Legittima la contestazione suppletiva di una circostanza che modifica la procedibilità

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Un recente sentenza della Corte di Cassazione ha sancito che, in merito alla Riforma Cartabia e alla procedibilità a querela, è legittima la contestazione suppletiva avvenuta prima della declaratoria di improcedibilità per difetto di querela, di una circostanza che rende il reato procedibile d’ufficio.

Per approfondimenti si consiglia: Dibattimento nel processo penale dopo la Riforma Cartabia

Indice

Corte di Cassazione – Sez. Feriale Pen. – Sent. n. 43255 del 24/10/2023

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1. I fatti

La pronuncia della Corte di Cassazione scaturisce da una sentenza del Tribunale di Napoli Nord che ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti dell’imputata in ordine al delitto contestatole ai sensi dell’art. 624, 625, comma 1, n. 2, cod. pen., in quando non procedibile per difetto di querela.
Più precisamente, nel corso dell’indicata udienza, prima della trattazione effettiva del giudizio, il PM aveva avanzato richiesta di modifica dell’imputazione mediante la contestazione della circostanza aggravante prevista dall’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., rispetto alla quale il Tribunale aveva emesso sentenza immediata, ex art. 529 cod. proc. pen., di non doversi procedere per essere il reato non procedibile per mancanza di querela.
La motivazione del Tribunale al riguardo risiede, in primo luogo, nell’osservazione dell’art. 2, comma 1, lett. b) d. lgs. 150/2022 il quale ha modificato il testo dell’art. 624 cod. pen., rendendo il delitto di furto procedibile a querela, fatta salva, l’ipotesi in cui vi sia anche la contestazione dell’aggravante ex art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen. che rende il reato procedibile d’ufficio.
Nel caso di specie, era scaduto il termine previsto dall’art. 85 della Riforma Cartabia senza che vi fosse stata presentazione della querela da parte della persona offesa, per cui già a decorrere dalla data di scadenza del suddetto termine il reato era divenuto improcedibile per mancanza della richiesta condizione.
La possibilità di modifica dell’imputazione, infatti, è stata ritenuta dal Tribunale di Napoli Nord espressione di un potere immanente spettante al PM, purché tuttavia, vi sia la sussistenza effettiva di un processo, cosa che, nel caso di specie, non vi sarebbe più stata alla data di celebrazione dell’udienza, per essere intervenuta la carenza della condizione di procedibilità: in pratica, il PM, ad avviso del Tribunale, avrebbe chiesto di modificare un’imputazione concernente un reato non più procedibile.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord, deducendo l’inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e il potere del PM di modificare l’imputazione.

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2. L’analisi della Cassazione sulla contestazione suppletiva e la modifica della procedibilità

La Corte di Cassazione, nell’analizzare la questione sottopostale, osserva in primo luogo che sia da condividersi il principio, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, per cui, “in tema di reati divenuti perseguibili a querela a seguito della modifica introdotta dal d. lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, la previsione della procedibilità a querela comporta che, stante la natura mista, sostanziale e processuale, di essa, nonché la sua concreta incidenza sulla punibilità dell’autore del fatto, il giudice, in forza dell’art. 2, comma 4, cod. pen., ne debba accertare l’esistenza anche rispetto ai reati commessi anteriormente all’intervenuta modifica (Sez. 5, n. 22641 del 21/04/2023)“.
Tuttavia, prosegue la Suprema Corte, si ritiene che “con riguardo alla specifica peculiarità del caso di specie, debba assumere prevalente valenza il generale potere-dovere di modifica del capo di imputazione riconosciuto al pubblico ministero dal nostro ordinamento, per cui da ritenersi correttamente effettuata l’intervenuta contestazione suppletiva prima della declaratoria di improcedibilità per difetto di querela, della circostanza aggravante del fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio, di cui all’art. 625, comma 1, n. 7 cod. pen., conseguentemente rendendo il contestato reato procedibile di ufficio“.
Infatti, ad avviso della Corte, ammettere (come ritenuto nella sentenza impugnata) che il PM non possa più operare una modifica del capo di imputazione allorquando, in ragione di una modifica dettata dallo ius superveniens, un reato in origine procedibile di ufficio sia divenuto procedibile a querela, per l’effetto determinando, nel caso di carente prestazione di essa da parte della persona pure nel termine indicato dal diritto intertemporale, la pronuncia dell’immediata improcedibilità del reato per non poter essere proseguita l’azione penale per mancanza della condizione di procedibilità, significherebbe rendere il suddetto potere del PM limitato e vulnerabile, e quindi non più cogente e immanente nel sistema processuale.
La Cassazione continua osservando che l’art. 517 cod. proc. pen., regolante la possibilità di effettuare nel giudizio dibattimentale la contestazione all’imputato di una circostanza aggravante, “non sottopone ad alcun tipo di limitazione il potere-dovere del pubblico ministero di operare tale modifica dell’imputazione, se non quella che vi sia un’istruzione dibattimentale in atto, e quindi che già non si verta in fase di discussione finale, e che la cognizione non pertenga alla competenza di un giudice superiore“.
Viene ripreso, poi, un consolidato principio di diritto secondo il quale “poiché il PM è l’esclusivo titolare dell’azione penale, è abnorme il provvedimento con il quale il giudice inibisca all’organo dell’accusa – nel corso del dibattimento – l’esercizio dell’azione penale nell’ambito dei poteri relativi alla modifica dell’imputazione ed alla contestazione di reati concorrenti o di circostanze aggravanti“. La contestazione suppletiva di una circostanza aggravante, non prevista dal decreto che dispone il giudizio, è consentita, pertanto, anche laddove essa si fondi su elementi già noti nel corso delle indagini preliminari, non necessitandosi che la stessa tragga origine da aspetti per la prima volta emersi nel corso dell’istruttoria dibattimentale.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora detto, la Suprema Corte dichiara che, nel caso di specie, la contestazione della circostanza aggravante di cui all’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen., richiesta dal PM , ben poteva essere effettuata, sulla scorta di soli elementi tratti dalle indagini preliminari.
Il principio di diritto posto a soluzione della questione, dunque, è il seguente: “in caso di giudizio per il reato di furto aggravato ex art. 625, comma 1, n. 2, cod. pen., pur essendo decorso i termine previsto dall’art. 85, comma 1, d. lgs. n. 150 del 2022 senza che la persona offesa abbia presentato querela, nonché, in ipotesi, in difetto di sopravvenienze dibattimentali all’uopo rilevanti, il PM di udienza, prima della declaratoria di improcedibilità per difetto di querela, può modificare l’imputazione, procedendo alla contestazione suppletiva di una circostanza aggravante ulteriore che renda in astratto il reato procedibile di ufficio – nella specie, quella di cui all’art. 625, comma 1, n. 7, cod. pen., per essere stato il fatto commesso su cose destinate al pubblico servizio – presupposto che il PM non ha la mera facoltà, bensì il potere-dovere di esercitare e proseguire l’azione penale per il fatto-reato correttamente circostanziato, e non ostando, in ipotesi, alla contestazione suppletiva di una circostanza aggravante l’assenza di sopravvenienze dibattimentali all’uopo rilevanti“.
In applicazione di tale principio, la Corte ha disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli Nord in diversa composizione.

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Riccardo Polito

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