altresì rivestito la carica di Amministratore Delegato (carica ricoperta dal 1.04.2000 al 02.06.2001), è stato condannato per reati che incidono sulla moralità professionale con sentenza passata in giudicato in data 25.03.1999 (data antecedente rispetto a quella di assunzione della carica di amministratore delegato)".
 
La fattispecie normativa applicata dall’Amministrazione è quella contemplata dall’art. 75 (comma uno lett. c) del DPR 554/93 (regolamento dei ll. pp.), ove vieta la partecipazione alle imprese il cui amministratore sia condannato, o abbia patteggiato, per reati che incidono sull’affidabilità morale o professionale, aggiungendo che il divieto opera anche nei confronti di soggetti cessati dalla carica nel triennio anteriore alla data di pubblicazione del bando di gara, salvo che l’impresa abbia adottato atti o misure a dissociazione completa dalla condotta sanzionata
 
Nel confermare l’operato della stazione appaltante, l’adito giudice amministrativo ci ricorda che
“La giurisprudenza (cfr TAR Lombardia, Milano, III, n. 1718/96) ha già avuto occasione di rilevare, già nello spirito della norma introdotta nell’art. 75 e di cui si controverte, che le sentenze di condanna degli amministratori di una società hanno effetti diretti sull’ affidabilità dell’impresa nella sua globale entità, e pertanto come ha rilevato la Corte Costituzionale (sentenze del 12-20 dicembre 1989 n. 563) al fine di scindere il nesso funzionale esistente tra persona giuridica e suoi rappresentanti, non è sufficiente che la società cambi gli amministratori che hanno subito una condanna per gli illeciti sopraindicati, richiedendosi – invece – elementi chiari ed univoci di sconfessione della esercitata rappresentanza quali l’inizio dell’azione di responsabilità nei loro confronti (vedi anche Cons. Stato, VI Sez., n. 206/1995 in tema di irrilevanza della cessazione dalla carica di amministratori societari condannati, in Cons. Stato 1995, I, 266).”
 
 
 
A cura di *************
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la TOSCANA SECONDA SEZIONE 
 ha pronunciato la seguente 
SENTENZA
Sul ricorso 1903/2002 proposto da:
SOC. ***** & FIGLI S.P.A. 
contro
PROVINCIA DI GROSSETO  
 
per l’annullamento,
 
– della determinazione dell’Amministrazione Provinciale di Grosseto n. 1699/LP dell’11 luglio 2002, concernente l’esclusione della ricorrente dalla gara riguardante i lavori “00971 – S.P. 18 Compagnatico – Sistemazione giunti viadotto fiume Ombrone”, e il divieto per la medesima di partecipare ad altre gare d’appalto indette dalla stessa Amministrazione per un periodo di sei mesi; nonchè disponente l’escussione della cauzione provvisoria;
 
– del provvedimento, non noto alla ricorrente, d’aggiudicazione dei lavori in oggetto alla seconda classificata, ******à Padana Interventi S.r.l.;
 
– di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti.
 
Visto il ricorso con i relativi allegati;
 
Visto l’atto di costituzione del giudizio della PROVINCIA DI GROSSETO;
 
Visti gli atti della causa;
 
Uditi nella pubblica udienza del 19 Novembre 2003 , relatore il Cons. **************** , gli avvocati ******************* e **************;
 
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
 
F A T T O
 
Il ricorso in esame espone quanto segue.
 
Con la lettera d’invito prot. n. 95540 del 27.11.2001 l’Amministrazione Provinciale di Grosseto invitava l’impresa ***** e figli s.p.a., insieme ad altre 11 imprese, a partecipare alla gara ufficiosa per l’appalto dei lavori "00971 – S.P. 18 Campagnatico Sistemazione *****************************" – per un importo a base di gara € 39.767,18 – indetta per il giorno 10-1-2002.
 
In data 10-1-2002 veniva espletata la gara ufficiosa per l’appalto dei lavori in oggetto e l’offerta migliore – tra le due ammesse – risultava quella presentata dalla ricorrente che aveva offerto un ribasso del 3,60% sull’importo a base di gara, come attestato dal relativo verbale di gara.
 
Seguiva, pertanto, l’aggiudicazione provvisoria dei lavori in esame a favore dell’Impresa *****.
 
Successivamente, in esito alle verifiche effettuate dall’Amministrazione Provinciale relative alle autodichiarazioni presentate dall’Impresa in sede di gara, la Stazione appaltante riscontrava che un Consigliere dell’Impresa – che aveva rivestito la carica di rappresentante legale dal 19.04.2000 al 2.06.2001 – era stato condannato con sentenza di condanna emessa, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., in data 25.03.1999.
 
Pertanto l’Amministrazione richiedeva all’odierna ricorrente una "dichiarazione nella quale attesti di aver adottato atti o misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata del soggetto sopracitato".
 
