Legge di stabilità, ieri approvata in Consiglio dei Ministri la manovra da 27,3 mld

Redazione 16/10/13
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La legge di stabilità per il triennio 2014-2016 è stata approvata dal Consiglio dei Ministri. Rispettata quindi la tabella di marcia suggerita dall’Europa, che auspicava l’ok entro il 15 ottobre alla manovra di bilancio statale: a pochi minuti dalla mezzanotte il Governo ha detto sì al testo da 27,3 miliardi in 3 anni, di cui 11,6 nel solo 2014, che porta in dote nuove tasse – almeno nel nome – riducendo però la pressione fiscale.
È questa la rivendicazione del premier Enrico Letta: l’indice della tassazione sui contribuenti italiani, dopo anni di trend crescente, comincia a scendere sotto il 44% per effetto delle misure introdotte nella legge di stabilità.
È finito, dicono all’unisono il Presidente del Consiglio e il Ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni scesi in conferenza stampa durante una pausa dei lavori del Consiglio dei Ministri per illustrare il pacchetto di misure, il tempo delle ”mannaie” e ora l’Italia può tornare a crescere: i conti pubblici sono infatti in ordine, è l’assicurazione che viene ribadita, a tal punto che il prossimo anno il deficit scenderà al 2,5% e la pressione fiscale scenderà di un punto in tre anni arrivando al 43,3%.

Oltre a non aver intaccato la sanità pubblica (cancellando nelle ultime 24 ore il taglio per 2,6 miliardi inizialmente previsti) l’altra novità è la decisione di una legge di stabilità “in due tempi”: ”Abbiamo dovuto correre – ammette il premier facendo riferimento alla crisi di governo appena alle spalle – e ci saranno aggiustamenti che per forza di cose saranno messi a punto in Parlamento”. In particolare a restare aperto è il capitolo sul lavoro: ”la ripartizione dei 5 miliardi di taglio delle tasse ai lavoratori spetterà infatti alle Camere e alle parti sociali”, spiega Letta. Il primo anno il cuneo vale 2,5 miliardi. Meno di quanto richiesto dalle parti sociali che tuonano immediatamente. Confindustria già prima del C.d.M. lamenta l’assenza di ”segnali forti” o se anche questi non saranno destinati a diventare oggetto di trattativa.

Insomma, ancora prima che il provvedimento approdi al Senato, da dove partirà l’iter, si può già immaginare che la discussione sarà complessa, anche per quanto riguarda le risorse per i comuni. Per l’allentamento del Patto di stabilità infatti arriva solo un miliardo in investimenti contro i due attesi e anche sul fronte della nuova service tax il finanziamento messo nero su bianco è solo la metà di quello previsto nelle bozze (1 miliardo anche in questo caso).

Così come non convincerà tutti la scelta di non incrementare la tassazione delle rendite finanziarie che ancora nelle ultime bozze doveva salire dal 20 al 22%.
Ed è rinvio anche per un altro capitolo, quello dell’Iva. Un tema su cui però il Governo si impegna a discutere con il Parlamento nei prossimi mesi, assicura di nuovo il premier che ricorda con orgoglio come d’altro canto il Governo si sia concentrato sul finanziamento del sociale a partire dalle cooperative e dal rifinanziamento del 5xmille. D’altro canto, osserva non senza ironia il Presidente del Consiglio: ”Molti avrebbero sperato che potessimo stampare moneta”, ma non ”ne siamo capaci né io né il ministro Saccomanni”.

La nuova service tax: si chiama Trise
Come noto, Imu e Tares hanno le settimane contate, per effetto dei provvedimenti in via di approvazione in Parlamento, in particolare il decreto di abolizione dell’Imu, al cui interno si trova l’impegno all’istituzione di una nuova service tax, che inglobi anche la tariffa sui rifiuti. Ora, finalmente, la service tax ha un nome: si chiamerà Trise, o tributo sui servizi, il quale si dividerà, a sua volta, in Tasi e Tari: la prima componente è sui cosiddetti servizi indivisibili dei comuni, mentre la seconda riguarderà il volume di rifiuti prodotto.
In questo modo, il Governo ha ottenuto l’obiettivo di differenziare il contenitore del Trise, in modo da consentire ai proprietari degli immobili e agli inquilini di pagare ciascuno la propria quota in commisurazione ai servizi usufruiti.
Così, la Tari altro non sarà che una tariffa dipendente dalla superficie in passato utilizzata come indicatore della Tarsu, che poi verrà puntualmente bilanciata sull’effettiva quantità di rifiuti prodotti.
La Tasi, che prenderà il posto dell’Imu e si riferirà agli stessi criteri di applicabilità e imponibilità, resterà un tributo, con aliquota dell’1 per mille che potrà essere innalzata dai singoli comuni fino al massimo del 6 per mille. Diversamente da quanto anticipato nei mesi scorsi, però, l’Imu non andrà in soffitta: la sua imponibilità resterà tale per le case di lusso e sulle seconde case. Insomma, a conti fatti l’abolizione resterebbe solo parziale, per quelle fasce già esentate dalle rate di giugno e dicembre 2013.

 

tratto da www.lagazzettadeglientilocali.it

 

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