Nonostante i chiarimenti resi dalla deducente, l’Amministrazione procedente riteneva che la condanna riscontrata integrasse gli estremi previsti dall’art. 75 del D.P.R. n. 554/1999 e, pertanto, con determinazione n. 1699/LP del 11.07.2002, provvedeva ad escludere l’Impresa ***** dalla gara in esame, escutere la cauzione provvisoria, segnalare il fatto all’Autorità per la Vigilanza, nonché comminare il divieto di partecipare ad altre gare d’appalto indette dalla stessa Amministrazione per un periodo di sei mesi.
 
L’Amministrazione, quindi, provvedeva a richiedere all’Impresa, giunta seconda, se intendeva effettuare i lavori in esame oppure rinunciarvi.
 
Avverso detti provvedimenti, ritenuti gravemente illegittimi, l’impresa ricorrente è insorta, con atto ritualmente notificato e depositato, deducendo i seguenti motivi di ricorso:
 
Illegittimità per violazione di legge – Violazione art. 75, I° com., lett. c), D.P.R. n. 412/2000 – Eccesso di potere sotto tutti i profili, con particolare riferimento all’errore nei presupposti di diritto ed alla carenza istruttoria.
 
A sostegno di tali deduzioni sono state svolte considerazioni che si hanno qui per richiamate.
 
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, resistendo al ricorso ed esponendo le proprie argomentazioni difensive, che si intendono qui riportate.
 
Alla pubblica udienza del 15 aprile 2003 il ricorso è stato trattenuto in decisione; tuttavia, con sentenza interlocutoria (n .2188/03) il Tribunale ha ordinato alcuni incombenti, che risultano eseguiti.
 
Alla pubblica udienza del 19 ottobre 2003 il ricorso è stato trattenuto definitivamente in decisione.
 
D I R I T T O
 
L’Amministrazione Provinciale di Grosseto ha escluso l’odierna ricorrente vincitrice dalla gara in esame ritenendo integrata l’ipotesi di violazione di cui all’art. 75 del D.P.R. n. 554/1999, "essendo emerso dal certificato del Casellario Giudiziale che un consigliere dell’Impresa (carica ricoperta dal 19.04.2000) che ha, altresì rivestito la carica di Amministratore Delegato (carica ricoperta dal 1.04.2000 al 02.06.2001), è stato condannato per reati che incidono sulla moralità professionale con sentenza passata in giudicato in data 25.03.1999 (data antecedente rispetto a quella di assunzione della carica di amministratore delegato)".
 
La fattispecie normativa applicata dall’Amministrazione è quella contemplata dall’art. 75 (comma uno lett. c) del DPR 554/93 (regolamento dei ll. pp.), ove vieta la partecipazione alle imprese il cui amministratore sia condannato, o abbia patteggiato, per reati che incidono sull’affidabilità morale o professionale, aggiungendo che il divieto opera anche nei confronti di soggetti cessati dalla carica nel triennio anteriore alla data di pubblicazione del bando di gara, salvo che l’impresa abbia adottato atti o misure a dissociazione completa dalla condotta sanzionata.
 
L’amministratore de quo risulta aver ricoperto tale carica dal 19.4.00 al 2.6.2001, data in ci è stato revocato dalla stessa e che ricade nel triennio cui si riferisce la citata disposizione.
 
-A sostegno del ricorso la società ***** deduce in primo luogo l’insussistenza dei presupposti per l’esclusione di cui all’art. 75, in quanto alla data della lettera di invito alla procedura de quo l’Amministratore in questione non ricopriva alcuna carica, essendo stato l’incarico di amministratore delegato revocato in data 2.6.01; non essendo il soggetto in parola più collegato all’impresa, non poteva configurarsi l’obbligo previsto dalla norma a carico dell’impresa stessa di compiere atti o misure a dissociazione completa dalla condotta sanzionata. La censura non ha alcun fondamento.
 
Il citato art. 75 stabilisce il divieto in questione anche nel caso di cessazione dalla carica nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando, operando quindi anche se il soggetto non ha più alcun legame con l’impresa, con conseguente onere per quest’ultima di porre in essere quei comportamenti richiamati dalla disposizione.
 
Né può validamente sostenersi che quest’ultimi sono possibili solo in caso di permanenza di tale legame, posto che l’azione risarcitoria, che la ricorrente ritiene esemplificativamente (quanto inspiegabilmente) non esercitatile dopo la cessazione del rapporto, è esercitabile anche dopo questa e comunque non è il solo comportamento possibile a soddisfacimento dell’onere imposto dalla legge, surrogabile anche da una adeguata vigilanza che consenta all’impresa di evitare il conferimento di incarichi ad amministratori che si trovino nella condizione indicata dalla norma.
 
Ugualmente non condivisibile è la tesi dell’esonero da detti comportamenti dissociativi, formulata dalle censure in esame, sulla base del semplice rilievo che i fatti per i quali è poi intervenuta la condanna definitiva, sono stati posti nel corso di rapporto con precedente e diversa impresa; la norma infatti non fa riferimento a tali circostanze ma prende esclusivamente in considerazione il fatto obbiettivo che nel triennio non sia intervenuto il tipo di sentenza ivi indicato, restando quindi irrilevante se in tale periodo l’amministratore abbia cessato il proprio rapporto con l’impresa precedente per assumerlo con l’impresa poi esclusa da un determinato appalto.
 
Parimenti non può assumere rilievo la considerazione (che appare sottesa alla censura in esame) per cui la società è soggetto giuridico distinto dalle persone fisiche dei soggetti dotati di poteri di rappresentarla, di talchè non sarebbe possibile la trasmissibilità alla stessa degli effetti connessi alla condanna subita dagli amministratori, a maggior ragione nelle fattispecie in cui il rapporto con l’impresa esclusa era cessato per effetto del cambio dell’amministratore.
 
La giurisprudenza (cfr TAR Lombardia, Milano, III, n. 1718/96) ha già avuto occasione di rilevare, già nello spirito della norma introdotta nell’art. 75 e di cui si controverte, che le sentenze di condanna degli amministratori di una società hanno effetti diretti sull’ affidabilità dell’impresa nella sua globale entità, e pertanto come ha rilevato la Corte Costituzionale (sentenze del 12-20 dicembre 1989 n. 563) al fine di scindere il nesso funzionale esistente tra persona giuridica e suoi rappresentanti, non è sufficiente che la società cambi gli amministratori che hanno subito una condanna per gli illeciti sopraindicati, richiedendosi – invece – elementi chiari ed univoci di sconfessione della esercitata rappresentanza quali l’inizio dell’azione di responsabilità nei loro confronti (vedi anche Cons. Stato, VI Sez., n. 206/1995 in tema di irrilevanza della cessazione dalla carica di amministratori societari condannati, in Cons. Stato 1995, I, 266).
 
Diversamente ragionando (e quindi consentendo la partecipazione di imprese che si sono comunque avvalse di amministratori penalmente sanzionati) si vanificherebbe la finalità di trasparenza amministrativa della norma, la quale mira in effetti a disincentivare la presenza, nelle procedure di appalto, di soggetti che, pur beneficiari di vantaggi patrimoniali conseguiti dall’illecito penale, rimarrebbero però esenti conseguenza sanzionatoria specifica per quanto attiene la loro attività, con evidente rischio di cerare una sorta di area di salvaguardia non compatibile con i principi ispiratori del nostro ordinamento giuridico.
 
Per la medesima ragione, in presenza di condanna intervenuta nel triennio de quo, l’impresa non era esentata dall’assumere comportamenti dissociativi per il semplice fatto di essere in buona fede non potendo conoscere le reali risultanze presso il casellario giudiziale, atteso che, come già sopra accennato, l’obbligo di legge in parola configura a carico delle imprese un onere di ricostruzione, attraverso la documentazione, di tutte le posizioni soggettive degli amministratori nel triennio anteriore alla indizione della gara, nella chiara è già sottolineata ratio di scoraggiare in radice le imprese dall’avvalersi di amministratori colpevoli di reati specificamente pregiudizievoli degli interessi pubblici sottesi agli appalti.
 
Infine, anche l’ aver commesso l’illecito penale nell’interesse dell’Ente (circostanza che sembra in effetti potersi escludere e che la ricorrente invoca a proprio favore) non è dalla norma considerato come un presupposto imprescindibile per escludere l’impresa dalla procedura d’appalto; peraltro la legge n. 231/01, che in tal caso aggiunge una responsabilità penale dell’Ente, presuppone in primis quella del suo amministratore, mentre (e al contrario) nella fattispecie in esame l’Ente è incorso in sanzione amministrativa in primo luogo per fatto proprio, che si risolve sostanzialmente nella violazione di un obbligo di vigilanza rivolto al medesimo, e quindi per una propria responsabilità, seppur indirettamente riconducibile a condotta di rilevo penale posta in essere da soggetto terzo.
 
-Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
 
Stante la sufficiente complessità della questione sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la TOSCANA, Seconda Sezione, definitivamente pronunciando in merito al ricorso di cui in epigrafe, lo respinge.
 
Compensa le spese del giudizio.
 
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
 
Così deciso in Firenze, il 19 novembre 2003 dal Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei signori:
 
********************                   – Presidente
 
****************                         – Consigliere, est.
 
*******************                   – Consigliere
 
F.to ********************
 
F.to ****************
 
F.to **************** – Collaboratore di Cancelleria
 
Depositata in Segreteria il 22 dicembre 2003
 
Firenze, lì 22 dicembre 2003
 
IL COLLABORATORE DI CANCELLERIA
 
                                                      *********************

Lazzini Sonia

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